Cristina D'Avena, intervista: «Sono felice di essere un'icona gay» | Rolling Stone Italia
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Cristina D’Avena: «Sono felice di essere un’icona gay»

Il nuovo album di duetti, l’amore per il pubblico gay, le foto sexy su Instagram e la partecipazione all’Isola dei Famosi. La regina delle sigle tv si racconta e già immagina i prossimi duetti.

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È l’unica unica donna ad aver debuttato al primo posto delle classifiche di vendita ed è anche l’unica donna nella Top 20 delle charts degli album più venduti nel 2017. Cristina D’Avena, la voce che ci ha – letteralmente! – cresciuto a suon di sigle e telefilm (come dimenticare l’epopea di Mirko e Licia?), torna con un secondo album di duetti.

La regina dei cartoni animati intona sedici sigle con altrettante star della musica italiana: da Carmen Consoli a Elisa, passando per Patty Pravo, Lo Stato Sociale, Shade e The Kolors. Ognuno ci ha messo del suo et voilà, ecco Duets Forever – Tutti cantano Cristina. Perché le sigle della D’Avena le cantiamo da anni proprio tutti. Quando me la trovo davanti la prima cosa che penso è: «Ma allora esiste davvero!». Perché lei è un po’ come i personaggi del calibro di Babbo Natale o il topolino dei denti. Da bambini crediamo esistano, ma aleggia nell’aria qualche dubbio che speriamo venga dissipato. Fatti sparire tutti i dubbi iniziamo l’intervista.

Fai il bis con Duets Forever – Tutti cantano Cristina, dopo l’enorme successo del primo album.
È stato un progetto incredibile. Era da un po’ che mi frullava in mente questa cosa di ricantare le mie canzoni con alcuni colleghi. Ma era una cosa che si diceva e basta.

Cosa ti ha dato la spinta?
Quando ho partecipato a Sanremo, nel 2016, il caso ha voluto che ci fossero Alessio Bernabei, Arisa, Francesca Michielin, tutti artisti giovani che, appena mi hanno vista, hanno cominciato a cantare le mie canzoni. Ma proprio subito, appena entrata in camerino. E così pure i giornalisti. Insomma, ci fu una grande festa dietro le quinte. A quel punto, ancora di più, mi convinsi che dovevo fare un disco di duetti.

Da chi è partita?
Iniziai proprio da Alessio Bernabei. Gli chiesi «Alessio, scusa, ma se io cantassi una canzone con te?». Mi rispose che era il sogno della sua vita. E così sogno dopo sogno, ho cantato sedici tracce con sedici artisti. Ed è stato un successo.

Perché secondo te?
Perché ogni artista ha messo il cuore e, bene o male, ha scelto la sigla preferita. Alessio Bernabei All’arrembaggio!, Arisa Magica, magica Emi, Annalisa Mila e Shiro due cuori nella pallavolo. Quindi, ognuno, avendo una sigla nel cuore, ha avuto la possibilità di scegliersela e ricantarla. È stato bellissimo.

Ma tutto questo successo te lo aspettavi? Insomma, sei stata l’artista donna che ha venduto di più nel 2017.
Mi aspettavo grande curiosità, ma non tutto questo successo. Non sono troppo esuberante e, caratterialmente, faccio sempre un passo indietro piuttosto che 40 avanti. Quando sono arrivata prima in classifica mi sono detta che, forse, avevo ragione. È stata una grande soddisfazione.

Ci sono stati cantanti che, se nel primo disco hanno rifiutato, poi, dopo averne visto il successo, si sono proposti per il secondo?
Diciamo che qualche artista era impegnato. Devo essere sincera, sembrerà strano, ma non ho avuto molti “no”. Chi non ha potuto partecipare nel primo volume aveva il tour, un disco in uscita o non riusciva a farlo. Quindi non ci sono stati dinieghi netti da artisti o manager. Erano tutti molto solleticati. Poi qualcuno ha accettato immediatamente perché ci ha creduto o perché, magari, aveva voglia di farlo subito. Qualcun altro era impossibilitato e non ha partecipato al progetto. Però ti dico che gli artisti del primo Duets sono stati tutti quelli che, alla prima telefonata, hanno sorriso dicendo «Sì, ti prego, figata!».

Ma chi aveva rifiutato?
Diciamo che, considerato che alcuni artisti erano impossibilitati a partecipare, non mi va di dire chi ha dovuto dire “no”. Perché magari l’ha fatto per problemi discografici.

In questo sequel come hai scelto il cast?
Come nel primo progetto, sono artisti che amo. Mi sono fatta un disco per me, con artisti che ascolto, che mi piacciono e trovo adatti a questo progetto. Ad esempio, Lo Stato Sociale canta Ti voglio bene Denver ed è proprio una canzone che hanno voluto loro. Il manager mi disse che avevano questa preferenza e, infatti, mi hanno fatto un arrangiamento bellissimo. La tracklist l’ho scelta io, ma poi gli artisti dicevano la loro. Ad esempio The Kolors hanno scelto Alvin Rock’n’roll perché sono tre cugini.

Effettivamente appena ho letto la tracklist e ho visto il brano dei The Kolors, ho subito pensato che fossero perfetti per quella sigla.
E poi l’hanno cantata benissimo, l’hanno arrangiata loro. È stato tutto il lavoro di grande sinergia e di cuore. Alessandra Amoroso, invece, canta Il mistero della pietra azzurra perché la cantava sempre. Sono nate così le collaborazioni ed è stato, anche questo album, molto emozionante.

E con Patty Pravo che canta la Canzone dei Puffi com’è andata?
Che carina! Ho voluto ripetere la situazione di Occhi di gatto con la Bertè. Ho conosciuto meglio Patty quando ho partecipato allo speciale Festival dello Zecchino d’Oro, perché venne a cantare il brano Fammi crescere i denti davanti che, tra l’altro, è difficilissima. Mi fece i complimenti, rendendosi conto di quanto fosse complicato interpretare un brano per bambini, immaginava la difficoltà di cantare le sigle e mi confessò che, da quel momento, se le sarebbe ascoltate tutte. La cosa è finita così.

E poi?
Quando mi si è presentata la Canzone dei Puffi, il mio primo pezzo, che apre pure il disco, ho pensato di volere un artista con, alle spalle, una grande esperienza. Allora faccio al mio produttore «Ma la Patty?».

E lui?
Mi fa «Ma la canterebbe?». Io ci ho provato. È stata di una carineria! Mi ha subito detto che la voleva fare e di mandargliela. Le dissi che era una canzone rock. E così è andata. Poi, però, il suo assistente mi chiama e mi dice che Patty non può fare la voce di Gargamella. Mi sono messa alla ricerca di chi lo potesse interpretare. Visto che adoro Fabio De Luigi ho provato con lui, ma non pensavo proprio dicesse subito di “sì”. E invece…

Soddisfatta?
Be’ è una canzone molto trionfale. I puffi, che aprono il disco, me li vedo tutti in fila che si presentano. È un onore.

A questo proposito. Ho notato che, sia nella Canzone dei Puffi con Patty Pravo che in Sailor Moon e il cristallo del cuore con Carmen Consoli, entrambe hanno cantato con tonalità talmente alte che non sembrano neanche loro.
Sì, perché le canzoni sono alte. Ho cercato di tenere il mood allegro di questi pezzi, cercando di non abbassare la tonalità originale.

L’unica che ho riconosciuto al primo colpo è stata Dolcenera con Georgie.
Be’ Georgie non è altissimo come pezzo e, come timbrica, è molto nelle sue corde. In realtà, più che Carmen, Elisa ha cantato Memole dolce Memole alta. Ognuno ha, comunque, dato la sua interpretazione nella tonalità originale. Mi sono impiccata anche io eh! Non mi sono risparmiata, anche perché le ho cantate a 20 anni e la voce era diversa.

Carmen Consoli canta Sailor Moon e il cristallo del cuore, Pezzali si cimenta in Robin Hood, Le Vibrazioni intonano Batman. Quando sono andati in onda questi cartoni credevo fossero un po’ grandicelli. Come mai hanno scelto quelle canzoni?
Batman l’ho proposto io a Francesco Sarcina perché avevo bisogno di una timbrica come la sua. Molti brani erano già stati scelti. Con Le Vibrazioni sono andata a botta sicura. Poi Francesco ha ascoltato la sigla, si è documentato…

Addirittura?
Quando si entra in questi cartoni non è così automatico. Non è che si canta la sigla e immediatamente si diventa Batman come, in realtà, dovrebbe essere. Io gli ho fatto ascoltare l’originale per capire cosa ne pensasse. E gli è piaciuta moltissimo. L’ha cantata a modo suo, con il gruppo che fa il coro, mi è piaciuta davvero molto.

E invece Carmen Consoli e Max Pezzali?
A Carmen piaceva Sailor Moon e siccome per questo cartone ho cantato cinque sigle andate in onda negli anni, lei ha individuato Sailor Moon e il cristallo del cuore e dicendo che le sarebbe piaciuto farla in versione acustica. È venuta una cosa molto bella. Robin Hood l’ho data a Pezzali perché sembra una sua canzone, è fatta proprio per lui.

Senti, ma a eccezione dello Stato Sociale, mancano gli indie: Thegiornalisti, Calcutta, Gazzelle.
Eh lo so, lo so, non ci sono. Calcutta non ci sono riuscita, purtroppo, probabilmente perché stava iniziando il tour o stava ultimando il nuovo disco. Pazienza.

Cosa volevi fargli cantare?
Mi sarebbe piaciuto dargli Batman.

E invece Thegiornalisti?
Thegiornalisti non hanno potuto sempre perché avevano problemi con l’uscita del disco, ma l’avrebbero fatto. Però non è detto.

Be’ potresti fare un Duets – indie edition
Ahahahah! Potrei fare un repack con due brani in più, perché no.

Con chi ti piacerebbe duettare?
Tiziano Ferro.

Che non c’è, effettivamente.
Mi piacerebbe fare un duetto con lui. Anche con Jovanotti, ma ormai non lo dico più perché tanto non duetta con me.

Cosa le piace di Jovanotti?
Lo trovo in linea con la mia musica e il mio pubblico. Sono andata spesso ai suoi concerti – come spettatrice, non nella tribuna d’onore – e ti confesso che il pubblico mi ha fatto foto e mi ha chiesto se andassi a duettare con Lorenzo. Siamo nati artisticamente nello stesso periodo e abbiamo fatto crescere le stesse generazioni.

Jovanotti a parte?
Vasco. Se fossi riuscita a farlo entrare nel progetto un bel Batman glielo avrei fatto fare.

Batman ti deve piacere molto. Vedo che riciccia sempre.
Sì, è un bellissimo cartone animato, ma poi ai concerti, quando faccio il nome di Batman il pubblico esplode. Cominciano a cantarla con me e io impazzisco.

Cambiamo discorso. Ma le foto sexy su Instagram che hanno fatto impazzire il web? No, parliamone.
Guarda, io non faccio tantissime foto, ma non perché non mi piaccia, ma non sono una che si mette sempre in posa. Quest’estate, un amico mi fa «Dai, facciamo delle foto e poi le postiamo su Instagram», ma sai quelle cose che si dicono tanto per dire? Anch’io sono una donna, le ho fatte e gli ho detto «Adesso vediamo che succede». È successo di tutto.

Come hai reagito?
Da donna ti dico che sono estremamente contenta, perché quando ti arrivano 8.300 commenti positivi…

Molti erano un po’ troppo positivi…
Lasciamo perdere i commenti hard. Però ci sono anche quelli alla fine no? Però mi ha fatto molto piacere perché sono molto discreta e, caratterialmente, non amo il gossip. Cerco di proteggermi perché non mi serve, non mi interessa. Questa delle foto di Instagram è stata una cosa frivola mia, ma non potevo pensare che i giornali prendessero la mia foto e la postassero, sinceramente. Questo dimostra che i social sono importantissimi, perché sono più veloci di molte altre cose. Anche se io non sono pronta. Uso ancora il block notes e scrivo. È più forte di me, ma non mi trovo male. Capisco, però, che tutto è cambiato.

Ti sei mai autocensurata? Nell’immaginario collettivo appartieni al mondo dei più piccoli.
Cerco di non fare stupidaggini. Ognuno di noi ha self control e intelligenza. Cerco di essere una persona tranquilla, serena e con una dignità. Sono me stessa e un po’ mi contengo. So perfettamente che sono un personaggio pubblico. E non voglio dare un’immagine che magari non è la mia: se sono solo un po’ sovraeccitata per qualche motivo, cerco di controllarmi. Poi c’è chi preferisce farsi vedere ovunque e rischiare. Io cerco di stare più tranquilla e, se devo essere esuberante, lo faccio a casa mia.

Sei un’icona gay, lo sai.
Sì, e ne sono molto felice. Prima non me ne rendevo conto, perché i messaggi e le lettere le ricevevo già agli esordi.

Ah sì?
Mi ricordo che, da ragazzina, mi scrisse una lettera un ragazzo che voleva diventare donna e si rifugiava nelle mie canzoni. Mi scriveva dicendomi che ero l’unica amica che aveva. Pensava che potessi essere l’unica persona che capiva ciò che provava, ma io non me ne rendevo conto. Ero piccola, leggevo la lettera e non capivo dove volesse arrivare.

Come mai ti ricordi questo episodio in particolare?
Perché questo ragazzo, che adesso è una ragazza, è venuta ai miei concerti e si è presentata. Mi ha molto emozionato. Abbiamo chiacchierato e pianto. È stata una cosa molto forte. Adesso sono più cosciente di quello che succede, faccio molto serate nei locali gay ed è un pubblico strepitoso, mi vogliono davvero molto bene. Tanti miei collaboratori sono gay. Mi capiscono al volo e io li capisco al volo.

Ti sei mai chiesta il perché?
Forse perché questo mio mondo appartiene, un po’, a questi ragazzi che si sono davvero rifugiati nelle mie canzoni. E hanno avuto la possibilità di sognare con Creamy, Sailor Moon ed Emi, simbolo di trasformazione. Mi faccio lunghe chiacchierate con loro, anche con le drag queen che imitano i personaggi delle sigle, mi guardano e si commuovono.

E tu?
Mi commuovo con loro. Sono contenta perché, la mia musica, deve fare felici. Non voglio che sia un ostacolo o che vada bene solo per qualcuno. Deve piacere a tutti. È giusto che sia così. La mia musica è universale, da ascoltare anche quando si è tristi, perché no. Aiuta a tirare fuori allegria, a cambiare umore.

Però non sei mai stata madrina di un Gay Pride?
Credo mi avessero chiamato qualche anno fa, ma non sono potuta andare, però onestamente non ricordo.

Passiamo a Sanremo. Tante volte si è parlato di un tuo possibile approdo in gara tra i big, ma poi niente.
Guarda, io non impazzisco per andare in gara. Ho iniziato nel 1981, ho venduto tante copie, cresciuto generazioni. Dovrebbe arrivarmi un pezzo davvero per tutti.

Be’ è difficile.
Capito? Io sono una cantante per tutti. Non faccio musica pop, ma la faccio per grandi e piccini. Se arrivasse una canzone particolare e nelle mie corde… Oppure ne scrivo io una perché ho qualcosa di grande da dire, allora potrei pensare alla gara. Ma non è che se non vado in gara mi sento di serie B, come dicevano una volta.

Cosa dicevano?
Che le sigle sono brani di serie B.

Ma qualche brano per Sanremo ti sarà arrivato.
Mi è arrivato, ma sinceramente non mi piaceva. Però se Baglioni mi chiamasse come super ospite ci tornerei.

Magari ti chiama a condurlo, visto che hai avuto anche esperienze da conduttrice.
Sì, certo. Magari! Mi basterebbe cantare con Baglioni. Però, certo, in passato ho presentato tanti programmi, mi piacerebbe.

Ti abbiamo vista a Colorado e Sanremo Young. Altra tv in vista?
Farò lo Zecchino d’Oro, lì ci sono nata. Avevo due anni quando sono entrata all’Antoniano di Bologna.

Ti hanno mai proposto, invece, di fare la giudice a un talent?
No, ma guarda, io sono un po’ particolare.

In che senso?
Sono troppo sensibile, mi verrebbe difficile dire a un concorrente «Mi dispiace, ma non passi, non mi sei piaciuto». Credo non sia proprio così facile. Se lo dicessero a me ci starei malissimo. Anche a Sanremo Young, con il ragazzino davanti che mi fissava, non riuscivo a essere cattiva. Infatti intervenivo il giusto.

Però in un talent ti ci avrei vista bene.
Mi solletica molto l’idea, ma dovrei superare questa cosa. Anche perché magari un ragazzo potrebbe dire «Ma tu chi sei?».

Ma quale talent faresti?
Amici di Maria De Filippi mi piace. È appassionante, i ragazzi studiano veramente e il programma è strutturato bene. Quando posso lo guardo.

E sarebbe anche tornare a Mediaset, per tanti anni la tua casa.
Be’ sono nata anche un po’ lì.

Magari ci torni con l’Isola dei Famosi, visto che sei data per papabilissima partecipante.
No, ti prego, me lo stanno dicendo tutti. Non so chi l’abbia scritto.

Ma te lo hanno chiesto comunque?
Duecentocinquanta volte. Da quando lo conduceva la Ventura.

Dimmi un po’…
Mi chiamava a casa la Ventura e mi pregava di partecipare. A parte il fatto che non prendo l’aereo.

Non prendi l’aereo?
Lo prendevo da ragazzina, poi sono rimasta chiusa in ascensore tanto tempo, al buio e ho avuto uno shock probabilmente.

Ok, ma torniamo all’Isola.
Sono discreta, non amo il gossip, lì hai la telecamera puntata 24 ore su 24. Devono riprendere tutti i momenti tuoi più particolari, quindi autori e cameramen ti seguono e, appena hai un momento di défaillance, ti riprendono. Quindi no. Non partecipo.

E una sitcom tipo Arriva Cristina? Non posso credere non ti abbiano mai riproposto di farla.
Invece ci devi credere. Quando la tv dei ragazzi ha iniziato ad avere il suo declino, più nessuno ha azzardato. E io sono convinta – e te lo potrei sottoscrivere – che una sitcom musicale, ma anche solo una continuazione di Arriva Cristina, avrebbe successo. Vedi quanti prodotti compriamo dall’estero?

Perché non provi su Netflix?
Si potrebbe fare anche una storia attuale. Perché i ragazzini di oggi mi conoscono tutti. E i personaggi che, come me, hanno cresciuto generazioni continuano a ricevere messaggi. Io ho tanti fan che fanno vedere le mie sitcom ai figli. Forse devo produrla da sola.

Ma tu hai captato un momento in cui è finita l’epoca d’oro della tv per ragazzi?
Non ti so dire perché. Me lo sono chiesta anche io. Facevamo il Game Boat – che andava benissimo – e lo hanno chiuso, i telefilm chiusi, mai più fatto Sabato al circo o Buona domenica, te la ricordi?

Come no.
Sono stata tre anni nel cast fisso, poi più niente. La Carlucci era spericolata, voleva fare sempre i giochi prima, si metteva l’elmetto e partiva. Che simpatia.

E poi adesso non c’è più la tv dei ragazzi sulle generaliste, ma i canali dedicati.
Esatto, ci sono i cartoni. Ma mi auguro ritornino le sitcom.

Cristina, sei di Bologna, una città molto inclusiva. Cosa pensi degli ultimi episodi di razzismo in Italia?
Lo stiamo notando e leggendo ovunque che il problema della discriminazione è sempre più forte ed evidente. L’unica cosa che faccio, spesso e volentieri, durante i miei concerti, è parlare tanto, soprattutto ai giovani. Non di tematiche particolari, ma cerco di fare capire loro – al pubblico che viene a passare qualche momento di svago con le mie canzoni – di divertirsi un po’ di più, con le cose più semplici. Quando le location lo permettono, poi, chiedo a tutti di dare la mano al vicino, chiunque esso sia, per sentire ciascuno il calore dell’altro. È per me una delle forme più importanti di comunicazione. Il prossimo è un nostro amico, di qualunque colore esso sia. Bisogna volersi bene. Tutto qua.

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