E come ogni anno, appena dopo l’annuncio del Coachella arriva quello del Primavera Sound. Ma, a differenza del primo, che come sappiamo bene è costosissimo, irraggiungibile logisticamente e ormai completamente trasformato in una convention mondiale degli influencer o aspiranti tali, il secondo festival per noi europei rappresenta davvero un’occasione per godersi in un weekend la più ampia fetta dello spettro musicale contemporaneo. O almeno, lo era fino a qualche anno fa.
Da dopo la pandemia, personalmente, ho visto le lineup del festival spagnolo andare sempre più alla cieca di anno in anno. I Måneskin nel 2023 di fianco ai nomi sacri di Depeche Mode e Kendrick Lamar; il 2024 che tra Justice, Disclosure e Vampire Weekend sembrava il 2010; infine un 2025 con la cosiddetta holy trinity di Chappell Roan, Charli XCX e Sabrina Carpenter che sembrava aver definitivamente infettato col morbus coachaellae quel che di buono era rimasto a Barcellona.
Insomma, per un aficionado come il sottoscritto, che ormai da parecchi anni il ponte della festa della Repubblica se lo passava al Parc del Fòrum tra un palco e l’altro, con l’edizione 2023 è arrivata anche la decisione di non andarci più. È ovvio: con la lineup cambia di conseguenza anche il pubblico. E io in tutta onestà le persone wannabe Coachella tutte tirate in posa per Instagram non me la sono sentita di gestirle più. Vado al Sonár, mi sono detto all’epoca. Ché tanto è due settimane dopo, sempre a Barcellona, e almeno mi vedo Ryoji Ikeda che svariona con i megaschermi o Lucrecia Dalt in un teatro, seduti, al fresco, circondati da gente che, come me, è lì per la musica e se proprio deve fare una storiella tira fuori il cellulare con un estremo senso di colpa, fa il suo timido videino di 15 secondi a braccio mezzo alzato per non rompere le scatole a quelli dietro. E poi non tira mai più fuori il dispositivo dalla tasca fino alla fine del live.
Sorvoliamo poi sul progetto del tutto fallimentare di portare il marchio Primavera in ogni città immaginabile dell’America e Latinoamerica. Presi dalla smania di aver saltato due edizioni causa Covid, nel 2022 gli organizzatori si sono illusi di poter organizzare un Primavera Sound anche a Los Angeles, Montevideo, Asunción, San Paolo, Santiago del Cile e dato che ci siamo anche Madrid e magari generare anche degli utili. Risultato: buco gigante, tirare i remi in Barça e tornare alla classica impostazione. Uno a Barcellona e uno a Porto. Fine.

La lineup del Primavera Sound 2026
Venendo finalmente a noi: perché la lineup del 2026 annunciata oggi mi ha fatto cambiare idea? Perché è bastato qualche secondo, senza manco leggere i nomi piccolissimi in basso (dove si nasconde, come sappiamo, il vero sugo così come per qualsiasi altro festival) per farmi subito sciogliere la promessa di non tornare mai più? Perché il Primavera è finalmente tornato sé stesso: un festival perfettamente bilanciato che segue la semplicissima regola cosmologica formulata, tra i tanti, dal compianto Philippe Zdar dei Cassius. Ovvero, che esistono due generi musicali soltanto: quella buona e quella no.
Ci si mette nulla a capire che nel cartellone 2026 ce n’è per tutti, dai nostalgici dei Cure ai giovanissimi follower di PinkPantheress e Lola Young, con tutto l’oceano spazio-temporale che ci passa in mezzo: Gorillaz, Massive Attack, Doja Cat, Alex G, Overmono, Kneecap e Little Simz. È un programma oggettivamente esaltante, anche includendo gli zarri come Skrillex che, due anni fa, nella mia suddetta “ultima” edizione, aveva dovuto stoppare il suo set da zarro perché i suoi effetti pirotecnici da zarro avevano fatto prendere fuoco il suo palco da zarro. Al netto di tutto, divertente.
E poi Matmos, Einstürzende Neubauten, Merzbow, Mechatok, These New Puritans: c’è ciccia pure per gli snob che vestono di nero anche in pigiama e che, comunque, sotto sotto godono come ricci a vedere il nome dei Cure per primo in alto. Sarà divertente, poi, perché fa ritorno al Fòrum probabilmente l’artista più matto che sia mai salito su uno dei grandi palchi del PS: Mac DeMarco. Ce lo ricordiamo tutti nel 2017 quando si spogliò completamente nudo e con un accendino si depilò un po’ di peli corporei dando loro fuoco? Anche il batterista, tra l’altro, indossava un cappellino da pescatore e nient’altro.
Nel 2026 ricorreranno i quasi 10 anni da quell’evento epico, che salvò letteralmente il festival dopo che Frank Ocean paccò all’ultimo minuto il suo slot nel main stage (se ci penso ancora m’incazzo). Cos’avrà in mente per questo Primavera 2026 quel ragazzo neurodivertente di Mac? Impossibile da prevedere. Una cosa è certa, sarò lì per scoprirlo.














