Rossellini uomo aperto | Rolling Stone Italia
anno zero

Rossellini uomo aperto

Alla Festa di Roma (e in sala il 3, 4 e 5 novembre) ‘Più di una vita’, il bellissimo documentario che celebra il genio ma anche la figura dietro il mito. Che cercava, innovava, scopriva. E che forse non capiremo mai

Rossellini uomo aperto

Roberto Rossellini

Foto: Archivio Luce Cinecittà courtesy B&B Film

Se avete visto The Rossellinis, il più bel documentario degli ultimi duecento anni, sapete come funzionava quella famiglia. O almeno vi siete (ci siamo) convinti di saperlo. E sapete chi era l’uomo Roberto Rossellini al di là del genio, del maestro, del padre del cinema italiano oltre che di Robertino, Isabella, e tutti gli altri. Anche se, dice proprio Isabella, «non so se sei stato un genio o un folle», e figurati se lo sappiamo noi o se lo può dire, oggi, il cinema.

Roberto Rossellini – Più di una vita, premio del pubblico all’ultima Festa di Roma, in sala solo il 3, 4 e 5 novembre con Fandango, co-firmato a tre (Ilaria de Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti; Massara aveva collaborato in scrittura a The Rossellinis), è l’altro bellissimo documentario che non sbroglia la questione, e che però inquadra ancor meglio l’uomo e l’artista, dicendoci che sono indistinguibili, inscindibili, e ugualmente irresistibili.

«Io so come si fa un film di successo: è che non li voglio fare. Voglio fare film di ricerca». È qui che incontriamo Rossellini, all’inizio di questa seconda vita. O forse è la terza, la quarta, chi lo sa. Una vita, almeno, l’ha già avuta, e il mondo l’aveva conosciuta e celebrata. Il neorealismo, la rivoluzione del linguaggio, e tutto quello che sapete. Ma c’è stata anche l’altra vita, cominciata con la lettera di Ingrid Bergman (qui le dà la voce Kasia Smutniak), e poi lo scandalo, i figli, gli altri film non sempre di successo ma diventati altro canone, altra grammatica cinematografica e, a loro modo, politica. (Viaggio in Italia è forse il film più bello di sempre? Sì.)

Ingrid Bergman e Roberto Rossellini sul set di ‘Viaggio in Italia’ (1954). Foto: Archivio Luce Cinecittà courtesy B&B Film

Incontriamo, all’inizio di questa storia, un Roberto Rossellini che scalpita. «Non voglio annoiarmi nella vita», e per lui fare quelli che chiama «film normali» è diventato noiosissimo. Ne rifarà uno, su commissione, e quel film – Il generale Della Rovere – vincerà il Leone d’oro. Li sapeva fare, i film di successo. Ma c’era altro. «Papà è stato il padre del neorealismo per eccellenza, e poi ha continuato per tutta la vita a sperimentare», mi ha detto Isabella Rossellini, che da papà (e mamma) ha ereditato più di tutto la voglia di sperimentare, e soprattutto di non annoiarsi mai. «Una volta che il neorealismo si è affermato, non ha voluto fare solo film con quello stile, anzi se n’è allontanato per fare le biografie di uomini storici, quelli che i critici chiamano i suoi film didattici».

Ecco allora il cinema per la Tv. Quando la Rai chiama, è l’unico a aderire. «Il cinema in sala è morto», dice (in questo film lo fa per lui la voce di Sergio Castellitto) attirandosi i borbottii dell’amico De Sica, «il mio lavoro non serve più» (erano gli anni ’60, sembra oggi). Ecco allora «il cinema di grande utilità sociale», perché «l’uomo ha il bisogno di sapere», e soprattutto ne aveva bisogno lui. Ecco allora che i film diventano come dei libri, un’enciclopedia del sapere prima che avessimo immagini sottomano in ogni momento, per sapere tutto (e non sapere niente).

Rossellini uomo aperto, e anche ribelle. I funzionari Rai gli cambiano le sceneggiature, e lui litiga anche con loro. Va a cercar soldi fuori dal sistema. Una battaglia dopo l’altra. Fonda Orizzonte 2000, che nome bellissimo inventato da chi guardava sempre un po’ più in là. Il passato non è una terra straniera, si va a cercare, a indagare. Ma per spiegare il presente, anzi il futuro, che sembra fatto solo di «sesso e complessi» (erano gli anni ’60, sembra oggi).

«Se il film costa meno, [ci sono] meno interessi e più libertà», sostiene. Però pensa sempre in grande. Per la Tv francese fa il suo splendido Luigi XIV. Ci sono pochi soldi, ma lui vuole fare un film «ricco e spettacolare». I costi del cinema sono un’ossessione. «C’è tutta una mitologia su quanto debba costare la bellezza» (erano gli anni ’60, sembra oggi).

ROBERTO ROSSELLINI Più di una vita - Trailer Ufficiale

E poi va in India. E inizia un’altra vita, un altro cinema, un altro amore. E fa le serie prima che tutti i registi si mettessero a fare le serie. E i «film didattici» che diceva Isabella, con quelle intro alla “Roberto Rossellini presenta”. E poi arriva il varietà, e la pubblicità in prima serata, e finisce tutto. La gente vuole altro.

Più di una vita è bellissimo perché rifugge la nostalgia, come la rifuggeva il suo protagonista. «Io non sono un cineasta, anche se me la cavo discretamente. Il cinema non è il mio mestiere. Il mio è un mestiere che bisogna apprendere giorno per giorno, e che non si finisce mai di imparare. È il mestiere di uomo». Eccola, forse, la vera vita, quella definitiva. «È il mondo che conta». È «essere nella verità». È una posizione morale. Anche andare a Houston a scoprire il tech, e la fisica, i neuroni, prima che ce li avessimo tutti in tasca. Sempre Isabella dice che forse oggi suo padre sarebbe un tiktoker.

Gli ultimi atti sono sempre da uomo libero, mai domo. A Cannes, in anni rivoltosi, da presidente di giuria consegna un solo premio perché gli altri, dice lui, non servono. Dà la Palma d’oro ai Taviani che con Padre padrone hanno fatto un film di ricerca che «rispecchia il mio sogno». Ad Anna Magnani che muore porta la trousse dei trucchi, perché lei avrebbe voluto così. Il cinema è ancora grande, è ancora bellezza, siamo noi che siamo diventati piccoli e brutti.

«Il più grande dono è la possibilità di essere intelligenti». È questa, in definitiva, l’essenza di quest’uomo che forse non (com)prenderemo mai. Sembra che stia parlando di oggi, di noi? Stavolta no: non l’abbiamo ascoltato, e siamo diventati stupidi.