Fatevi stregare da ‘KPop Demon Hunters’, fidatevi | Rolling Stone Italia
up, up, up

Fatevi stregare da ‘KPop Demon Hunters’, fidatevi

Abbiamo intervistato Chris Applehans e Maggie Kang, registi del film d'animazione che ha battuto tutti i record di visione su Netflix. Facendoci spiegare il segreto di questo successo

K-Pop Demon Hunters

'K-Pop Demon Hunters', su Netflx

Foto: Netflix

Una boy band di demoni? E che idea è?

Basterebbe questa battuta, pronunciata più o meno così dal re dei demoni di KPop Demon Hunters, a valere l’ora e mezza di visione. Per fortuna, non è l’unica ragione per cui è consigliabile guardare il film d’animazione di Chris Appelhans e Maggie Kang. Non potrebbe essere altrimenti, se no come ci arrivavano, a diventare il film più visto di sempre su Netflix?

Non è un’anomalia ai temi demografici del mondo: Appelhans e Kang, entrambi provenienti da lunghe carriere nel campo del cinema e dell’animazione, non hanno mai voluto fare un film per bambini. È strano ripeterlo e ripeterselo in Italia; è bizzarro doverlo fare associandolo al K-Pop, erroneamente descritto come “musica da ragazzi” solo perché sono stati gli Zoomer i primi ad appropriarsene nel senso di farlo proprio, a loro volta.

K-Pop Demon Hunters

Foto: Netflix

A dire la verità, comunque, il K-Pop non è la prima reference che viene in mente, quando si è travolti dall’onda della colonna sonora di KPop Demon Hunters. Ma andiamo con ordine: Rumi, Zoey e Mira sono tre star del K-Pop, e insieme compongono una girl band formidabile. Sono giovani, sono belle, sono cool, sono degli assi a cantare. Ma soprattutto, sono tre “cacciatrici” di demoni, e non per nulla il loro gruppo si chiama Huntrix – dall’inglese hunter, cacciatore. All’occorrenza, sfoderano armi luminose con cui uccidere i mostri che invadono la realtà dei vivi. Il loro scopo principale, però, è tenere insieme e sigillare definitivamente lo Honmoon, una specie di scudo anti-missile, calotta di divisione tra il mondo reale e quello oscuro. E come si fa? Be’, cantando.

Per questo gli avversari, gli emissari del signore dei demoni, non possono che essere un gruppo K-Pop maschile. I livelli di lettura di KPop Demon Hunters sono molteplici come in tutte le migliori storie americane (e infatti è proprio nell’ambito statunitense, e di Sony Pictures, che il film è nato): c’è il dissidio interiore dell’essere una giovane donna, ci sono i problemi di cuore, c’è la lotta tra il bene e il male, e poi il rapporto con i fan nell’era del Re Pop. La potenza della colonna sonora è che tiene tutto insieme, e parla a tutti. Ognuno ci troverà la sua chiave di lettura.

K-Pop Demon Hunters

Foto: Netflix

«Abbiamo costruito il film attorno all’idea della. musica come superpotere. Abbiamo cominciato a ragionare davvero su questa cosa nel 2020, quando eravamo tutti separati e le cose che ci tenevano insieme diventavano particolarmente importanti. La musica trascende le culture e le lingue, e il K-Pop lo fa particolarmente bene». Questo mi dicono Chris e Maggie durante una telefonata su Zoom.

È tutto vero, lo abbiamo vissuto negli ultimi anni: dopo il tramonto delle boy e girl band occidentali, a prenderne il posto sono state quelle orientali, e Made in South Korea soprattutto. Comunicando sia elementi della loro cultura di origine, estetici e uditivi, sia inglobando la lezione del pop dell’Ovest. Chiaro, che ne nascono dei generatori di energia; no?

BTS, Blackpink, giusto per citare i due nomi più conosciuti al momento. E poi la Katseye, prodotto composto nel West con i canoni dell’Est. Ecco, a questo assomigliano le Huntrix, alle Katseye, anche se sono decisamente più orecchiabili. Ascoltatevi la colonna sonora su Spotify e trovatevi misteriosamente a canticchiare brani influenzati da un nuovo tipo di world music, ovvero quella delle hit dello streaming e del pop di tutti gli ultimi trent’anni.

K-Pop Demon Hunters

Foto: Netflix

«Ci arrivavano le bozze dei brani, era importante che ci fosse un bell’equilibrio tra densità dei testi e carattere pop. Spesso le chiedevamo più pop. È difficile vedere le canzoni pop usate in questo modo, per mandare avanti la storia, come se fosse un musical. Takedown, per esempio, si può astrarre dal contesto della storia e interpretarla come indirizzata a un fidanzato che ci ha deluso, o qualcosa del genere. Quindi ogni brano ha una sorta di doppiezza, come è doppia anche Rumi, il personaggio principale… E poi alla fine arriva un brano solare, preciso, senza ombre. Proprio come, alla fine, si chiude la storia».

Continuano: «Ascoltiamo di tutto, e in queste canzoni ci abbiamo messo di tutto. Abbiamo preso ispirazione dalla nuova generazione di artisti K-Pop, ma anche dai successi degli anni Novanta. E poi Kate Bush, FKA Twigs, Lorde, Billie Eilish… just great pop music». Chris sottolinea: «Il potenziale del K-Pop di assorbire e rielaborare stimoli culturali è impressionante. Quindi non abbiamo mai pensato di ispirarci direttamente a un particolare gruppo K-Pop, non volevamo copiare ma creare qualcosa di autentico».

K-Pop Demon Hunters

Foto: Netflix

Il punto reale di KPop Demon Hunters, e del suo successo, è duplice: da un lato passa quasi in secondo piano il fatto che Rumi, Mira e Zoey “debbano” essere artiste K-Pop; è proprio come dice Chris, è solo ottima musica pop. Dall’altro, l’ambientazione sembra saltare nel futuro, e condurci in un mondo dove il K-Pop ha raggiunto una dominanza globale ancora più vera, intrappolando anche i Boomer e compagnia bella dentro le sue melodie contagiose. Insomma: se ne vorrebbe di più. Ma i ragazzi non sono (giustamente) disposti a cedere alle richieste di spoiler su nuove iniziative legate a KPop Demon Hunters. Però ci vedrebbero bene un musical fatto a teatro, chissà.

«Le tre artiste che hanno dato la voce alle tre eroine non si sono mai incontrate per le registrazioni nella vita reale, ma solo in un secondo momento. Hanno avuto da subito una chimica pazzesca. Quindi chissà, magari potrebbe davvero nascere un nuovo gruppo». I nomi in questione sono quelli di Arden Cho, May Hong e Ji-young Yoo – e Cho è già attrice e superstar a suo titolo, con più di tre milioni di follower su Instagram e una carriera decisamente solida alle spalle (saga di Avatar e oltre).

«Sarebbe bello avere più progetti così nell’animazione, non possiamo accontentarci di avere rappresentazioni singole di un certo fenomeno, e in questo caso parliamo del K-Pop e delle wave di cultura coreana che si sono sparse nella cultura pop mondiale. Un film solo non può rappresentare l’intera cultura coreana», sottolinea Maggie, sua peraltro è l’idea originale del film, «ma può rappresentare la mia esperienza della cultura coreana. Durante la lavorazione ci siamo confrontati con altre idee e versioni. Per i demoni, per esempio, abbiamo studiato e ricercato le varia rappresentazioni. Era davvero tanto tempo che sognavo un progetto sulla cultura coreana che fosse veicolato attraverso l’animazione».

K-Pop Demon Hunters

Foto: Netflix

E una di livello. Con la quale ci si è potuti davvero divertire, tra aspetto dei demoni, costumi delle eroine, e superpoteri. «Uno dei temi che avevamo a cuore era quello della vergogna, non se ne parla molto nell’animazione, nella nostra storia era centrale, e dato che avevamo delle cacciatrici di demoni, sarebbe stato un peccato non sfruttare questa opportunità. Ognuno combatte i suoi demoni interiori, tutti abbiamo luce e buio in noi, no? Quindi l’animazione non poteva essere solo una questione di estetica. Doveva parlare, relazionarsi con questo tema. E rimanere comunque nel campo dell’accessibilità e del fantasy».

K-Pop Demon Hunters

Foto: Netflix

Hanno colpito nel segno, numeri alla mano. E ora, su Netflix, sono già disponibili le versioni Lyric Videos e Canta con noi. «Non ce lo aspettavamo, ma avevamo capito di avere per le mani qualcosa di speciale. I primi ad amare il film sono stati i giovani adulti e gli adolescenti, i bambini sono arrivati solo nella terza settimana dall’uscita». E il resto, be’; è storia.

Altre notizie su:  K-Pop Demon Hunters netflix