Janelle Monáe è tornata dal futuro per godere nel presente | Rolling Stone Italia
Welcome to Wondaland

Janelle Monáe è tornata dal futuro per godere nel presente

Era un’afrofuturista, è diventata una turista del presente. Influenzata dalle feste pazzesche che organizza nella sua factory californiana, la popstar e attrice inaugura col nuovo album super black ‘The Age of Pleasure’ una nuova fase di liberazione personale e forse anche collettiva. Godiamo prima che i robot prendano il sopravvento

Foto: Justin French per Rolling Stone US

Janelle Monáe abbassa la cerniera della tutina, la fa scendere lungo la schiena e dimena il culo nudo davanti a una ventina di amici. È la game night a Wondaland West, lo spazio di Los Angeles dove Janelle lavora e vive, con anessi studio, alloggi e piscina immersa nella flora tropicale. Il sedere di Janelle fa capolino per via di Consequences, il gioco che ci ha chiesto di fare. L’hanno inventato i suoi amici Stephanie e Tree quando sono andati a trovarla in Grecia, durante le riprese di Glass Onion – Knives Out in cui Janelle in pratica interpreta quattro parti da protagonista (è uno dei film più visti di sempre su Netflix).

Per giocare a Consequences, si girano coppie di carte nella speranza di trovarne due uguali; le carte, inoltre, impongono ai partecipanti delle sfide, dalla simulazione di sesso con qualcuno dei presenti fino alla descrizione di un oggetto come se lo si dovesse vendere (alcune sfide prevedono che si bevano degli shottini). Seduti in quadrato, osserviamo a turno le coppie e scegliamo le sfide da affrontare. Nel salotto di Wondaland, ci sono un divano marrone a L, poltrone squadrate di un arancione bruciato, poltroncine in peluche, un’elegante poltrona color crema e una a forma di pecora su cui ci si può mettere a cavalcioni.

Josh Dean, musicista e amico di Janelle, deve lasciare che qualcuno gli ficchi in bocca una parte del corpo e poi indovinare di quale si tratta. Così Laura, che mi dicono lavori nell’industria dell’intrattenimento, gli appoggia un ginocchio sulle labbra. Io scelgo di gemere per il gruppo piuttosto che lasciarli sbirciare le mie conversazioni su iMessage. «Oh cazzo!», urla Janelle: le sue carte le dicono di prendere in bocca una parte di corpo di qualcuno oppure di mostrarci la sua mercanzia. La decisione è rapida: «Vi farò vedere il culo!». Applausi fortissimi.

«Ci serve musica!», grida qualcuno. Parte Phenomenal, un pezzo tratto dal prossimo album The Age of Pleasure che uscirà il 9 giugno. «Sto guardando mille versioni di me stessa», dice su una linea di basso. «E stiamo tutti bene. Cazzo, sì».

La Janelle di Phenomenal è sicura di sé, la Janelle della serata dei giochi lo è molto meno. «Aspettate, devo vedere se ho la pelle disidratata», dice prima di correre in bagno. Torna, si toglie la tuta a righe bianche e rosa con la faccia dello Stregatto della Disney sul cappuccio e una lunga coda sulla schiena, per poi scuotere timidamente il sedere. Quando gli amici urlano in segno di sostegno e gaudio, il suo nervosismo sembra evaporare. Il movimento si trasforma in un twerking e la folla si scatena.
«Avete visto che bel culetto!?», grida.

Body e orecchini: Area. Foto: Justin French per Rolling Stone US

Janelle ha già mostrato il culo una manciata di volte nel corso della sua carriera ventennale, ad esempio ai BET Awards del 2016 quando ha strappato il tessuto bianco come la neve che le copriva il sedere rivelando dei pantaloni aperti sulle chiappe, un omaggio al suo compianto mentore Prince. Ultimamente, la pelle nuda (e in particolare il seno nudo) è diventato per lei un segno distintivo della nuova era di liberazione di Janelle, un modo per celebrare la sua indipendenza e il suo grandissimo successo. La si vede nuda dalla cinta in su in alcuni reel su Instagram. Nella passata stagione delle premiazioni è apparsa coi seni avvolti elegantemente in perline e rete e per la sua seconda copertina di Rolling Stone li copre a malapena con la punta delle dita. «Sono molto più felice quando vado in giro con le tette al vento», dice Janelle, che afferma che i suoi pronomi di riferimento sono she/her, they/them e free-ass motherfucker.

Janelle Monáe Robinson è una potenza: musicista, scrittrice e attrice, è stata in grado di sfruttare i risultati ottenuti in tre campi differenti per cambiare la cultura del femminismo di colore e pro-queer. Cresciuta a Kansas City in una famiglia operaia di fede battista, ha iniziato a fare musica ad Atlanta con persone che sono diventate i suoi migliori amici come Nate Wonder e Chuck Lightning. La sua visione era così nitida che Diddy, un vero maniaco del controllo, ha giurato di non interferire con le sue idee quando l’ha messa sotto contratto.

Nei primi album, Janelle ha disegnato un paesaggio onirico afrofuturista che, nella miglior tradizione dei grandi narratori del genere come la scrittrice Octavia Butler, le è servito per riflettere sui suoi traumi e sulle possibilità che le riservava la vita. Ha ricevuto otto nomination ai Grammy e recitato in pellicole come Moonlight e Il diritto di contare, entrambi candidati come miglior film agli Oscar del 2017 (Moonlight ha vinto). «È estremamente dotata», dice l’amica e vincitrice di Oscar Lupita Nyong’o. «Ce l’ha dentro. La sua sincerità crea intimità sullo schermo. È bello vederla passare da una cosa all’altra e farlo con tanta bravura». Nel frattempo, Janelle ha dichiarato pubblicamente la sua pansessualità per la prima volta su Rolling nel 2018 e ha fatto coming out come persona non binaria l’anno scorso, diventando il tipo di icona queer che molti di noi, crescendo, avrebbero voluto avere.

Negli ultimi tempi, e questo è particolarmente importante, Janelle ha anche voglia di divertirsi ed è ben decisa ad assaporare i frutti del suo lavoro. Di recente poi sembra decisamente allegra: è l’anima della festa in baccanali da urlo (molti dei quali si tengono al Wondaland West), è stata il fulcro dell’NBA All-Star Weekend di quest’anno (con vari look da far girare la testa, anche se non ha segnato punti nel Celebrity Game) e la fan più scatenata tra i VIP del Coachella. Nel nuovo singolo Float spiega come sono cambiate le cose: “Ho dovuto proteggere tutta la mia energia / Mi sento molto più leggera adesso”.

A 37 anni, Janelle ha ricalibrato il suo mondo per farlo ruotare intorno al piacere, cercando di divertirsi in modo consapevole, ma anche di essere presente. «Essere un’artista è un’esperienza solitaria», mi dice. «La maggior parte delle persone non capisce cosa succede nella mia testa. Fare gruppo mi è stato di grande aiuto ed è bello che il disco si chiami The Age of Pleasure. Mi aiuta a ricentrarmi. Non si tratta più solo di un album, ho cambiato tutto il mio stile di vita».

Tuttavia, dare la priorità al piacere comporta delle sfide, soprattutto se sotto sotto si nasconde un carico d’ansia.

La serata volge al termine. Parte una performance improvvisata del vecchio successo delle SWV, Weak, con Janelle che intona la canzone su un pouf. Finisce con lei e Wonder, in un angolo del divano, intenti a elaborare nuove armonie per la canzone. Weak è il meglio dell’R&B anni ’90, ma per Janelle è particolarmente speciale. «Ero in cantina a cantare con sette dei miei migliori amici», spiega. «Non sapevo se ero in grado di cantare, ma quando ho imparato quella cazzo di canzone ho capito che sì, potevo farlo».

La serata al Wondaland è scandita da tutti i generi musicali: hit Afropop, Losing You della vecchia amica di Janelle, Solange (Janelle ha anche fatto conoscere a Solange il suo ultimo marito), Persuasive della sua nuova amica Doechii. Janelle si fa prendere dal groove e fa un po’ di freestyle su una versione Afrobeats di Work di Rihanna, un remix vivace e spiazzante. Più tardi, Wonder mi racconta di averlo fatto quello stesso giorno. «Ho l’abitudine di preparare dei pezzi nuovi prima di una serata, per vedere che ne pensa la gente». È da questo impulso che è scaturito The Age of Pleasure.

La Wondaland Records di Janelle, Wonder e Lightning è nata ad Atlanta come etichetta indie e collettivo artistico, per poi evolversi in una partnership con la Epic Records. Janelle ricorda che nel 2020, quando la pandemia iniziava a imperversare, «ci siamo domandati: vogliamo stare ad Atlanta a scrivere rinchiusi o vogliamo starcene in mezzo alla natura?». Monáe, praticamente era cresciuta ad Atlanta, ha deciso di trasferire Wondaland in California, ma non era convinta di Los Angeles fino a quando, nell’incertezza causata da una crisi di portata globale, ha trovato una nuova comunità con cui circondarsi.

Gilet, pantaloni e accessori Chanel. Gioielli Jacquie Aiche. Foto: Justin French per Rolling Stone US

Negli anni AC (avanti Covid), Janelle è stata spesso all’Everyday People, uno degli eventi più hot della cosiddetta black diaspora. Lì la musica spazia tra mix innovativi Afropop, gemme caraibiche, house e hip hop, i drink scorrono a fiumi e tutti si scatenano in una pista enorme. Quando non è stato più possibile tenere l’Everyday People all’interno di un locale, durante la pandemia, Janelle gli ha offerto uno spazio a Wondaland West. Il cortile è magnifico, con una piscina al centro e una miriade di angoli, anfratti, vasche e alberi di agrumi (il pomeriggio successivo alla serata dei giochi, Janelle insistite affinché colga un’arancia). Con il Covid che impazzava, il suo staff è sempre stato ben attento a sottoporre a tampone tutti gli ospiti dei party e a rimanere all’aperto.

Piazzavano un dj a bordo piscina (a volte era mOma, il co-creatore dell’Everyday People, altre Nana Kwabena, il produttore di Janelle) e il cortile si riempiva di bellissimi creativi di colore sculettanti. Quando il mondo ha riaperto, dopo il 2020, Wondaland ed Everyday People hanno continuato a fare casino. I party tenuti nel 2020 hanno fornito ispirazione per la nuova musica di Janelle e gli ultimi sono stati dei banchi di prova.

Monáe ha iniziato a sentire la necessità di creare nuova musica nell’estate del 2021, durante le riprese di Glass Onion. Dopo essere finalmente sfuggita al lockdown per mettere alla prova la sua verve comica in Grecia e in Serbia, voleva sfruttare le vibrazioni raccolte durante quelle feste. E così ha chiesto ai suoi produttori Wonder e Kwabena di mandarle delle basi strumentali. «Continuavo a fantasticare sul prossimo festone da organizzare».

Nyong’o ha partecipato a una di quelle feste nel 2021. «È stato meraviglioso», dice. «Superato l’ingresso, ci si ritrovava in un mondo diverso. Gli abiti di tutti erano curati, evocativi, la musica deliziosa. Sembrava che tutti desiderassero questa sensazione di abbandono sconsiderato». La Nyong’o ha ballato fino a che i piedi non le hanno fatto male.

Quando Janelle è tornata negli Stati Uniti, dopo le riprese, i party si sono fatti più mirati: un banco di prova su cui testare il nuovo materiale. «Mi sono detta: ok, se facciamo una festa nella primavera del 2022, voglio avere della musica pronta», ricorda Janelle. «Volevo valorizzare quella esperienza in modo molto concreto. Il modo migliore per farlo era suonare il mio materiale ai party».

Il focus non era sulla musica nuova della cantante, che era inserita nei dj set di Kwabena in modo naturale. «Eravamo super attenti ai BPM», ricorda Monáe, «le canzoni dovevano iniziare nel punto giusto». E si sentiva la differenza quando partiva la musica di Janelle? «Assolutamente no».

The Age of Pleasure è un album super black. Al posto delle metropoli fantascientifiche, Janelle parla del mondo in cui viviamo. «È stato ispirato da amici e conoscenti che arrivano da Sudafrica, Ghana, Nigeria, Caraibi, Atlanta, Los Angeles, Chicago», racconta Janelle. «Dal vederci tutti insieme, nella nostra blackness, con l’amore che esprimevamo l’uno per l’altro. La gente del continente africano scopa con la trap di Atlanta. Capisci cosa intendo? Adoro il modo in cui comunichiamo».

Float vede la partecipazione degli ottoni dei nigeriani Seun Kuti & Egypt 80, eredi del pioniere dell’Afrobeat Fela Kuti. Janelle racconta che quando Seun ha ascoltato The Age of Pleasure per intero, le ha detto: «Ci sento mio padre». Nell’album ci sono Sister Nancy, leggenda della dancehall giamaicana interprete della hit del 1982 Bam Bam, ma anche l’attrice afroamericana Nia Long e la cantante americana-ghanese Amaarae. Il nuovo gruppo Afrobeats CKay è stato a Wondaland per collaborare a Know Better, mentre Doechii, la rapper destinata a diventare la regina dell’ex etichetta di Kendrick Lamar, ha prestato la sua voce per Phenomenal. Il disco evoca al contempo le atmosfere di una notte sudata al ritmo di amapiano sudafricano e la scena ballroom newyorkese più fieramente queer.

«Voglio che rispecchi fedelmente la mia vita», spiega Janelle. «Mi consideravo una futurista. So cosa significa essere ossessionati dalle novità. Adesso mi definisco una turista del presente: mi sto concentrando attivamente sull’essere presente».

Prima della serata dei giochi, Janelle ed io abbiamo il nostro primo incontro a tu per tu nello studio di Wondaland West. Piante rigogliose si contrappongono ad arredi in legno, pavimenti rustici e scaffali alti fino al soffitto colmi di vinili: tra i tanti ci sono Controversy di Prince, Scary Monsters di David Bowie e Amazing Grace di Aretha Franklin. Ci sono almeno tre chitarre, un pianoforte verticale, nero e lucido, accanto a una tela raffinata che raffigura una donna formosa in topless, tratteggiata a matita nera, e un’altra pecora su cui sedersi.

Abito, scarpe e accessori Schiaparelli. Foto: Justin French per Rolling Stone US

Janelle è al banco mixer con la sua tutina, il ciuffo di capelli neri, corti e naturali raccolti in uno chignon incasinato (non è spettinata: è più un’acconciatura tipo mi-sono-svegliata-così). Dopo circa un’ora di chiacchierata, si scusa, esce dalla stanza e torna con una canna. «Ho sempre voluto fare un’intervista mentre sono un po’ fatta», dice. È seria e scherza allo stesso tempo. Armeggia con la canna e inizia a fumare, ma manca qualcosa.
«Serve un posacenere?», le chiedo.
«Sì. Si vede che sono una novellina».

A Janelle piacciono l’erba e i funghetti psichedelici. Questi ultimi in particolare sono perfetti per lei, che è una stravagante di natura, e poi così non corre il rischio di rovinarsi la voce. «Sono cresciuta con il terrore della marijuana perché ho avuto genitori tossicodipendenti», spiega, riferendosi, in particolare, al consumo devastante di crack e cocaina del padre, anni fa. «Dicevano sempre: “L’erba è il primo passo per diventare un tossico”, e sono cresciuta con questo pensiero nella mente e nel cuore».

Quand’è arrivato il Covid ha cominciato a usare l’erba per gestire l’ansia. Ha raccontato di aver avuto dei veri e propri attacchi d’ansia già durante la lavorazione di Dirty Computer, del 2018. «Mi sono detta: siamo nel bel mezzo di una pandemia e non sono on the road, fammi un po’ provare l’erba».

Di recente, Janelle si è autodiagnosticata un disturbo ossessivo-compulsivo che mette in relazione col suo perfezionismo. Durante TransLash, podcast fatto da e per persone transgender e gender nonconforming, ha raccontato che il suo perfezionismo deriva dalla sofferenza per l’abbandono e il rifiuto da parte del padre, durante il periodo in cui lui era tossicodipendente (ora i due sono molto vicini). «Ho iniziato ad avere un rapporto malato con l’idea di essere perfetta, se lo fossi stata nessuno mi avrebbe abbandonato», ha detto.

Sta lavorando per guarire quelle ferite. «Ora so come comportarmi se la cosa si ripresenta», mi dice, per poi riflettere sulle conseguenze: «Tutto questo credo che mi abbia fatto diventare un’ossessivo-compulsiva… se una cosa non è esattamente come la vedo io nella mia mente, allora è immondizia». Ha intrapreso un percorso di terapia appena ha iniziato a guadagnare bene e ora lavora con una «coach di supporto emotivo», una sua buona amica che si è dedicata alla disciplina del benessere mentale. Janelle cerca di vederla una volta a settimana.

L’anno passato c’è stato un periodo particolarmente faticoso in cui il lungo lavoro promozionale di Glass Onion si è accavallato con quello per The Age of Pleasure, esaurendola. «In momenti del genere devo avere qualcuno che mi dia una mano a gestire gli impegni, che mi aiuti a non sentirmi in colpa per aver detto di no a qualcosa, perché tutto questo alla fine si ripercuote sulla mia salute mentale». Si indigna se pensa a quanto siano limitate le risorse per la salute mentale a disposizione delle persone. «Non molti possono permettersi il lusso di dire o fare quel che sto facendo io. Penso che la terapia, compreso il life coaching, dovrebbe essere gratuita per tutti gli americani. In giro ci sono tantissime persone stressate psicologicamente. Saremmo migliori come Paese e come pianeta se vi potessero accedere tutti quanti».

Gli strumenti che ha imparato a usare grazie alla terapia la aiutano a gestire il Disturbo da deficit di attenzione iperattività che le è stato diagnosticato da adulta. Ci sono anche cose più toste che però non è ancora pronta a rivelare, ma a cui ha accennato. Quando, a settembre, ha ritirato il premio Suicide Prevention Advocate of the Year del Trevor Project, si è definita «una che ha avuto a che fare con la depressione». «Penso che a un certo punto ne parlerò un po’ più liberamente», dice. «Ma ho passato momenti molto difficili, a livello interiore, anche legati alla mia carriera. Li ho affrontati da sola, ho dovuto tirarmene fuori».

Cercare di vivere il piacere come una «turista del presente» è stata un’illuminazione. «Non è facile», dice. «Devi allenare i pensieri». La capisco. Parliamo dei miei attacchi di depressione e dei momenti di felicità che seguono. Mi agito, le  spiego, chiedendomi: perché mi sento bene? Qualcosa andrà di nuovo storto? «Oh, mio Dio, giuro che sei nella mia testa», mi dice lei. Ha capito.

Con un album in uscita, per il momento Monàe riesce a tenere a bada il panico. «La vecchia me avrebbe dato di matto», dice. Si sta destreggiando tra le prove per lo spettacolo del nuovo album, che vorrebbe presentare con degli show pop-up che sta pensando di chiamare Pleasure Party. Poi, grazie alle nuove esperienze fatte nel cinema e in tv, la sua casa di produzione Wondaland Pictures sta esplorando nuovi modi per portare avanti la saga fantascientifica di Cindi Mayweather, l’androide protagonista di diversi album di Janelle che si innamora di un umano e per questo viene braccata. La provocazione di Cindi diventa un messaggio che ispira speranza e ribellione nel paesaggio urbano futuristico che Janelle ha delineato nei suoi dischi. Lo Smithsonian’s National Museum of African American History and Culture si è persino rivolto a lei chiedendole in prestito i cimeli di Cindi Mayweather per una nuova mostra sull’afrofuturismo. «Voglio il mio Star Wars», dice. «Sono una scrittrice, narratrice e attrice e voglio poter fare una colonna sonora che abbia le sue radici nelle opere che ho scritto».

«Le ho detto che ho bisogno di un film di fantascienza scritto e diretto da Janelle Monáe nella mia vita, e in fretta», dice Rian Johnson, il regista di Glass Onion. Durante la lavorazione del film, la passione di Janelle per la narrazione è emersa anche fuori dal set, come quando Johnson organizzava feste con delitti e misteri per il cast. «Janelle si presentava con cappello a cilindro, monocolo e mantello da detective. Inventava un personaggio completo, con una storia alle spalle e un accento. Non usciva dal personaggio per tutta la serata. A volte arrivava al punto in cui la chiamavamo Janelle e lei rispondeva: “Intendeva forse dire Lord Wimplebody III, vero? Come posso aiutarla?”».

Johnson è impaziente di tornare a collaborare con lei. «La prossima cosa che farò sarà probabilmente un altro giallo di Benoit Blanc», dice riferendosi al personaggio di Daniel Craig nel film Cena con delitto – Knives Out. «Stavo per dire: “Immagino che non potrà partecipare”, ma non so: magari si presenterà nei panni di Lord Pedigrew III».

Da artista che si divide fra l’industria musicale e quella hollywoodiana, Janelle ha un punto di vista personalissimo a proposito dei problemi principali dei due ambiti. «Penso che in entrambe le industrie ci sia un sacco di lavoro da fare», dice con lucidità. «Ci sono molti fattori sistemici che devono cambiare».

Janelle è stata una sostenitrice del movimento Time’s Up, nato in seguito alle rivelazioni delle aggressioni, delle discriminazioni e delle molestie a Hollywood. Nel 2018, sul palco dei Grammy, ha aiutato a traghettare Time’s Up nell’industria musicale. A marzo, la sua organizzazione non profit Fem the Future, che sostiene il percorso personale e accademico delle ragazze e dei giovani non binari, ha annunciato che si espanderà grazie a una sovvenzione di Warner Music Group.

Anche se il raggio d’azione di Janelle si estende dalla musica al cinema fino alla filantropia e oltre, la preoccupa anzitutto essere creativa – ed essere se stessa. «La vecchia versione del modo in cui facevo le interviste prevedeva che mi mettessi qualcosa di bianco e nero e magari mi truccassi un po’. Ma mi sono detta: “Sai cosa? In realtà non devo farlo”». Si interrompe e assume un tono sincero e gentile: «Non che non mi interessi questa intervista, però non ho la capacità mentale di essere diversa da ciò che sono». Agli angoli degli occhi porta piccoli esagoni di brillantini luccicanti. Le chiedo perché. «Mi sono detta: oggi voglio sentirmi galattica. Una giocatrice galattica, perché questa è la serata dei giochi».

Gilet, pantaloni, accessori Chanel. Gioielli Jacquie Aiche. Foto: Justin French per Rolling Stone US

Quando torno allo studio, il pomeriggio del giorno dopo, scambio Janelle per un animale di peluche imbottito. Dà la schiena alla porta scorrevole e la sua testa è coperta dal cappuccio di una tutina pelosa con le orecchie a punta. Da davanti, somiglia a un panda rosso, un piccolo mammifero dell’Himalaya orientale simile a un procione. Glielo dico. «Sai cos’è questo?», mi dice. «È un animale raro. Estinto. Questo è l’ultimo esemplare: è un Wondabear».

Il Wondabear sta strimpellando una chitarra acustica. Janelle ha fatto in modo di inserire un’ora e mezza di esercizi alla chitarra nella sua routine quotidiana. Funziona che al mattino evita il telefono, che tiene accanto al letto, anche se preferirebbe «tenerlo in bagno»; poi si immerge in quelle che chiama le sue «ore di fertilizzazione».

«Mi alleno tra le 9:30 e le 10:30, più o meno, perché vado a letto all’una o alle due, se sono in un periodo intenso di lavoro», dice. Spesso ascolta la playlist di Spotify dedicata al rap femminile, Feeling Myself, mentre fa un allenamento ad alta intensità per il corpo. Quindi si esercita a la chitarra, mangia verso mezzogiorno e suona il pianoforte per 45 minuti. Dopo si ritaglia un po’ di tempo per creare qualcosa di bello: «Non mi importa se sono anche solo disegnetti, creare mi stimola».

Una volta “fertilizzata”, dedica tre ore alle call e a rispondere alle domande dei collaboratori. Spesso, poi, si rilassa guardando una serie: ultimamente Scissione è una delle sue preferite (Janelle, che ha un gusto squisito, ama anche Bob’s Burgers).

Quando la trovo alla chitarra acustica, sta provando un brano intitolato Lipstick Lover. “Mi piace il rossetto sul collo”, canta. “Lasciami un marchio appiccicoso in un punto che non dimenticherò”. La canzone parla di intimità queer e ha sfumature reggae, una cosa interessante visto che il reggae e il suo genere gemello, la dancehall, hanno una lunga storia di pezzi omofobici, ma omofobici in modo brutale. Janelle, però, non aveva in mente questo contesto quando l’ha scritta. Non ci pensava: ha solo attinto ai suoi ricordi.

«Ho un documento che raccoglie quasi 100 esperienze che ho fatto ai party», dice a proposito delle sue feste. «Io sono stata una lipstick lover. Ai party mettevo sempre il rossetto rosso. Se io e una ragazza o un’energia…», dice, allontanandosi dalle indicazioni di genere, «volevamo scambiarci delle effusioni, poi restava il rossetto». Janelle lasciava il suo marchio, così si vedeva chiaramente che aveva baciato qualcuno.

A volte è successo anche il contrario. «Ricordo com’è stato quando mi hanno baciato sul collo col rossetto rosso. Era di un rosso intenso, non opaco. Ricordo l’aspetto di quella persona. E mi sono detta: “Questa è una cazzo di canzone”».

Janelle è notoriamente riservatissima sui dettagli della sua vita amorosa: «Ho una policy e un patto con me stessa: questa è una parte della mia vita che voglio che resti privata. Posso parlare della mia identità, posso parlare della mia sessualità. Posso parlare di tutto ciò che riguarda Janelle Monáe senza dover scendere nei dettagli. Capisci cosa intendo? Non è necessario».

The Age of Pleasure è orgogliosamente sessuale, a volte in modo timido, altre sfrontato. Only Have Eyes 42 sembra un’ode al poliamore, o almeno a una storia d’amore a tre. «Dirò questo», propone quando glielo faccio notare. «Spero che la gente riesca a sentire ciò che stavo provando io senza dover raccontare i dettagli. Voglio che le persone si sentano come se fossero lì con me. Qualunque sia la loro sensazione, voglio che vivano quel momento». In seguito è stata un po’ più esplicita con la conduttrice radiofonica Angie Martinez: «Ho avuto relazioni poliamorose».

Un paio d’anni fa, Nyong’o è stata al centro di dicerie secondo cui sarebbe stata con Janelle. «Lei ha del magnetismo e ovviamente l’hanno colto. È davvero enigmatica», racconta Nyong’o. «La gente è curiosa delle persone enigmatiche. La cosa non mi ha sorpreso e mi va benissimo essere associata a lei, in qualsiasi modo sia».

Nyong’o stava iniziando a scalare le vette più alte di Hollywood, dopo aver vinto l’Oscar come miglior attrice non protagonista in 12 anni schiavo quando ha incontrato Janelle al suo primo Met Gala. «Era un mondo estremamente nuovo e pazzesco per me», ricorda l’attrice. «Janelle mi si è avvicinata e mi ha dato un abbraccio pazzesco. Credo che abbiamo anche ondeggiato al ritmo della musica. E mi ha detto: “Sono orgogliosa di te, grazie per essere te stessa”».

Le interazioni fra celebrità possono sembrare superficiali ed effimere. Questa volta no: «A un certo punto, Janelle mi ha chiesto il telefono, ha inserito il suo numero in rubrica e mi ha detto: “Restiamo in contatto. Dico sul serio. Se hai bisogno di qualcosa, sono qui per te”». Da allora, Janelle è una persona su cui Nyong’o può contare, sia per un consiglio in un momento di crisi che per un invito a una festa.

Tuttavia, Nyong’o sente di non conoscerla a fondo. «Solo perché sei una sua amica intima non significa che puoi sapere tutto di lei. Penso che sia questo a renderla interessante anche come artista».

Nei cinque anni successivi al coming out di Janelle come pansessuale, abbiamo assistito a un’ondata di dichiarazioni a favore delle persone LGBTQ e della gender diversity. Bad Bunny ha incarnato apertamente la fluidità sessuale nella sua arte e nelle sue interviste. L’ultimo album di Beyoncé, Renaissance, è orgogliosamente debitore e inclusivo nei confronti di alcuni creatori di tendenze queer. Insider.com ha scoperto che il tasso di personaggi LGBTQ dichiarati negli show d’animazione per bambini è aumentato del 222%, dal 2017 al 2019.

Secondo Gallup, la percentuale di adulti americani che si identificano al di fuori dalla sfera dell’eterosessualità è raddoppiata dal 3,5% al 7,1%, tra il 2012 e il 2022, con il 21% degli adulti della Generazione Z che si collocano nello spettro LGBTQ. Sebbene i dati sulla popolazione trans e non binaria siano recenti e in continua evoluzione, l’anno scorso uno studio importante del Pew Research Center ha rilevato che l’1,6% degli adulti statunitensi e il 5,1% dei giovani adulti non appartengono al genere assegnato loro alla nascita. Sempre più persone conoscono qualcuno che è trans e la maggior parte degli americani ha sentito parlare di genere in termini che trascendono la definizione binaria donna-uomo.

C’è stata anche una reazione pesante a questa rivoluzione sessuale nascente. A partire dalla legge “Don’t Say Gay” della Florida, fino alle decine di proposte di provvedimenti che prendono di mira gli spettacoli di drag queen in tutto il Paese, quest’anno sono state presentate più di 400 bozze di legge anti-LGBTQ. È un record.

Chiedo a Janelle se è informata di questo flusso crescente di leggi queerfobiche. «Lo sono», conferma. «È esasperante ed crudele». La scorsa primavera ha pubblicato un’antologia di racconti afrofuturisti in collaborazione con parecchi altri autori. Il libro, The Memory Librarian: And Other Stories of Dirty Computer, probabilmente ora sarebbe vietato in Stati come la Florida per via della presenza di personaggi queer e trans: è un esempio, dice, del fatto che «non possiamo parlare di noi, quasi come se non fossimo persone vere».

Janelle ha dedicato gran parte della carriera a battersi per le persone vittime di questo bigottismo, tra cui lei stessa. Qando le chiedo se sente il peso di essere percepita come un simbolo a difesa dei queer o della queerness stessa, tiene a sottolineare la sua libertà di essere una persona e non soltanto un simbolo. «Non si può proiettare tutto sugli artisti. Bisogna capire che man mano verranno fatte delle esperienze e che le persone cambieranno, si evolveranno e non saranno più gli stessi individui. Per quanto possiate amarmi e vi interessiate a me, io sto facendo un mio viaggio che non ha nulla a che fare con la musica né con l’arte». C’è stato un periodo, aggiunge, «in cui mi facevo pressione per essere all’altezza delle aspettative di ciò che la maggioranza delle persone volevano facessi. Non è più così».

Orecchini Area. Foto: Justin French per Rolling Stone US

Al gala pre-Grammy di quest’anno, Janelle ha indossato un abito nero di Vera Wang con una scollatura che le arrivava fino alla vita e una gonna con uno strascico trasparente. Un fan su Twitter ha scritto: «Janelle Monáe finalmente mostra quanto è bella invece di vestirsi come l’omino del Monopoli». Questo riferimento agli smoking bianchi e neri che indossava sempre all’inizio della carriera l’ha divertita. Quei completi erano una specie di uniforme, dice, che indossava per onorare i genitori: suo papà era un netturbino, la madre un’inserviente che accompagnava la figlia alle lezioni di teatro e a volte sceglieva di comprarle i costumi di scena che le servivano invece di pagare la bolletta della luce.

All’inizio del mese, ciò che Janelle Monáe indossa (o meglio, che non indossa) è diventato trending topic su Twitter. L’11 maggio Lipstick Lover ha debuttato come singolo, con tanto di video NSFW girato a Wondaland West. Le immagini mostrano quella che potrebbe anche essere una versione esagerata dei baccanali sensuali dei suoi party, con donne discinte che si contorcono su di lei, una miriade di sex toys, una piccola orgia in acqua e Janelle in tutina da Pokémon.

Aveva offerto un’anteprima del video con una clip di 16 secondi in cui la si vedeva uscire da una piscina con dei mini-pantaloncini della Champion e una maglietta bagnata fino a diventare trasparente, con la scritta “Pleasure” sul petto. L’immagine ricordava quella di un poster popolare del 1972, una pubblicità per il turismo in Giamaica, con la modella di Trinidad Sintra Bronte (nel suo studio, sono rimasta colpita dalla copertina di un vinile con quella stessa foto, esposto in mezzo alle pareti riempite dalla sua collezione di dischi).

Il tweet con la clip è stato visualizzato più di 22 milioni di volte, totalizzando oltre 30 mila retweet e più di 147 mila like. Anche se gran parte del polverone sollevato da quelle immagini ha avuto a che fare con gli apprezzamenti al fisico seducente di Janelle e con la sua decisione di mostrarlo in questo modo, ci sono state anche polemiche e reazioni negative. È stata accusata di non avere classe, di essere una degenerata, di disonorare il suo corpo e di cercare solo attenzione. «Cosa ha spinto Jonelle Monae [sic] a svegliarsi, un giorno, e a dire: “Ho delle tette da mostrarvi, stronze”?», ha scritto una persona. «Un modo strano e inaspettato per vendere musica».

Naturalmente queste osservazioni non tengono minimamente conto di quanto che è successo nell’ultimo decennio, durante il quale Janelle ha ampliato lo spettro del suo look e si è liberata di sempre più vestiti. «Anche quando indossavo dei completi o ero in giacca e cravatta o mi vedevi nuda alle mie feste, niente vie di mezzo». Nel corso degli anni ha ribadito che il suo abbigliamento più classico non era una presa di posizione su come gli altri dovrebbero essere. «Qualche moralista potrebbe pensare che mi coprivo per dare un esempio di come ci si comporta in modo corretto», ha detto nel 2018. «Non l’ho mai preso come un complimento».

In particolare, in qualità di persona non binaria, Janelle ama pensare ai modi di essere accostandoli agli elementi naturali, piuttosto che ricorrere alla dicotomia fra mascolinità e femminilità. «Proprio ora sto utilizzando la mia energia acquatica morbida e fluida», dice. Riconosce che i vestiti che indossava un tempo rappresentavano un ribaltamento notevole degli standard di genere e di bellezza, ma costituivano anche una specie di scudo. «Non volevo che la gente mi vedesse fragile», dice. «Crescendo a Kansas City, mia madre mi ha sempre detto: “Se ti colpiscono, tu reagisci”». Questa energia è confluita nei vestiti che indossava. «Credo che l’acqua abbia una grande forza». Per non scontentare nessuno, si premura di precisare che gli abiti non sono necessariamente una negazione della fragilità.

Esito davanti ad alcune mie domande sull’argomento del suo genere e della sua sessualità, perché capisco quanto possa essere strano parlare pubblicamente di chi sei e di chi ti piace scopare. Io stessa ho amici con cui sono piuttosto queer, ma molti di più con cui non mostro mai questa parte di me. «Non sono obbligata a condividere la mia storia», dice Janelle. «Nessuno è obbligato. Ma penso che sia importante per me parlare di alcune di queste cose e dare loro un nome».

Secondo lei, il fatto di poter vivere una vita reale e di poterla raccontare per intero è ciò che ci separa dai motori d’intelligenza artificiale: «A renderci speciali è il modo in cui abbiamo vissuto insieme una serie di esperienze in tempo reale, di persona». Lei aveva ovviamente previsto il boom dell’intelligenza artificiale. «Quando è uscito The ArchAndroid, stavo dicendo che sarebbe accaduto questo, adesso».

Mentre parliamo, Elon Musk sta incasinando la faccenda della spunta di verifica su Twitter e degli autori sconosciuti stanno diventando virali con canzoni di Drake e Rihanna create tramite l’AI. Sta già diventando difficile distinguere ciò che è reale. Tutto questo, dice, ricorda La singolarità è vicina di Ray Kurzweil, un saggio che l’ha ispirata per i suoi androidi e ha reso popolare l’idea che discernere l’AI dall’umanità potrebbe diventare un giorno impossibile. «Quindi l’età del piacere in cui mi trovo e in cui ci troviamo è l’ultima prima che si verifichi l’integrazione completa».

Quando ci risentiamo su Zoom, qualche settimana dopo, è appena rientrata da una conferenza sulla robotica a Santa Barbara. «Mi hanno invitata. Con tutto quello che sta succedendo con l’intelligenza artificiale, la gente vuole sapere cosa ne penso». Dice di aver visto le macchine create da Boston Dynamics, l’azienda di proprietà della Hyundai che produce un cane robotico divenuto virale e che ha suscitato polemiche in tutto il Paese dopo essere stato adottato dalle forze dell’ordine. Janelle non ha parlato. «Ho solo ascoltato. Non se ne esce e credo che molto dipenda da chi programma e da quali sono i suoi valori e la sua morale: cosa stiamo insegnando a questi robot? È complicato. Ci sono tante sfumature».

Nei suoi album precedenti, Janelle ha inventato futuri distopici per evocare i problemi del presente, utilizzando la lotta tra androidi e umani per evidenziare questioni legate al bigottismo. The Age of Pleasure, al contrario, è un disco in cui assapora quanto ha già conquistato. È una celebrazione: si balla fino a creare una nuova vita. È un ritratto intimo e nitido della sua vita, non una sua difesa. «Non dovrei essere costretta a insegnare a nessuno perché è importante proteggere la vita dei neri queer, la vita dei neri trans, la vita dei neri non binari. Non dovrei essere costretta a fare un album su questo argomento», dice quando le faccio notare che creare empatia era uno dei suoi obiettivi fin dai tempi di Dirty Computer. «Non credo nemmeno che qualcuno dovrebbe raccontare una storia basata sull’empatia perché tu possa arrivare a capire».

«Questo album non parla di lottare», dice di The Age of Pleasure. «Parla di vivere in un’oasi creata da noi, per noi stessi. Con tutto quello che accade nel mondo, questo è il nostro momento di respirare insieme, abbracciando senza vergogna questo ritmo per goderne, per sbrigarci a cominciare a vivere».

La libertà e l’empatia dei party a Wondaland l’hanno convinta di questo. «Ho visto estranei sorridersi l’un l’altro, donne che si sentivano abbastanza a loro agio da togliersi il top ed entrare in piscina. Se qualcuno aveva bevuto troppo e vomitava, vedevi qualcuno che non lo conosceva tenergli indietro i capelli. Piccole cose come queste sono incredibili. E se non avessi detto con convinzione “Rimani presente, rimani presente, rimani presente”, me le sarei perse tutte».

Una settimana e mezzo dopo, quando rivedo Janelle per l’ultima volta, lei è nel vivo di un evento molto diverso: si tratta di uno degli afterparty più famosi del Met Gala, in cima allo Standard Hotel di New York. Veste i panni della padrona di casa e Olivia Rodrigo e Lil Nas X sono solo alcuni nomi dell’élite del mondo dello spettacolo presenti.

Da MC, Janelle si trasforma in performer, facendo una serenata alla folla cantando in piedi sul bancone del bar a forma di ferro di cavallo. A inizio serata indossava un cappotto di Thom Browne sopra a un vestitino ampio. Ora, per cantare Float, è rimasta in bikini. È bianco e nero, colori che ricordano i suoi vecchi smoking, ma molto di più il suo presente all’insegna della nudità. Ci invita a brindare. «Ho vissuto nell’era dell’incertezza», dice. «Ma stasera, quest’anno, siamo nell’era del cazzo di piacere!».

Il suo dj, Kwabena, suona un remix reggae di Party di Beyoncé e Janelle fa Lipstick Lover per la prima volta in pubblico. I sue pezzi si sposano perfettamente in termini di beat e BPM, proprio come quando le hanno provavate a bordo piscina, al Wondaland West. Gli stessi amici della serata dei giochi di Janelle cantano e le stanno attorno, coinvolgendo la folla e traghettandola nel loro nuovo mondo.

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Producer: Lynda Goldstein, Pix Producers inc.
Direzione della fotografia: Emma Reeves
Fashion direction: Alex Badia
Styling: Alexandra Mandelkorn di The Wall Group
Market editor: Emily Mercer
Acconciature: Nikki Nelms di The Only Agency
Makeup: Keita Moore di The Only Agency
Unghie: Anjaneth Aguirre
Sartoria: Chelsea McCarroll
Tecnico luci: Pierre Bonnet
Assistente alla fotografia: Aidan Tan
Tecnico digitale: Xiang-Yun Chen
Styling assistant: Erik Ziemba
Fashion assistant: Kyle Rice
Fashion-market assistant: Ari Stark, Kimberly Infante
Assistenti alla produzione: Brendan MacDevette, Christian Cañizares
Foto scattate ai Pier59 Studios

Da Rolling Stone US.

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