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La ‘trombata’ eccellente di quest’anno è una sola: Lady Gaga. Data da molti per favoritissima nel momento stesso in cui è stata ‘castata’ come Patrizia Reggiani in <em>House of Gucci</em>, non agguanta il posto nella cinquina delle attrici protagoniste. Sarà colpa dell’accento più russo che italiano? O del film che, da novello <em>Padrino</em> che voleva essere, si è invece rivelato un pastiche grottesco godibile ma certo non all’altezza di altri titoli in corsa? Dopo il successo di <em>A Star Is Born</em> con l’Academy è già un ‘bad romance’?
Le nomination cosiddette tecniche (fotografia, costumi, ecc) erano ovviamente dovute. Ma non tutti si aspettavano che <em>Dune</em> sarebbe stato un titolo acchiappatutto anche in altre categorie: vedi miglior film e miglior sceneggiatura non originale. Visto che Denis Villeneuve è il creatore di questo immaginario sci-fi, l’ulteriore sorpresa è non vederlo però nominato tra i cinque migliori registi: ma gli sfidanti quest’anno erano di gran peso, e la fantascienza non è di certo mai stata la priorità dell’Academy.
Il film più bello del 2021? Probabilmente sì, almeno per noi. Ma troppo sofisticato e stratificato per arrivare al cuore dei giurati (e, del resto, ancora prima in quello del pubblico). Per noi <em>The French Dispatch</em> avrebbe meritato tutto, comprese le candidature a miglior film e miglior regia. Di sicuro è uno scandalo che non sia riconosciuto il talento smisurato della crew: dalla fotografia alle scene, ogni ‘reparto’ avrebbe meritato un posto di rilievo agli Oscar. Wes, l’Academy non ti merita.
La bravura di Javier Bardem, già Oscar per <em>Non è un paese per vecchi</em> dei fratelli Coen, naturalmente non si discute. Non era però scontato vederlo in cinquina accanto a quelli che sono a tutti gli effetti dei ‘lead’. Il suo Desi Arnaz di <em>Being the Ricardos</em> scompare vicino alla monumentale Lucille Ball di Nicole Kidman, a cui fa da (comunque ottima) spalla. Il red carpet feat. la moglie Penélope (vedi più avanti) però ringrazia.
Judi Dench ha già vinto come non protagonista per <em>Shakespeare in Love</em> con una delle performance più ‘brevi’ di sempre. E anche in <em>Belfast</em>, dove comunque sfodera tutta la sua classe da veterana indiscussa, è un po’ la supporting della supporting. Cioè Caitríona Balfe, attesa da molti in cinquina e meritevole di una consacrazione cinematografica dopo il boom con <em>Outlander</em>.
Non stupisce vedere Penélope tra le migliori attrici dell’anno. Quella in <em>Madres paralelas</em> del suo Pedro è una delle prove migliori della sua filmografia, già premiata con la Coppa Volpi a Venezia. Fino all’ultimo era però minacciata da performance più ‘oscarizzabili’: vedi la solita Gaga o la Aretha di Jennifer Hudson in <em>Respect</em>. A fronte di questo successo, stupisce se mai non vedere Almodóvar nella cinquina dei film stranieri: escándalo!
Sad Affleck strikes back. Nonostante l’Oscar come miglior sceneggiatore (di <em>Will Hunting – Genio ribelle</em>) e miglior film (per <em>Argo</em>), l’Academy continua a non considerarlo per l’attore che è. George Clooney, che l’ha diretto in <em>The Tender Bar</em>, sperava per lui in un riconoscimento quest’anno: niente neanche stavolta. La sua J.Lo, snobbata a suo tempo per <em>Le ragazze di Wall Street</em>, gli dirà come gestire la botta.
La presenza di <em>Drive My Car</em> tra i film internazionali era ovvia, anzi obbligatoria: e infatti è lui il più temibile concorrente del nostro Sorrentino. Ma di certo la presenza del titolo già vincitore a Cannes 2021 tra i migliori film e pure fra i registi (Ryūsuke Hamaguchi) non era un dato in nessun modo prevedibile. Ma l’Academy ci ha insegnato che dopo <em>Parasite</em> tutto è possibile...
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