Le morti di Ozzy Osbourne (quest’anno) e di David Bowie (nel 2016) hanno entrambe qualcosa di poetico. L’ultimo a dirlo in ordine di tempo è Josh Homme.
In un’intervista concessa a Radio X il rocker dei Queens of the Stone Age ha detto che Ozzy era uno da cui «non riuscivi a distogliere lo sguardo, qualunque cosa facesse, anche se stava spremendo del succo d’arancia ti dicevi: lo dovremmo guardare, sta per succedere qualcosa che va oltre il succo».
Per Homme «la sua morte è stata poetica. Mi spiace per la famiglia, è una grande perdita, ma credo che anche loro vedano della poesia in quel che è successo. E anche quello di David Bowie è stato un modo poetico di andarsene».
Entrambi sono morti poco dopo grandi eventi (in un caso un concerto, nell’altro un disco) che in qualche modo avevano a che fare con il concetto di fine. Osbourne se n’è andato il 22 luglio scorso due settimane o poco più dopo il concerto d’addio che ha tenuto allo stadio di Birmingham circondato da manifestazioni di affetto e commozione che forse neanche lui si aspettava. Bowie è scomparso il 10 gennaio 2016, due giorni dopo il suo compleanno e soprattutto due giorni dopo la pubblicazione del suo ultimo album Blackstar che col senno di poi è stato letto come un disco sulla morte.












