Si sta discutendo (di nuovo) della bravura di Meg White | Rolling Stone Italia
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Si sta discutendo (di nuovo) della bravura di Meg White

Un tweet sui limiti della batterista dei White Stripes ha suscitato le reazioni di molti colleghi, da Questlove alla ex moglie di Jack White. Non scherziamo: Meg non si tocca

Si sta discutendo (di nuovo) della bravura di Meg White

Meg White dal vivo coi White Stripes nel 2007

Foto: Jeff Gentner/Getty Images

È bastato il tweet di un giornalista con meno di 100 mila follower per accendere il dibattito globale. «La tragedia dei White Stripes» scriveva un paio di giorni fa Lachlan Markay citando un tweet della National Review su Seven Nation Army «è quanto grandi avrebbero potuto essere se solo avessero avuto una batterista vagamente decente. Sento già i tanti “ma amico, è un suono costruito volutamente così”. Spiace, ma Meg era terribile e non esiste band al mondo che migliori con un batterista di merda».

Non è certo un punto di vista nuovo. Per anni s’è dibattuto sul ruolo di Meg White nei White Stripes, sul suo stile primitivista, sul fatto che la mancanza di efficienza tecnica abbia influito positivamente o negativamente sulla musica del duo. Giungendo alla conclusione che Meg White era perfetta per una band dall’equilibrio originale come quella dei White Stripes, il complemento giusto allo stile punk-blues dell’ex marito Jack White. In fondo, se altri dischi rock dell’epoca oggi suonano datati mentre i loro sembrano fuori dal tempo, una parte del merito è anche di Meg.

Per qualche motivo, dopo il tweet di Markay il dibattito s’è riacceso e molti colleghi e non solo hanno difeso la batterista. Tra i tanti è intervenuto Questlove, lui sì un musicista tecnicamente dotato. «Di solito cerco di non dare spazio ai punti di vista dei troll, ma questo è davvero fuori luogo. In realtà, quel che non funziona nella musica è proprio il tentativo di certa gente di soffocarne la vitalità, mettendoci sopra una sorta di filtro di Instagram, cercando di raggiungere una perfezione musicale che non fa un buon servizio alla canzone (o alla musica)». E quindi: «Un vero film > foto con filtri Instagram».

Karen Elson, modella, musicista ed ex moglie di Jack White con cui ha avuto due figli, scrive che «Meg White non è solo una batterista favolosa. Jack ha detto che i White Stripes non sarebbero esistiti senza di lei. Al giornalista che l’ha insultata dico: tieni il nome dell’ex moglie del mio ex marito fuori dalla tua cazzo di bocca».

È intervenuta anche Margo Price, che scrive canta e suona la chitarra, ma è stata anche batterista e ogni tanto nei suoi concerti siede dietro allo strumento (ed è stata lanciata da Jack White, che ha creduto in lei quando nessun altro lo faceva). «È stata Meg White a ispirarmi a sedermi dietro alla batteria e a prendere in mano le bacchette», ha twittato Price. «Il suo stile e la musica dei White Stripes erano una boccata d’aria fresca rispetto a quel che andava all’epoca. Chiunque le getti merda addosso non sa cos’è il rock and roll».

È intervenuto persino il compositore colto Judd Greenstein: «“I White Stripes sono bravi ma Meg White è scarsa” è un’affermazione profondamente sbagliata, anche nella sua accezione più ovvia». I Rev. Peyton’s Big Damn Band riassumono il pensiero di molti scrivendo che «Meg White era una batterista pazzesca. Le percussioni hanno a che fare col feeling, non col numero di note riesci a suonare. Muove la canzone? Ti fa ballare? La senti dentro? 999 batteristi su 1000 non riescono a farlo come lo faceva lei, è un dato di fatto».

Damon Krukowski, batterista del duo Damon and Naomi, scrive che «Meg White non ha bisogno d’essere difesa, ma nel caso sono qui». È lapidario Tim Burgess: «Se hai dei dubbi sullo stile di Meg White, allora non capisci nulla di musica. È così. Prossimo argomento?».

Secondo Ben Lee, «chi parla male di Meg White non capisce sostanzialmente che cosa rende buona la musica», mentre altri tirano in ballo il sessismo: «Lo stile di Meg White è un test di Rorschach per capire quel che pensi delle donne musiciste. A meno che il punto non sia che odiate anche tutto il punk, che dal punto di vista tecnico era basilare. E questo era il punto, e spaccava».

Foto: Gie Knaeps/Getty Images

Non è solo una questione di stile punk. Alla base della musica dei White Stripes ci sono i vincoli autoimposti a partire dagli elementi costitutivi della musica, solo tre come i colori usati nell’iconografia della coppia: voce-batteria-chitarra, bianco-rosso-nero. Alla base di questo triangolo c’è proprio il drumming. L’idea è che i limiti non rappresentino un vincolo, ma uno stimolo alla creatività. Meg White è l’incarnazione dell’idea dei White Stripes.

A fronte della sua centralità della musica del suo, c’era da parte di Meg White una nota ritrosia ad esporsi in pubblico, nemmeno quando la band a fine corso annunciò che non sarebbe andata in tour per i problemi di «ansia acuta» di Meg – si era negli anni in cui quasi nessuno parlava di “salute mentale”. Nessuno perciò s’è stupito quando, sciolti i White Stripes, Meg White è sostanzialmente sparita dal mondo della musica. Una ventina d’anni fa si era espressa sulle critiche che già allora la toccavano: «Apprezzo i batteristi che suonano in modo diverso, ma io ho un altro stile e funziona nel contesto di questa band. Quando mi capita di ricevere delle critiche, per un po’ m’infastidiscono. Ma quando ci penso su capisco che è quel che serve al gruppo».

Morale della storia: Meg White non si tocca e Markay ha cancellato il tweet, chiedendo pubblicamente scusa. «Avete probabilmente letto il mio tweet di ieri sconsiderato (e poi cancellato) sui White Stripes e Meg White», ha scritto su Twitter. «Era una critica esagerata ai WS e alle doti di batterista White e, diciamolo, era davvero orribile da ogni punto di vista. Meschino, odioso, semplicemente sbagliato».

«Molti sono intervenuti sia nel merito, sia a proposito del tono sgradevole e ingiustificato del tweet, dicendo che era falso. E indovinate un po’? Hanno ragione. È una cosa tremenda e meschina da dire – e pure sbagliata – e mi pento profondamente d’averla detta. Non solo per le reazioni giustificate che ha suscitato, ma anche perché non ci credo sul serio. Adoro i WS, percussioni comprese».

«Non so se Meg White abbia letto il mio tweet. Spero di no, perché immagino che non sia una bella sensazione leggere un estraneo che ti critica in quella maniera. Vorrei quindi dirle: mi spiace, sul serio. E dico alle donne che fanno parte del mondo della musica, che credo siano soggette in modo sproporzionato a stronzate d’ogni genere: mi rammarico di averle alimentate. Cercherò d’essere meno sconsiderato in futuro, sia qui che fuori di qui».

«Mentre nelle ultime 24 ore mi arrivava addosso tutto questo odio – lo ripeto: assolutamente giustificato – pensavo: perché l’ho scritto? Non è quel che penso. Mi piace pensare di non essere lo stronzo che sono sembrato, o almeno cerco di non essere tale. Credo che la risposta, in parte, sia che noi che siamo online tendiamo a premiare con visualizzazioni e click questa sorta di cecchinaggio feroce. Credo d’essere finito in questo meccanismo di incentivi con una frase inutilmente dura, assolutamente cattiva e soprattutto falsa».