Giorgia: il suo anno migliore, migliore, migliore | Rolling Stone Italia
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Giorgia: il suo anno migliore, migliore, migliore

Sanremo, tour, ora il nuovo disco 'G'. In questi anni Giorgia ha capito «che la vita è fatta di fasi» e ora non le manca più niente. Solo «il tempo» e un cameo in 'Sensualità a corte'. L'abbiamo intervistata

Giorgia: il suo anno migliore, migliore, migliore

Giorgia

Foto: Ursu

Non ve lo dobbiamo dire noi che per Giorgia è stato un anno incredibile. A febbraio, prima del Festival, avevamo annunciato la sua Reinassance (e ci avevamo preso). Sono seguiti mesi densissimi: singoli, tour, televisione. Tutti la vogliono, tutti la cercano. A completare quest’anno oggi esce il suo nuovo disco, G, il primo da Blu del 2023, che non era andato come sperato. Lei dichiara di essere Teminator («che lo accoppano ma poi torna insieme») e che «la cosa bella di non avere vent’anni è che le cose possono cambiare, si possono trasformare. È una cosa meravigliosa, sono felice di averla capita. Me lo avessero detto dieci anni fa non ci avrei creduto. Mi davo per finita a 26 anni, figurati».

Ed è un po’ come se la sua storia fosse quella di tutti. La cosa della ruota che gira, del non perdere le speranze, dell’accettare che gli avvenimenti fanno il loro corso. In questa fase, Giorgia è grata. Lo dice tantissime volte. Al pubblico, alla sua etichetta, a tutti quelli che lavorano con lei. «Niente è scontato». E se la vediamo da un’altra angolazione, la sua è anche una storia che può e deve essere di ispirazione per tutte le artiste donne a cui vengono appioppate date di scadenza.

Finita la parte seria, non si può non parlare della Giorgia che fa ridere, ormai lo sanno tutti. Complice la tv, i social (che comunque la spaventano, ma ci arriviamo). La nostra The Voice è una battutista, ed è anche una che parla di tutto a ruota libera, salvo poi correggersi con un: «Questo non lo dovevo dire. Vabbè».

Ci sediamo nel suo camerino dopo la conferenza stampa di presentazione del suo nuovo disco. Come l’altra volta, senza chiederlo arriva del vino su quello che sembra «il carrello degli arrosti» di un ristorante di provincia. Propongo un sorso prima di iniziare. «Bravo, sai vivere», mi risponde.

L’ultima volta che ci siamo visti mi avevi detto che avresti voluto tantissimo un’altra canzone in classifica. Spoiler: è successo.
La cura per me è stata incredibile, non credevo così. Poi con ’sto fatto dei social uno si rende conto di più. Anche Di sole e d’azzurro la cantavano tutti, ma non lo so, non avevo la percezione che ho ora. La cantano i bambini, gli anziani…

Sì, la sento nei reel dei baby shower, come colonna sonora di Temptation Island, robe così.
Tutto (ride). Un giorno ho aperto la finestra di casa, io abito davanti a un palazzone, e c’era una signora che la cantava fortissimo. Lì ho capito. Blanco è stato proprio bravo comunque. Ha detto proprio: “Scrivo questo pezzo perché voglio farlo arrivare a lei”. Poteva tenersela, per dire.

L’hai inserita nel disco come duetto. Spacca.
La sua versione era un vero gioiellino. Piano e archi, una roba pazzesca. Mi sembrava proprio bello farlo insieme.

Giorgia - LA CURA PER ME (Lyric Video) ft. BLANCO

Adesso però è il momento di G. Come ti senti alla vigilia dell’uscita? In conferenza hai parlato del tuo disco precedente, Blu, che non era andato tanto bene.
A me però piaceva da morire. Non lo rinnegherò mai.

Anche a me. Aveva una direzione super chiara, R&B.
C’era un pezzo che avevo scritto, Se, che secondo me era bellissimo. Poi Meccaniche celesti, pure bellissimo. Quel pezzo l’ho scritto quando è morto Battiato, ho sentito che il cielo mi ha detto “qua ci devi mettere le parole Meccaniche celesti”. Però oh, è andata così. Se non fossi tornata lì, quest’anno sarebbe andata diversamente.

E invece il disco nuovo com’è? Perché G?
C’era questa questione del titolo. Scegliere la frase di una canzone non era abbastanza. In questo disco ho scritto pochissimo ma ci ho messo tanto di me comunque, quindi G è proprio l’essenza. Poi c’è tutto un collegamento con il passato.

Cioè?
Il mio primo disco si chiamava Giorgia. Abbiamo tenuto la G. Poi i miei amici, i miei musicisti, mi chiamano tutti G, in modo confidenziale. Poi c’è anche un po’ una simbologia…

Vorrei sapere tutto.
Allora, G è la settima lettera, ed è anche il numero che mi contendevo con Baudo, perché era anche il suo. In musica G è l’accordo di Sol, che è il mio accordo ideale, io sono un po’ fissata con i numeri. Potrei continuare.

Prego.
Il mio numero è il 7, Emanuel (Lo, il suo compagno) è nato l’11 e Samuel (il figlio della coppia), il 18. Capisci? Assurdo. Vabbè poi 7 è anche 3 più 4. 3 è il numero dello spirito e 4 è materia. Il disco Blu si basava su unire la mente con il cuore, con l’anima. E anche qui c’era un po’ di proseguimento di quel concetto. Come si fa unire la mente col cuore?

A me lo chiedi…
Il problema è che mente gestisce tutto, si sente anima. In questo disco secondo me c’è tutto, c’è mente e c’è anima. E forse il fatto di non aver scritto in prima persona ma di aver scelto le parole giuste ha fatto sì che le canzoni fossero ancora più mie. Sentivo ancora di più la responsabilità della scelta.

Qualche mese fa mi avevi detto che avevi dovuto reimparare a cantare, a me sembra invece che dopo quest’anno le persone si siano riabituate ad ascoltare Giorgia. Che dici?
Effettivamente La cura per me ha rimesso un po’ in moto la ballad, il canto. Però è vero che ci sono state tante canzoni che mi hanno messo nella condizione di dovermi esercitare, di provare, riprovare. È stato bello, sai? Perché ho dovuto utilizzare quello che sapevo per fare altro, riuscendo a essere comunque me. Tipo La cura per me, no? Che ha una strofa super contemporanea ma un inciso classicissimo.

Possiamo dire sia un disco in cui racconti l’amore maturo?
Le problematiche di un amore duraturo, sì. Quando rischi di abituarti, di dare per scontato, che poi secondo me è la cosa peggiore.

Perché altrimenti poi ti rompi le palle.
Sì. Per molti uomini questa cosa è percepita come tematica femminile, roba a cui non dare importanza. Invece è importante. Oggi mi devi dimostrare più di ieri! (ride)

Giorgia. Foto: Ursu

In Odio corrisposto canti una frase stupenda: “Tutta la vita l’aspettare un altro treno ma per andare dove”. Ti sei sentita così?
Sì, ho sempre un po’ la sensazione che faccio una cosa ma forse dovrei farne un’altra. Come quando mi dicono: “Dovresti cantare altre canzoni”. “Ma quali canzoni?”, dico io. È un po’ la pressione che viviamo noi che siamo sempre insoddisfatti, pensiamo che potremmo fare meglio e invece ogni tanto uno deve anche godere quello che è e quello che ha.

È difficilissima quella roba lì.
Difficilissima. Però è necessaria. A un certo punto bisogna capire e dire “ok, sto qua, devo stare qua e non altrove”. Anche contro la nostalgia, contro questo senso di non aver vissuto appieno qualche periodo. Basta, è andata, bisogna andare avanti.

In questo disco canti un po’ tutte le emozioni di una donna con la tua storia.
Ora punto su quello. Un tempo volevo parlare della guerra, del mondo che muore, dell’ecologia. Adesso credo sia importante dare una visione, l’impronta di un’attitudine che sia buona. Per cercare di non essere preda delle emozioni, ma per passarci in mezzo.

Ti salva un po’?
Sì, l’emozione è limitante, ti tiene in uno spettro. L’emozione è sopravvalutata secondo me.

Mette un po’ di paletti. L’altro giorno camminavo, sbuffando, mi sono girato a vedere una vetrina e c’era l’insegna luminosa con scritto: “It’s all in your head“.
Che bello! È vero. È come se ti specchiassi e vedessi solo quello che suggerisce la tua testa. A volte abbiamo la verità davanti e non si vede. Siamo abituati a curare solo il corpo, ma dobbiamo ricordarci che il corpo lo lasciamo qua. A volte mi dico: “Tanto qua marcisce tutto!”. Però la crema la sera me la metto lo stesso.

Eh, lo so. Torniamo al disco: Paradossale farà impazzire i tuoi fan.
Speriamo. Ha tante parole. Secondo me dal vivo la sbaglio.

Non usi il gobbo?
Io purtroppo non so leggere e cantare allo stesso tempo. L’ho fatto una volta sola, con Piovani, da Fazio. Non avevo imparato il pezzo alla perfezione, col gobbo mi sono sbagliata e da allora basta.

Hai visto che Marco Mengoni ti ha omaggiato recentemente? Poi vabbè, anche con Annalisa ormai siete BFF. Possiamo dire che sei un po’ “madre” di quelli venuti dopo, come dice la Gen Z?
Oh, madre! Lo conosci?

Se lo conosco? Vivo per Jean Claude.
Sai che Madre l’ho conosciuta? Lei è arrivata e mi ha detto: “Ciao Giorgia, che bello, volevo tanto conoscerti, sono Madre”. E io ho urlato: “Oddiooooo”.

Ma scusa, tu non hai mai fatto un cameo nella serie?
Mai! Ho fatto Call My Agent, che era un mio sogno, e ora manca questo. Non ho l’ambizione di fare lo stadio, ma questo sì.

Giusto.
Comunque, parlando di madri, io devo tutto alle madri. Sono loro che hanno fatto ascoltare le mie canzoni ai figli. Marco me l’ha detto da subito che sapeva a memoria i cori di alcune mie canzoni, Annalisa pure mi ha detto che ha iniziato a cantare con Come saprei. Incredibile, perché io mi sento ancora allieva di Whitney Houston.

Parli spesso di discografia, di come sia cambiato tutto e di come questo tuo team ti abbia dato possibilità di fare robe. Cosa dici ai ragazzi di X Factor?
Guarda, io alla loro età avrei smesso prima di cominciare. Se avessi vent’anni e fossi com’ero nel ’94, non ce la farei. Alla prima esibizione, leggendo i commenti social, mi sarei fermata. Più che altro cerco di dare loro un consiglio emotivo: fare quello che sentono, perché la realtà viene fuori. E lo dico sul serio.

Spiegati meglio.
Se tu sali su un palco sei coraggioso, lo fai perché c’hai quella spinta e quella voce interiore. Quella fiammella la devi proteggere da tutto e da tutti, senza farla inquinare dalle copie, dai numeri, dalle esigenze dal successo, ma pure da noi stessi. Perché anche tu sei nemico di quella voce a volte. E devi cercare di capire chi sono gli amici, quelli che ti aiutano a proteggere quella vocina. Solo con loro devi lavorare.

Le cose sono sono molto diverse ora.
I giovani hanno una spinta di successo, di fama, di soldi, e a vent’anni magari non hai le risorse, e in alcuni casi ci sono pure le famiglie che spingono verso cose che non capiscono. A X Factor c’era un ragazzo stupendo, che purtroppo non è entrato ma che secondo me era bravissimo, che mi aveva detto prima di fare il provino che lui ce la doveva fare anche perché doveva aiutare sua madre. Mi ha colpito tantissimo.

Cosa ti manca, oggi?
Mi manca il tempo.

E un cameo in Sensualità a corte: lanciamo ufficialmente un appello…

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