Lazza ha fatto le cose in grande a San Siro: la recensione | Rolling Stone Italia
Da Piazza Guardi al Meazza

Lazza ha fatto le cose in grande a San Siro

Quaranta canzoni, diciotto ospiti, dodici orchestrali, quattro membri della band, due dj, una mamma. Poche parole, tanto entusiasmo. Uno spettacolo pop, senza rinnegare il rap, che fa tremare lo stadio

Lazza ha fatto le cose in grande a San Siro

Lazza

Foto: Francesco Prandoni

Quando Lazza sale sul palco, il clima dentro San Siro è caldissimo, e non parlo di meteo. In una delle poche serate estive in cui l’afa dà tregua alla città di Milano, lo stadio si riempie per uno dei rapper più milanesi, in una scena già fortemente dipendente dal capoluogo lombardo. Lazza è emerso ormai più di un decennio fa dai giardinetti in Piazza Guardi, uno dei punti di ritrovo del freestyle in città, come un rapper tecnico, più abile nelle punchline che nei ritornelli orecchiabili. Non ha ricevuto l’attenzione della cosiddetta generazione 2016, ma si è fatto strada riuscendo a sintetizzare le sue qualità nella scrittura ad una vocazione popolare che era difficile da immaginare a inizio carriera. Lo show di San Siro ha l’ambizione di riassumere questo percorso e, non a caso, dura circa tre ore. È uno spettacolo elefantiaco che prevede l’esecuzione di 40 brani, la presenza di 18 ospiti, l’accompagnamento di 12 musicisti dell’Orchestra sinfonica di Milano, oltre che di una band e dei dj e producer Drillionaire e Low Kidd.

Mentre il sole tramonta alle spalle del terzo anello, Germano Lanzoni, il “milanese imbruttito” speaker delle partite casalinghe del Milan, introduce lo show alimentando il clima da curva. Lazza sale sul palco e le tribune tremano. Il rapper incita il pubblico a fare di più, chiede alla platea di formare dei cerchi all’interno dei quali scatenarsi. I fan eseguono in uno stato di esaltazione che coinvolge inevitabilmente tutti i settori dello stadio. È dunque ripagata la fatica di chi più di 24 ore prima dell’inizio del concerto ha scelto di mettersi in fila ai cancelli di San Siro.

Si parte con Ouv3rture, Abitudine e Molotov, e l’entusiasmo non scema nemmeno di fronte a qualche problema tecnico agli schermi posti alle spalle del rapper. Lo show scorre veloce, poche parole, tante tracce. Una scelta minimale, suggerita anche dalla composizione del palco: scenografia spoglia, visual ridotti all’osso. Durante la prima ora, il concerto viene scandito dall’ingresso degli ospiti (i primi sono Artie 5ive, Salmo, Nitro e Kid Yugi) e da due momenti familiari, dal sapore televisivo. Il rapper chiama sul palco prima la mamma, a cui regala una borsa Birkin, citando il brano Re Mida, e poi la fidanzata a cui dedica Certe cose.

Foto: Francesco Prandoni

Sul palco arriva un pianoforte, uno strumento che Lazza ha studiato e usato nella sua musica fin dai tempi di DDA. C’è spazio dunque per Catrame con Tedua, uno dei momenti più sentiti del concerto. Lazza rappa seduto al piano, mentre il rapper ligure riesce a conquistare San Siro con una performance carica di emotività. La fase centrale dello show vede Drillionaire e Low Kidd dietro le macchine, undici brani e otto ospiti che evocano più un mastodontico dj set che un concerto in uno stadio. Sul palco si alternano Anna, Jake La Furia, Emis Killa, Tony Effe, Capo Plaza, Fabri Fibra, Sfera Ebbasta e Shiva. Va detto, Lazza tiene il palco benissimo, rendendo scorrevole e gradevole anche questa lunga carrellata di hit.

La scelta più azzeccata è però quella di chiamare parte dell’Orchestra sinfonica di Milano. Quando le luci si riaccendono, dopo una breve pausa, i musicisti sono sul palco in compagnia di Laura Pausini. Fin dalle prime note di Zero in più, che rielabora la canzone Una locura dello spagnolo José Luis Perales – si comprende che è questo il momento in cui si intravede maggiormente la visione di Lazza che vuole portare Locura sul palco come un kolossal. Con la stesso accompagnamento vengono suonate Hot, Ghetto Superstar con Ghali, e poi, sul finale dello spettacolo, Morto mai, 100 messaggi e Dolcevita. Gli ultimi ospiti prima della chiusura sono i pezzi da novanta Geolier e Marracash, a ribadire la portata del concerto.

Foto: Francesco Prandoni

La serata si chiude con il rapper visibilmente commosso sul palco, mano nella mano col padre, a testimonianza di quanto questo show rappresentasse per lui un punto d’arrivo simbolico nella sua carriera. Il ragazzo di Piazza Guardi, quello della crew Zero2 e del freestyle nel parchetto ha riempito San Siro, chiamando a raccolta l’intera scena italiana. Gli ospiti, la band, l’orchestra: Lazza poteva fare la fine di Icaro, ma non è successo. Ha dimostrato di meritarsi il suo posto tra i grandi del rap italiano dell’ultimo decennio. Un traguardo guadagnato con fatica, brano dopo brano, trovando un modo personale e credibile per essere pop senza rinnegare le radici rap.

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