Con ‘Presence’ Steven Soderbergh mette sottosopra gli horror sulle case infestate | Rolling Stone Italia
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Con ‘Presence’ Steven Soderbergh mette sottosopra gli horror sulle case infestate

Il regista più sperimentale del mainstream USA gira una ghost story per la prima volta dal punto di vista del fantasma. Ma ad interessarlo davvero sono gli orrori nascosti in una famiglia

Con ‘Presence’ Steven Soderbergh mette sottosopra gli horror sulle case infestate

Lucy Liu in ‘Presence’ di Steven Soderbergh

Foto: Lucky Red

Conoscete la citazione di Tolstoj secondo cui tutte le famiglie felici sono uguali, ma “ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”? Il quartetto al centro della ghost story di Steven Soderbergh, Presence (nelle sale italiane dal 24 luglio, ndt), ha perfezionato il proprio particolare tipo di disfunzione. La madre, Rebecca (Lucy Liu), è una maniaca del controllo di prima categoria, è coinvolta in loschi affari finanziari e stravede per il figlio adolescente, Tyler (Eddy Maday), in un modo che farebbe esplodere la testa a Freud. Lui è un campione di nuoto e lei ripone le sue speranze nel suo talento nella rana; il ragazzo è anche un po’ un bullo. La sorella minore, Chloe (Callina Liang), è in lutto per la recente perdita della sua migliore amica a causa di una misteriosa overdose di droga, anche se suo fratello vi dirà che è sempre stata una pazza. E poi c’è il loro padre, Chris (Chris Sullivan di This Is Us), preoccupato per la figlia, stufo della moglie e desideroso di sfondare con un pugno quel figlio stronzo.

Hanno deciso di comprare una casa – be’, Rebecca ha deciso che avrebbero comprato proprio questa casa, punto e basta – in un quartiere periferico New Jersey. Come vi spiegherà con piacere la loro agente immobiliare (Julia Fox, in modalità “sottrazione”), si tratta di una spaziosa residenza su due piani con un’ampia cucina, una bella terrazza sul retro e uno specchio centenario in soggiorno. Ciò che lei e la famiglia ignorano, tuttavia, è che la casa porta con sé anche uno spirito acquisito di recente.

Come sia arrivato lì è sconosciuto. Il perché sia ​​lì verrà rivelato alla fine. Solo Chloe ne percepisce la – ehm – presenza, almeno finché le cose non iniziano a essere sballottate violentemente. Ma sappiamo che è lì fin dalla prima inquadratura, perché l’intero film si svolge dal punto di vista di questo spettro, che si aggira per i corridoi e scivola giù per le scale, si nasconde negli armadi e origlia le conversazioni. Soderbergh è sempre stato un instancabile sperimentatore della forma. Ora ha realizzato la prima storia di fantasmi in prima persona.

Presence è anche un giallo – si scopre che l’amica di Chloe non è stata l’unica persona a morire di “overdose” – oltre a un elaborato messaggio di pubblica utilità sul prestare più attenzione ai propri figli, essere pienamente presenti nei momenti di bisogno e non fidarsi mai di qualcuno con la frangetta. Ma più di ogni altra cosa, è una sessione di terapia familiare filtrata attraverso un film horror in un modo che rende praticamente superflue le parti spettrali. Il tema della casa infestata è quasi una falsa pista. Soderbergh non ha mai incontrato un genere che non volesse decostruire, smascherare o saccheggiare in cerca di qualche tipo di esperimento estetico; è uno dei pochi registi che si potrebbero immaginare in camice da laboratorio quando dirige. E mentre la vertiginosa e abbagliante fotografia, girata da lui stesso con il suo solito pseudonimo di direttore della fotografia, Peter Andrews, impone di prestare attenzione al virtuosismo tecnico, questo stratagemma (o espediente, a vostra scelta) non fa altro che preparare il terreno per qualcos’altro.

PRESENCE di Steven Soderbergh | Trailer ITA HD

Il che ci riporta a quella citazione di Tolstoj. Soderbergh ha ammesso di non essere mai stato un fan della realtà virtuale come strumento narrativo, e che parte dell’emozione di realizzare questo thriller paranormale è stata quella di infrangere la sua stessa regola sui parametri del punto di vista. Si dà per scontato che le persone non vogliano vedere una prospettiva in prima persona (e nient’altro che una prospettiva in prima persona) al di fuori dei videogiochi: hanno bisogno di un’angolazione opposta per legarsi a un personaggio. Provate a filmare la reazione di un fantasma, tuttavia, e non vedrete nulla. L’unico modo per farlo, ha osservato il regista alla première del film al Sundance lo scorso anno, era non voltarsi mai.

Dimenticate, per un attimo, come possiate essenzialmente spiare le discussioni tra Rebecca e Christian, o ascoltare il padre che esprime infinita compassione per la figlia traumatizzata, o essere una mosca sul muro per Chloe che se la spassa con l’amico di suo fratello Ryan (West Mulholland). Prestate attenzione a ciò che sentite attraverso questa presenza spettrale. Ogni matrimonio è un insieme di compromessi e accordi negoziati per il controllo, ma questa particolare unione ha superato di gran lunga la fase di distensione. L’acrimonia è palpabile. La negligenza di Rebecca nei confronti della figlia e l’amore ossessivo per il figlio rasentano la patologia, e persino Tyler lo trova inquietante. Chloe aveva problemi prima che la tragedia colpisse – e va detto che la straordinaria interpretazione di Liang è ciò che fa da ancora a tutto – e ora oscilla tra lo stato di panico e quello di intorpidimento. Tyler rimprovera la sorella in un modo che va oltre la rivalità tra fratelli o le prese in giro. La crudeltà è il punto focale. Soderbergh avrebbe potuto intitolare il film Il disprezzo, se quel titolo non fosse stato già preso.

Presence è in realtà una storia di fantasmi in cui il fantasma principale non è un’apparizione eterea, ma il legame smarrito tra genitori e figli, marito e moglie, e i membri di una famiglia nel suo complesso. Soderbergh e Koepp prendono in prestito il tema della casa infestata per invogliare gli spettatori e postulare grandiosi “se” nel suo svolgimento. La cosa più spaventosa in questo film, tuttavia, non è la casa infestata, ma quella casa piena di autentico odio per i propri cari.

Da Rolling Stone US

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