Non è un tempo per eroi, parola di Jim Dine | Rolling Stone Italia
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Non è un tempo per eroi, parola di Jim Dine

Abbiamo incontrato il grande artista a Napoli, dove ha inaugurato la sua 'Elysian Fields', parte del programma di Napoli Contemporanea 2025. Parlando di poesia, di buoni e cattivi, e del fare con le mani

Jim Dine

L'artista Jim Dine a Napoli nel 2025

Foto: press

Dove vanno a finire gli eroi una volta che ci hanno lasciato? Varrebbe il caso di porsi questa domanda… E anche se ne siano rimasti, di eroi. Ma tutto questo è stato meglio chiederlo direttamente a Jim Dine.

Il 10 ottobre ha inaugurato a Napoli a Castel Nuovo, nel contesto di Napoli Contemporanea 2025 a cura di Vincenzo Trione, la sua mostra site-specific Elysian Fields, accolta in un contesto regale, in sale intrise di storia e di conquiste.

Campi Elisi, luogo di piacere come il Paradiso, dove anime felici riposano in pace, per una felicità eterna…introduce cosi il concetto della sua nuova installazione Jim Dine. E nei confronti di questo Eden immaginario Dine si abbandona a un viaggio a ritroso nella classicità, dove resta affascinato soprattutto dalle assenze, dalle lacune, dai vuoti, e non da ciò che ci viene mostrato, o dai resti di frammenti marmorei, di una statuaria greca da cui è ammaliato.

Jim Dine

Jim Dine a Napoli. Foto: press

In questa percorso raccoglie testimonianze, e resti di memorie oniriche. E cosi nascono le sue sculture più recenti, che ricordano rovine di un tempo che fu.

Nell’ambiente principale dell’esposizione, la navata angioina nella trecentesca Cappella Palatina, sono allestite 23 grandi sculture di Dine, raffiguranti teste di ispirazione classica, eccolo qui, Elysian Fields. A queste si aggiunge The Gate Where Venus Sleeps, una porta in bronzo e acciaio che conduce alla zona absidale, per la prima volta esposta in una mostra, ma che trova le sue origini in una fantasia che risale al 1961, quando vide un cancello di John Chamberlain, che per lui divenne oggetto e simbolo primario dell’andare oltre, e che per lungo tempo ha forgiato la sua immaginazione.

Castel Nuovo è stato costruito per volontà di Alfonso V d’Aragona (e Alfonso I di Napoli), sulle rovine angioine, quando Napoli divenne capitale del Regno, e la nuova costruzione doveva rappresentare il possesso e la conquista sull’Italia meridionale (1442) e fu così che cominciò il più grande cantiere del Mediterraneo del Quattrocento. E per questa occasione accoglie 29 installazioni in relazione a 7 sculture rinascimentali.
Epoche e linguaggi che si fondono. Come la costruzione voluta da Alfonso V che si sovrappone alle macerie precedenti, legandosi per sempre a essa, ma instaurando un nuovo linguaggio dove, seppur i simboli restano gli stessi, il loro significato cambia perché un uomo diverso li pensa.

Jim Dine

Foto: press

Così è per il lavoro di Jim Dine, che ha attraversato 60 anni di arte e di America. Stessi simboli (cuori, accappatoi, strumenti da lavoro), in cui il suo rapporto con la durata, la ripetizione, la metamorfosi è centrale, ma in cui i significanti sono in permanente evoluzione. Ne abbiamo parlato con lui.

Cosa significa per lei “ripetere”, oggi?
Ogni volta è una ripetizione, ma ogni volta contiene altro. Simboli e immagini che faccio miei. Non voglio sprecare nulla, e riciclo.

Il gesto come rituale, legato al mestiere, all’arte. Cosa resta per lei di questo in un’epoca cosi digitale? Come riesce a usare ancora la sua conoscenza attraverso le mani?
Non sono interessato ad altro che al fare attraverso le mie mani, conosco solo questo modo, credo solo alle miei mani.

La mano non mente.
E la mano sono io.

E con le sue mani plasma il gesso, che è la sua materia preferita. Ama la sensazione di questa materia tra le sue mani, contiene tutte le sfumature possibili di bianco, e fin dai tempi antichi è servito per plasmare copie di statue greche, per definire dettagli di decori, che ci permettessero di comprenderle e comprenderne la storia.

Le teste realizzate per la mostra son state scolpite nel suo studio in Svizzera, a San Gallo, e sono ritratti che arrivano dal suo mondo onirico, dai suoi sogni, che hanno trovato nascita dalla storia del mondo antico, da amici perduti, e dalla memoria della sua infanzia nei boschi del Vermont.

Osservatore compulsivo, percettivo, e divoratore di tratti, di teste ne ha studiate tante, le conosce. Ironizza dicendo che lui, non avendo mai avuto un capello, è capace di delineare una testa nel suo dettaglio, e che quelle da lui realizzate, appartengono tutte a degli eroi.

So che ami la poesia, parole e immagini che si intrecciano… Sarei curiosa di sapere se scrivere è per te un modo per “scolpire con la voce”.
La poesia nasce dal mio linguaggio, da come lavoro, dal mio subconscio, e la poesia arriva perché sono poeta. Molte persone hanno parole, ma non hanno poesia. È un dono che ho ricevuto. La via per cui compongo poesie è la stessa che uso per qualsiasi cosa, e cioè metto disparati elementi insieme come li sento, come una natura morta, e li muovo affinché trovino la loro armonia, finché non esprimono ciò che desidero. È la mia personale visione di mondo.

Jim Dine

Foto: press

Prima di essere trasportate a Napoli, le sculture, le giganti teste, erano in studio messe in cerchio, in comunicazione tra loro, e con loro ha iniziato un dialogo. La conversazione iniziata in Svizzera è discesa fin nella Cappella Palatina di Castel Nuovo. L’installazione ha creato un ambiente in cui si attraversano i loro pensieri, e incontrano i loro sguardi, dove frammenti di storia sono preludio di un arsenale di valori perpetui e immutabili che ricordano la giusta direzione, per esser scelti e inclusi nei campi degli dèi.

Vorrei chiederti chi avrebbe accesso oggi, ai Campi Elisi, se tu fossi alla porta.
Molte persone vorrebbero.. Ma i Campi Elisi sono per gli eroi. Ma a oggi non ce ne sono più molti, ma solo cattivi. Io ho avuto il piacere di conoscerne alcuni, e sono tutti annotati in un piccolo quaderno che tengo nella mia tasca. Quando realizzerò le prossime teste, se dio vuole, saprete chi sono. Fino ad allora fuck off!

E scoppia in una fragorosa risata. Non ama le risposte facili, Jim Dine, ma le grandi domande sì. Allora…

…quanto fa parte del tuo percorso, il dubbio?
Si cerca di parlare e di negoziare. Se non lo fai è la fine della storia. Io ho dei dubbi, sì… Passiamo alla prossima domanda, dubito che riusciremo a finire questa risposta!

La mostra di Dine è una buona occasione per riflettere a cosa ci stiamo lasciando alle spalle, e a cosa merita veramente di esser vissuto, ma soprattutto a quali valori restare saldi.