“Sei la proposta della settimana / Sei il pezzo forte selezionato dall’editor / Per la terza settimana di fila”, canta Joseph Arthur in Arthur Buck 2, il secondo album inciso con l’ex chitarrista dei R.E.M. Peter Buck.
Se c’è uno che conosce gli alti e bassi della vita nello showbiz, quello è Arthur. Nell’ultimo quarto secolo è stato il grande cantautore americano perduto, e per la parte sull’essere “perduto” non può che biasimare se stesso. Ha un talento melodico innato e una voce stropicciata che s’accende in momenti di sorprendente intensità, ma ha spesso deragliato a causa degli abusi con le sostanze e per via di un eccesso di pubblicazioni che, quelle sì, avrebbero avuto bisogno di un editor o di un discografico in grado di eliminare il materiale di troppo.
E però di tanto in tanto, specie in dischi usciti più avanti nella sua carriera come The Graduation Ceremony, Arthur ha ritrovato il potenziale che aveva dimostrato di avere nei primi anni 2000 in album tipo Come to Where I’m From o Our Shadows Will Remain. Ecco, Arthur Buck 2 è uno di quei momenti.
Ancora più che nel debutto del 2018, Peter Buck pare impaziente di far suonare le sue chitarre come ai tempi di Monster e spesso l’album suona come il seguito glam-folk di quel disco (e in altri frangenti di Automatic for the People) che non sapevamo di desiderare. Il jingle-jangle di Everywhere ci sarebbe stato benissimo anche su Automatic, l’intreccio denso di voci e chitarre di Where Are You Calling? richiama alla mente la Let Me In di Monster.
Arthur è un paroliere più diretto di Michael Stipe e Arthur Buck 2 è in gran parte frutto affascinante del casino che ha in testa. Ci sono pezzi in cui sembra che Arthur si sia appena svegliato e abbia un bisogno disperato di un caffè. Ma molto più spesso i power chords di Buck e l’energia sbandata degli arrangiamenti (c’è anche una apparizione di Corin Tucker delle Sleater-Kinney) scuotono Arthur e le sue canzoni, con risultati spesso notevoli: Sleep with One Eye Open e No Answer sono allo stesso tempo torbide e risplendenti.
Come autore, Arthur continua a battere territori familiari. Scrive pezzi sul riconnettersi con qualcuno che è ferito quanto lui oppure sulla ricerca di un legame con qualcuno che potrebbe, chissà, salvare entrambi. Come canta in Average Ghost, “Hai una vita da vivere / Un’altra possibilità di fare rock’n’roll / Rialzati da terra / Un’altra possibilità di salvarti l’anima”.
Arthur Buck 2 è il disco in cui si concede un’altra di queste possibilità.













