È arrivato il momento di prendere sul serio Moise Kean come trapper? | Rolling Stone Italia
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È arrivato il momento di prendere sul serio Moise Kean come trapper?

Il bomber della nazionale italiana continua a pubblicare pezzi, anche con riconoscimenti all'estero. Lo abbiamo forse sottovalutato come già è accaduto sul campo da gioco?

È arrivato il momento di prendere sul serio Moise Kean come trapper?

Moise Kean con la maglia della Nazionale

Foto Getty Images

Ma dobbiamo davvero prendere sul serio il bomber della nazionale italiana di calcio come trapper di talento? La domanda viene da porsi ora che la Ea Sports ha annunciato che un brano di KMB, l’acronimo dietro il quale si cela l’attaccante della Fiorentina Moise Kean, è stato scelto per EA Sports FC 26, ovvero l’ultimo prodotto in uscita della serie che tutti noi abbiamo imparato a conoscere come Fifa.

Kean è così diventato il primo calciatore della storia di Fifa ad avere un suo brano all’interno della colonna sonora del gioco. Considerando che in passato Fifa è stato celebre per le sue scelte musicali avendo, negli anni, individuato brani epocali come Song 2 dei Blur, Tubthumping dei Chumbawamba, The Rockafeller Skank di Fatboy Slim, questa è una pura operazione di marketing o Kean è davvero credibile come artista?

Il calcio moderno è molto cambiato, dentro e fuori dal campo. Lasciata alle spalle la samba di Pelé, il mondo del calcio ora suona urban. Giocatori come Memphis Depay, Alex Iwobi, Raphael Leão, – oltre al già citato Kean – hanno consistenti carriere con singoli e album pubblicati in nome del rap. Il giocatore del Milan, ad esempio, ha pubblicato a inizio settembre il suo primo album, 12:12, a nome Way 45, dopo 4 anni dal suo primo singolo. Per ritrovare il primo lavoro di Kean a nome KMB invece bisogna tornare indietro al 2023, quando giocava ancora alla Juventus.

 

 
 
 
 
 
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Dopo aver seguito quell’uscita con la pubblicazione dello scorso dicembre di Chosen, un album musicalmente più che dignitoso, Keane/KMB è tornato a marzo con un nuovo singolo, Bombay, prodotto da G Haze. Proprio questo brano – una trappata piena di intrusioni in lingua inglese che parla di money, bitch, drip, oltre che citare il blocco 19F di Asti, quartiere della città natale di Moise – è quello scelto da EA Sports per il nuovo FC 26. “Cambio drip come cambio bitch, ma tu che ne sai Giro con la team, tu lo sai chi sono KMB”, per intenderci.

Sebbene le produzioni siano ben curate e piacevoli, così come il flow di Kean, la musica di KMB non è che un esercizio di stile. Non c’è racconto, storytelling, né riferimenti alla vita sportiva o privata (se non il quartiere di appartenenza). E qui c’è da porsi una domanda: può un calciatore parlare davvero di sé? Ad ascoltare le omologate risposte alle domande delle interviste, costruite attorno a frasi come «voglio onorare la maglietta», «era il mio sogno giocare in questa squadra», e l’oramai evergreen «darò il 110%», sembrerebbe di no. Ai calciatori moderni non è chiesto di esprimere le proprie idee, la propria opinione. Sono i figli di una cultura del media training dove per ogni domanda (non che i giornalisti sportivi abbiano una grande inventiva) è prevista una e una sola risposta. Kean, in particolare, è cresciuto calcisticamente nella Juventus, squadra che per antonomasia richiede un certo decoro dentro e fuori dal campo, e in particolare di fronte ai microfoni. A Torino lo chiamano «stile Juventus». E Kean, alla Juve, c’è arrivato a 10 anni per andarsene definitivamente, dopo una serie di esperienze estere, nel 2024.

Nei brani di Kean non trapela il sudore, la sofferenza di lottare per essere il migliore, le difficoltà che si incontrano a essere considerati prima un enfant prodige, poi una pippa, e dopo ancora il bomber titolare della nazionale italiana. Non c’è la risposta emotiva al sentirsi amato/odiato dal proprio pubblico, come gli è successo negli ultimi anni nella squadra bianconera. Non c’è il percorso dell’eroe, la caduta, la risalita. Ci sono solo soldi, automobili, gioielli. Gli oggetti che brillano, e le immancabili bitch. Non c’è la storia di chi, citando una sua intervista, «per giocare a calcio, quando avevo solamente 13 anni, ho lasciato tutto: mia madre, la mia famiglia, i miei amici, la strada». C’è solo swag.

KMB - BOMBAY (Official Video)

Ma il rapporto tra i calciatori e la musica è strano, e lo si capisce dalla comunicazione dei progetti e dai numeri che raccolgono. I dischi dei calciatori, a livello di ascolti, vanno infatti piuttosto male. Se Depay si difende con qualche milione di ascolto, il disco di Leao non ha brani che superano i 20 mila stream. Considerando che parliamo di un atleta con oltre 7 milioni di follower solo Instagram, fa strano notare come non ci sia alcuna conversione in ascolti reale. Ma è presto detto il motivo: non ci sono riferimenti alla carriera musicale nelle pagine social di Leao. Anche l’Instagram di Kean non presenta alcun post sul suo album, ma il suo disco almeno è pubblicizzato nell’unico link presente in bio.

Fare musica per i calciatori rimane – ovviamente – un side job (se di lavoro possiamo parlare) che occupa tempo, certo, ma rimanendo fuori dalle logiche del mondo del pallone e dei tifosi. Nelle parole di Iwobi, l’ex Arsenal che ora rappa a nome 17: «Creare musica non mi distrae dal calcio, mi aiuta a staccare la spina». Né società, né i calciatori stessi o i loro compagni ne parlano pubblicamente nelle interviste o sui social. Rimane un non detto, una zona grigia del mondo del pallone. Un po’ come se ci fosse un tacito accordo tra calciatori e società: fate la vostra musica, ma non spingetela troppo che potrebbe danneggiarci l’immagine tra bling bling, bitch e altri riferimenti poco eleganti. Insomma, stile Juve per tutti.

In tutto questo la trap incarna perfettamente l’immagine che abbiamo dei calciatori di oggi: giovani multimilionari, dediti ai loro gioielli più che a che qualsiasi pensiero critico. Ma è anche facile immaginare che in un ambiente in cui la competitività viaggia a giri molto elevati, la trap – proprio per il suo essere effimera, superficiale, puramente stilosa – sia il sound perfetto per accompagnare e raccontare un calciatore nel tempo libero. E a 25 anni, con ben 9 anni di carriera tra i professionisti alle spalle, è lecito anche accettare che Kean forse non abbia tutta sta voglia di trasformare un sano passatempo in una seduta psicanalitica. Se «giocare a calcio mi ha salvato dalla merda», fare trap è l’auto-celebrazione di chi arrivando dalla strada si sente chosen, o, sempre a parole sue, «raro». Niente di diverso da quello che la scena e le sue seconde generazioni ci hanno raccontato in questi 10 anni di affermazione del genere.

Dobbiamo quindi prendere Kean, o meglio KMB, sul serio come trapper? Perché no, in fondo non è differente da altri trapper sulla piazza, soprattutto quelli che hanno già potuto buttare via i soldi guadagnati in nome di un certo status quo richiesto dal genere. Farà schifo a chi schifa il genere, piacerà a chi ama il genere. Non aspettatevi nulla dai tifosi e dai centristi, qui la fede è puramente musicale.

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