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Chissà quante star si sono mangiate le mani per aver detto no a film poi diventati cult. Ma alcune l’hanno presa con filosofia. Il primo a rifiutare la parte di Neo, poi andata a Keanu Reeves, in <em>Matrix</em> fu Brad Pitt: «Non mi è mai sembrato un progetto adatto a me», disse in seguito. Poi arrivò Will Smith: al cult delle Wachowski preferì lo scult <em>Wild Wild West</em> (per poi pentirsene amaramente). Anche sul fronte femminile sono arrivati due “no” celebri: Sandra Bullock e Madonna hanno rinunciato al ruolo di Trinity. Facendo diventare la semisconosciuta Carrie-Anne Moss un’icona.
Will Smith detto anche: il recidivo. «Volevo fare quel film da morire, solo che lo vedevo più come una love story, non una storia di vendetta»: così si giustifica adesso per aver detto no a <em>Django Unchained</em> di Quentin Tarantino, starring (poi) Jamie Foxx. «Non riuscivo a connettermi a tutta quella dose di violenza: l’amore doveva essere la risposta». Visto lo schiaffone a Chris Rock agli Oscar di quest’anno, oltre al danno c’è anche la (auto)beffa.
Restando in campo tarantiniano, anche <em>Pulp Fiction</em> al principio prevedeva un altro Jules Winnfield, al posto di Samuel L. Jackson. Ovvero Laurence Fishburne: «Per me rendeva l’uso di eroina troppo invitante», ha avuto a dire in seguito. «E poi non era solo una questione di personaggio. Mi chiedevo: “Che significa tutto questo?”». La risposta l’abbiamo noi, Laurie: uno dei capisaldi del cinema anni ’90 (e non solo).
Due sono stati i no celebri alla parte di Rose in <em>Titanic</em> di James Cameron, che ha fatto di Kate Winslet una star globale. Il primo è arrivato da Claire Danes: reduce da <em>Romeo + Giulietta</em> di Baz Luhrmann, affermò che «non sentivo il personaggio dentro». Poi ci fu il forfait di Gwyneth Paltrow: «Mia madre mi ucciderà», pare abbia commentato dopo i primi (stratosferici) incassi. Ma poi ha avuto la sua rivincita…
Eccola, la rivincita di Gwyneth: <em>Shakespeare in Love</em>, che le diede un Oscar come miglior attrice protagonista nel 1999. Tutto perché Julia Roberts si sfilò all’ultimo dal progetto, insieme al co-protagonista previsto inizialmente nel ruolo del Bardo: Daniel Day-Lewis. Ma se il risultato ha rappresentato la consacrazione per Gwyneth, lo stesso non si può dire del collega Joseph Fiennes…
Il casting dei <em>Segreti di Brokeback Mountain</em> è un film a sé. La prima scelta di Ang Lee era caduta su Leonardo DiCaprio e Brad Pitt. Poi, nel corso dei provini, sono stati presi in considerazione Matt Damon, Colin Farrell, Ben Affleck, Billy Crudup e Josh Hartnett (l’unico davvero pentito per essersi tirato indietro). Alla fine, lo sapete, l’hanno spuntata Heath Ledger e Jake Gyllenhaal: ed è andata benissimo così.
A proposito di cappelli iconici, anche se non da cowboy: quello di Harrison Ford nella saga di <em>Indiana Jones</em> avrebbe dovuto indossarlo… Tom Selleck. A cui Spielberg propose il ruolo dell’archeologo avventuriero. «Avrebbe voluto farlo tantissimo, ma il contratto con <em>Magnum P.I.</em> lo legava troppo: questa cosa gli ha spezzato il cuore», ha confessato la co-protagonista femminile Karen Allen. Una cosa da darsi colpi di frusta da soli. Sulla schiena.
Altro ruolo action che è passato a un’altra star rispetto alle previsioni è quello della Vedova Nera nella <em>Avengers</em> saga. La prima scelta era Emily Blunt, «ma non era mai il momento giusto», come ha rivelato lei stessa. Tra impegni su altri set e poca convinzione, alla fine è toccato a Scarlett Johansson. Che, grazie al ruolo di Natasha Romanoff, è diventata l’attrice più pagata di Hollywood. Hai detto niente.
Icona al femminile, seppur molti anni prima e in un genere totalmente diverso, è pure quello di Clarice Sterling nel <em>Silenzio degli innocenti</em> di Jonathan Demme, che ha fatto meritare il secondo Academy Award a Jodie Foster. Ma al suo posto doveva esserci Michelle Pfeiffer: «Quel film mi rendeva nervosa,», ha dichiarato. «C’era un tasso di malvagità troppo alto. La cosa che mi è davvero dispiaciuta è non aver lavorato una seconda volta con Jonathan». Parafrasando il titolo della loro collaborazione precedente: una star allegra… ma non troppo.
Pure i casting per il ruolo di James Bond, si sa, son sempre un’avventura. A metà anni ’90, quando si cercava un nuovo 007 per <em>GoldenEye</em>, la produzione puntò gli occhi su Liam Neeson. Che però confidò: «Se l’avessi fatto, mia moglie non mi avrebbe sposato» (non è dato però sapere perché). E Pierce Brosnan fu. Anni dopo, è stato invece Hugh Jackman a dire no a <em>Casino Royale</em>. E anche lì sapete com’è andata…
Altro giro, altro hero. Vale a dire il mutante Wolverine, che ha definito per sempre Hugh Jackman come fusto da blockbuster. Ma il ruolo dell’uomo-lupo era stato offerto a Viggo Mortensen. «Ho detto no perché temevo un progetto che mi avrebbe legato così a lungo: non volevo rischiare di recitare lo stesso personaggio per un sacco di anni a venire»: così ha motivato il suo rifiuto. Hugh, il Bond mancato, ancora ringrazia.
<em>Tell me something, girl</em>… come diavolo hai fatto a dire no a <em>A Star Is Born</em>? Beyoncé, coinvolta nel progetto dall’allora regista in carica Clint Eastwood (e con Will Smith come co-protagonista: aridaje) si schermisce così: «Pensavo non fosse una buona idea. Ma poi è stato un successo: meglio così». Finge sportività, ma siamo sicuri che l’Oscar per la miglior canzone a Lady Gaga (e la candidatura come <em>best actress</em>) le sta ancora qui…
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