Emma Stone, Tilda Swinton e altri 1200 non lavoreranno con istituzioni israeliane potenzialmente «implicate in genocidio e apartheid» | Rolling Stone Italia
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Emma Stone, Tilda Swinton e altri 1200 non lavoreranno con istituzioni israeliane potenzialmente «implicate in genocidio e apartheid»

Ma anche Yorgos Lanthimos, Olivia Colman, Ayo Edebiri: «La stragrande maggioranza delle produzioni e distribuzioni israeliane non si è mai espressa a favore di un pieno riconoscimento internazionale dei diritti dei palestinesi»

Emma Stone

Emma Stone sul red carpet di Venezia 82

Foto: 'Variety' su Instagram

Sono oltre 1200 i professionisti dell’industria di Hollywood che hanno firmato un appello per boicottare le istituzioni cinematografiche israeliane che potrebbero essere «implicate in genocidio e apartheid» nei confronti dei palestinesi. Tra i nomi dei firmatari, Olivia Colman, Emma Stone, Ayo Edebiri, Mark Ruffalo, Riz Ahmed e Tilda Swinton.

«Come registi, attori, lavoratori e istituzioni del cinema, riconosciamo il potere del cinema di plasmare le percezioni», si legge nell’appello, promosso dall’organizzazione Film Workers for Palestine. «In questo momento di crisi urgente, in cui molti dei nostri governi stanno consentendo il massacro a Gaza, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per affrontare la complicità in quell’orrore incessante».

 

 
 
 
 
 
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Il testo prosegue: «La più alta corte del mondo, la Corte internazionale di giustizia, ha stabilito che a Gaza esiste un rischio plausibile di genocidio e che l’occupazione e l’apartheid di Israele contro i palestinesi sono illegali. Difendere uguaglianza, giustizia e libertà per tutti è un dovere morale profondo che nessuno di noi può ignorare».

Il documento esprime anche sostegno ai cineasti palestinesi, i quali, in questi mesi di guerra tra Israele e Hamas, hanno dovuto affrontare «razzismo e disumanizzazione» nel contesto degli attacchi alla Striscia di Gaza. La lettera assicura che chi l’ha sottoscritta non proietterà film, non parteciperà né collaborerà con organizzazioni «implicate nel genocidio e nell’apartheid contro il popolo palestinese».

L’azione si rifarebbe a un precedente nobile in particolare. Gli organizzatori hanno infatti indicato un modello per la loro protesta: la Filmmakers United Against Apartheid, fondata da Jonathan Damme, Martin Scorsese e altri 100 registi di spicco nel 1987. L’obiettivo, allora, era impedire che l’industria del cinema statunitense distribuisse film nel Sud Africa dell’apartheid.

«La stragrande maggioranza delle produzioni e distribuzioni israeliane, dei loro agenti vendita, dei loro cinema e delle istituzioni cinematografiche non si è mai espressa a favore di un pieno riconoscimento internazionale dei diritti dei palestinesi», questo ha dichiarati la Film Workers for Palestine.

Tra gli ulteriori firmatari dell’appello, Yorgos Lanthimos, Ava DuVernay, Adam McKay, Emma Seligman, Joshua Oppenheimer, Mike Leigh, Lily Gladstone, Aimee Lou Wood, Paapa Essiedu, Gael Garcia Bernal, Javier Bardem, Joe Alwyn e Josh O’Connor.