Come sarà l’estate dei concerti 2021? | Rolling Stone Italia
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Come sarà l’estate dei concerti 2021?

Vedremo molte più esibizioni e qualche artista straniero, ma salvo deroghe le regole saranno più o meno quelle del 2020. «Nessuno un anno fa s’immaginava di trovarsi alle prese con le stesse difficoltà»

Come sarà l’estate dei concerti 2021?

Foto: Fondazione Musica per Roma

Molti più concerti rispetto all’estate 2020 con il parziale ritorno in campo di alcuni big del live promoting che durante la bella stagione dello scorso anno avevano sospeso le attività. La riapertura di punti di riferimento dell’estate italiana come il Magnolia o il Carroponte. Il ritorno di alcuni festival tra cui, stando ai propositi degli organizzatori, il Lucca Summer Festival. La riapertura di spazi come l’Arena di Verona, la scorsa estate chiusa al pubblico e ora messa a disposizione con una capienza che arriva fino a 6000 persone. L’arrivo di qualche artista straniero, ma davvero pochi. L’estate 2021 sembra prospettarsi ben più felice dell’estate 2020, ma a sentire gli organizzatori di concerti la situazione rispetto allo scorso anno non è migliorata, anzi, per molti è addirittura peggiorata e il ritorno di scena non è dovuto tanto a un miglioramento della situazione quanto all’obiettivo di evitare a tutti i costi di rimanere immobili un altro anno.

«Quello che ci stanno dicendo per quest’estate è che se tutto va bene, se le zone gialle non diventano arancioni o rosse si potrà fare esattamente quello che si è fatto l’estate scorsa ossia concerti all’aperto con 1000 persone massimo, sempre che sia meno del 50% della capienza, con il pubblico seduto, distanziato, i dati all’ingresso, i biglietti comprati in prevendita. Poi con quest’idea che le Regioni potrebbero derogare in alcuni casi», racconta Pietro Fuccio, fondatore di DNA Concerti, che la scorsa estate con la sua agenzia di promoting ha portato sui palchi un’ottantina di concerti mentre quest’estate, per quanto sia ancora presto per dirlo, prevede di farne qualcuno di meno. Prosegue Fuccio, riassumendo sostanzialmente il contenuto del Decreto Riaperture dello scorso 21 aprile che detta le linee guida per la ripartenza degli spettacoli con pubblico: «Continuavano a usare questo giro di parole invece di dire “quello che facevate l’altro anno” e ho avuto un po’ l’impressione che ce lo vendessero come una via di mezzo tra un upgrade che non c’era e una novità, mentre avevamo tutti abbastanza chiaro che si parlava esattamente dello scorso anno. Nessuno un anno fa s’immaginava di trovarsi alle prese con le stesse difficoltà».

Eppure, nonostante lo scenario sia rimasto pressoché invariato rispetto al 2020, tanto sui siti di biglietteria quanto su quelli delle agenzie e sui social degli artisti si affollano annunci di concerti e di tour spesso sold out in poche ore considerando i pochi posti disponibili. Niente se paragonato al 2019 o agli anni precedenti, ma abbastanza da far sentire la differenza rispetto allo scorso anno, sebbene Bauli in Piazza stimi che nonostante la cosiddetta ripartenza estiva il 90% dei lavoratori dello spettacolo resterà fermo almeno fino a fine anno. A spiegarlo sono in parte le pressioni di molti artisti che nonostante le riduzioni dei cachet e le pesanti limitazioni hanno chiesto a chi ne cura l’attività dal vivo di poter tornare sul palco, e in parte il ritorno di alcuni organizzatori di concerti, dai più piccoli ai più grandi (questi ultimi i veri assenti dell’estate 2020), che hanno capito che i tempi di attesa per un ritorno alla normalità sono più lunghi del previsto e che se non si fossero adattati al nuovo stato delle cose avrebbero dovuto fermare le attività per un tempo difficilmente preventivabile con certezza.

«Gli artisti in teoria dovrebbero fare quello che diciamo noi, siamo noi che dovremmo dire: ragazzi questa è la situazione sanitaria, queste sono le regole, questo è quello che si può fare», spiega ancora Fuccio. «L’altro anno capisco che fosse un po’ complicato mentre secondo me quest’anno ha prevalso la voglia degli artisti di mettersi in gioco ed è così che in molti di noi si sono un po’ riagganciati alla realtà per cui quest’estate in molti vorranno far vedere che ci sono, che girano, che fanno lavorare le maestranze, che vogliono vedere i fan».

Foto: Aranxa Esteve/Unsplash

Tra chi è tornato in pista dopo avere invece fermato la programmazione la scorsa estate c’è Hub Music Factory, l’agenzia di booking ed eventi che tra le altre cose dal 2018 cura la programmazione del Carroponte, l’arena estiva a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Illustra così il suo punto di vista Alessandro Fabbro, ceo di Hub: «Nonostante tutte queste limitazioni abbiamo voluto provare a fare un programma di piccola ripartenza del settore perché secondo noi due anni di fila senza la musica dal vivo è impossibile, è proprio impossibile stare fermi ancora un anno, per cui questo è un gesto simbolico». Racconta ancora Fabbro: «Da un certo punto di vista rispetto al 2020 le cose sono peggiorate perché l’anno scorso avevi la possibilità di andare oltre le capienze se c’erano dei congiunti, quest’anno invece il limite resta 1000 anche se sono tutti conviventi. Ora però abbiamo i vaccini. Se la campagna vaccinale procede e non ci sono degli imprevisti io credo che il governo interverrà per allentare un po’ le limitazioni. Anche perché il mondo della musica è veramente in ginocchio».

Capienze alla mano, non è difficile capire che quest’estate la ripartenza, sempre che tale la si possa definire, non ha niente a che vedere con una ripartenza economica del settore e spesso i concerti sono resi possibili solo dall’intervento di comuni e regioni. «Il Comune di Sesto San Giovanni ci ha aiutato parecchio per poter riaprire il Carroponte, per poter fare dei concerti quest’estate», racconta ancora Fabbro. «L’aspetto economico non è la nostra priorità, l’importante è ripartire e dare un segnale. Siamo fermi da un anno e mezzo quindi abbiamo prima di tutto un bisogno psicologico di ripartire».

Lo stesso bisogno di cui si parlava lo scorso anno e che nell’estate 2020 aveva dato vita a live set raccolti, di soli artisti italiani, spesso andati in scena in luoghi suggestivi adatti a ospitare le poche persone consentite da quello stesso limite dei 1000 all’aperto che regola – salvo, come da decreto, deroghe regionali o provinciali – le performance dell’estate che ci attende. Come già detto non tutti però nel 2020 si erano mostrati disponibili a tornare in campo alle condizioni proposte e i big del live promoting avevano fatto squadra producendo un manifesto che in nome della prudenza e della sicurezza congelava i grandi live. Per molti di loro, inclusa la multinazionale Live Nation dietro a festival come il Firenze Rocks o il Milano Rocks che ha già spostato il suo cartellone al 2022 e in alcuni casi al 2023, le cose non sono cambiate, ma c’è anche chi pur lavorando con i grossi numeri ha deciso di portare un po’ di musica anche nell’estate 2021.

Lo hanno fatto ad esempio D’Alessandro e Galli, che dopo aver accolto in Italia, negli anni, band e artisti come i Rolling Stones e Roger Waters stanno lavorando per cercare di riportare in vita il Lucca Summer Festival dopo lo stop dello scorso anno. La proposta avanzata dai promoter è quella di portare ad almeno 6000 persone la capienza degli eventi legati alla rassegna e di posticipare il festival a settembre con una line-up tutta italiana che potrebbe includere – ma al momento si tratta solo di ipotesi – artisti come Venditti, De Gregori, Baglioni e Paolo Conte. Summer Festival a parte, D’Alessandro e Galli sono tra i pochi promoter che si sono assunti il rischio di portare artisti stranieri in Italia fissando ad esempio alcune date di Ben Harper che hanno fatto brillare gli occhi a molti in un’estate di musica italiana. Spiega Mimmo D’Alessandro: «Per il 2021 è quasi impossibile portare artisti stranieri in Italia e abbiamo lavorato non poco per cercare di convincerlo a fare alcune date. Anche se in realtà la voglia di lavorare che abbiamo noi e loro ce l’hanno ancora di più».

Il problema è essenzialmente legato alla precarietà dei tour internazionali e al sistema delle quarantene che impedisce di spostarsi con agilità da un Paese all’altro. Da un punto di vista economico poi chiaramente investire su imprese tanto rischiose potrebbe rivelarsi un salto nel vuoto. Anche senza puntare agli artisti internazionali, però, le cose non sono semplici. «Faremo un’edizione un po’ light, un po’ low profile, tanto per ripartire, perché dobbiamo ripartire», racconta D’Alessandro a proposito del progetto Summer Festival 2021. «La speranza è di arrivare al 2022 con full capacity e con un’edizione importante da far dimenticare questi due anni orribili. Faccio questo lavoro da più di 40 anni e non ho mai lavorato tanto come ho lavorato quest’anno. Non sono mai stato fermo un minuto senza incassare un euro».

L’Arena di Verona potrà portare la capienza a 6000 persone. Foto: Tao Qi/Unsplash

Se il Lucca Summer Festival per il 2021 punta proprio sulla zona grigia che è lo spazio di manovra affidato dal governo a regioni e province sulle capienze – la stessa zona grigia che quest’estate permetterà all’Arena di Verona di accogliere 6000 spettatori – nel mondo del live promoting qualcuno invoca invece uniformità, regole valide per tutti. Francesco Cattini è titolare di IMARTS (International Music and Arts) e membro di P.E.R. – Promoter Emilia-Romagna che rappresenta una trentina di realtà operanti nel settore dello spettacolo, dai promoter ai service tecnici fino alla vigilanza. Dal suo punto di vista quest’estate «le possibilità sono simili a quelle dell’anno scorso, ma con una prospettiva migliore verso il termine dell’estate. Agosto e settembre sono due mesi molto buoni per organizzare e se i numeri saranno quelli che immaginiamo in quei mesi potrebbero esserci delle piacevoli sorprese». I passaggi più fumosi del decreto Riaperture, però, non aiutano. Sottolinea Cattini a nome di P.E.R.: «Chiediamo che se c’è un protocollo che sia quello, che sia quello per tutti, non in Lombardia una cosa, in Veneto un’altra e in Toscana un’altra ancora. Persino all’interno della stessa regione alcune misure, come ad esempio la richiesta di tamponi, vengono lasciate alla discrezione dell’organizzatore». E quando si parla di protocolli si parla in primo luogo di capienze. Spiega ad esempio Rolando Rivi, che di P.E.R. è presidente: «In questo momento quelli che stanno organizzando le cose lo stanno facendo sulla base dell’ipotesi che ci sia un allargamento quanto meno di 2000 persone, ma la situazione è molto liquida. Siamo in una fase talmente particolare che questi sono auspici e speranze ma al momento c’è una norma che prevede 1000. Il buonsenso e le esigenze economiche prevederebbero di non fare nulla: chi sta programmando è perché spera».

Anche perché, anche mettendo momentaneamente in secondo piano i dettagli del decreto, il rischio che «tutto salti perché qualcuno è tornato dalla Croazia dove non ha messo la mascherina e ha infettato un paese della regione dove devo fare il concerto è un bel problema, non credo che sia risolvibile», fa notare Fuccio di DNA Concerti. Combattendo contro l’incertezza, DNA ha fissato anche le date italiane dei Kings of Convenience, ma in autunno, «quando dovremmo essere più avanti con la campagna vaccinale e quindi ci aspettiamo un abbassamento delle misure. Ma ti dico la verità, io mi aspetto più il contrario perché una cosa di cui sono abbastanza certo è che quando si parlerà di pareti e soffitto sulla testa chiaramente la prudenza verrà aumentata a dismisura visti i precedenti dello scorso anno, per cui è un tentativo». Speranze, ancora una volta: «Abbiamo comunque fissato questi concerti immaginando una capienza al 50% quindi stando più o meno nei parametri di oggi. Il 50% degli spazi che andiamo a usare non è 500 persone (il limite fissato dal decreto per gli spazi al chiuso, ndr). Quindi teoricamente se quelle leggi restassero in vigore quei concerti non ce li faranno fare. Rientra tra i tentativi che tutti stiamo facendo di portarci un po’ avanti immaginando che nei mesi certe cose vengano superate e certi limiti vengano fatti cadere o allentati. Anche perché se no dovremmo semplicemente continuare a dire: fateci sapere quando possiamo ricominciare a lavorare».

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