'Lo squalo', Steven Spielberg, 1975
L’estate di me**a per eccellenza: suvvia, può mai succedere che uno squalo gigante metta a repentaglio non solo la buona riuscita della villeggiatura estiva di un gruppo di americani, ma pure la vita di quegli stessi bagnanti? Tra Moby Dick e Cuore di tenebra, il primo capolavoro di Steven Spielberg (e uno dei film dalla lavorazione più travagliata, e quasi maledetta, della storia) terrorizza non solo per il conosciuto tema della colonna sonora, non solo per la grandezza della bestia meccanica utilizzata, ma anche perché porta il pericolo incredibilmente vicino. E pure alla luce del sole.
'Tutte le manie di Bob', Frank Oz, 1991
Il peggior incubo di ogni terapista, o di ogni usufruente della terapia, potrebbe essere ritrovarsi appiccicati con i propri pazienti durante le vacanze estive, e viceversa. La reciprocità non sembra valere per Tutte le manie di Bob o per il suo protagonista, Bob Whiley, interpretato da Bill Murray. Il quale, diventato dipendente dai colloqui con il suo nuovo terapista, Leo (Richard Dreyfuss), decide di seguirlo anche quando questi si prende una pausa estiva per andare in vacanza con la famiglia. Se sembra l’antefatto perfetto per un completo disastro, be’, almeno dal punto di vista di Leo, non ci siete andati lontano.
'Ferie d'agosto', Paolo Virzì, 1996
Ferie d’agosto uscì al cinema il 5 aprile 1996, con largo anticipo sulle afe di luglio e di agosto, e pure sulle ansia da vacanzetta che esperisce, classicamente, ogni italiano che si metta in viaggio durante le ferie comandate. Ma l’efficacia del film non ne risulta intaccata, perché quando si tratta di terrori concreti, c’è poco da ridere. Lo sanno bene le due famiglie che si troveranno a essere forzati vicini di casa per la stagione, e che non potrebbero essere più lontane una dall’altra: da una parte gli intellettuali, dall’altra i “generoni” romani. Tra colpi di pistola, conversazioni arenate, segreti e sterili tentativi di amicizia, il disastro à l’italienne è servito.
'The Beach', Danny Boyle, 2000
Danny Boyle incontra Alex Garland per The Beach e insieme incontrano Leonardo Di Caprio nel ruolo di Richard, protagonista di un’avventura tra il thriller, il distopico e l’onirico che sconsiglierei a chiunque avesse anche solo il più remoto terrore di naufragare su un’isola deserta. Storie d’amore, scontri con le comunità locali, tensione at gunpoint e, come sempre, solo il desiderio, sacrosanto e consumistico allo stesso tempo, di ritirarsi per qualche tempo in un paradiso naturale, lasciando tutto il resto fuori. Non si può più star tranquilli qui, eh!
'Archipelago', Joanna Hogg, 2010
Ogni famiglia è infelice a modo suo, e non c’è momento migliore in cui far avverare questa profezia che l’estate, quando tutti i componenti del nucleo sono chiamati a riunirsi in una casa su un’isola della Manica, per dire arrivederci al figlio, il quale sta per partire per un anno in Africa, dove diventerà volontario per l’educazione sessuale e la prevenzione della diffusione dell’HIV. Questa la premessa di Archipelago di Joanna Hogg, abituata a lavorare sugli interstizi emotivi dove regnano i silenzi (i quali, tendenzialmente, portano a un’esplosione di parole). Una tempesta si sta per scatenare, e per Edward, interpretato da Tom Hiddleston, sarà il peggior farewell possibile prima del suo viaggio.
'Forza maggiore', Ruben Östlund, 2014
Forza maggiore, tra i film più belli del doppiamente vincitore di Palma d’Oro Ruben Östlund, non è solo il racconto di un’estate disastrosa, è proprio un disaster movie. Il personaggio non umano attorno a cui gira tutto è quello di una valanga nelle Alpi francesi. Questa, e una certa aria da sanatorio svizzero, romanzo decadente fin de siècle, saranno le micce che condurranno non solo a una vacanza da schifo per la famiglia composta da Tomas, Ebba, Vera ed Harry, ma anche a questioni di vita morale e morte letterale. Non un film da ombrellone, ma un film magistrale.
'A Bigger Splash', Luca Guadagnino, 2015
Un (circa) reboot de La Piscine di Jacques Deray, un titolo tratto da un dipinto di David Hockney, un cast con dentro Dakota Johnson, Tilda Swinton, Matthias Schoenaerts e Ralph Fiennes. E poi, Luca Guadagnino alla regia per la seconda tappa della sua “trilogia dell’amore”, iniziata con Io sono l’amore, nel 2009. Tutto attorno a una piscina sull’isola di Pantelleria, la tranquillità di coppia di due artisti entrambi in riabilitazione (fisica e dall’alcol) viene squarciata dall’arrivo di una vecchia conoscenza e della di questi figlia. Il tutto diventa un’inaspettata resa dei conti al cardiopalma psicologico, e, come promesso dal titolo, tutto si concluderà con un grande tuffo nel blu. O quasi.
'Call Me By Your Name', Luca Guadagnino, 2017
Il terzo capitolo della trilogia sopracitata di Guadagnino non sembra, a primo impatto, un’estate terribile, tutt’altro: Oliver (Armie Hammer) ed Elio (Timothée Chalamet) si scoprono a vicenda in una caldissima (e sudatissima, e sugosissima) stagione padana, e vivono l’epitome di tutte le storie d’amore nate sotto il solleone. Però insomma, pensiamoci: un conto è arrivederci, grazie e non vedersi più, un altro è scoprire che il tuo tipello è tornato alla vita di sempre quasi eliminandoti dalla sua equazione. Lo dico? Estate di me**a.
'Old', M. Night Shyamalan, 2021
Ancora una volta una vacanza di famiglia, ma questa volta implicitamente intesa come un’ultima volta insieme, in quattro, prima del divorzio dei genitori. Solo che quella che avrebbe potuto essere una gita da sogno in un resort al mare si tramuta in una prigionia su un’isola che, magicamente, fa invecchiare molto, molto in fretta le persone, scatenando malattie e problemi sia fisici che mentali. Un film eccessivo, non riuscitissimo per alcuni versi, ma di sicuro tra i campioni nel sublimare l’ansia dell’estate e delle emozioni interpersonali. Che terribile, terribile vacanza.
'Triangle of Sadness', Ruben Östlund, 2022
Tre parti per tre momenti di escalation tragica: prima nel mondo della moda, poi a bordo di uno yacht per una crociera, e infine sulla classica isola sperduta dopo che una tempesta ha fatto cappottare tanto l’imbarcazione quanto i sogni di relax. Ruben Östlund dirige il suo primo film in lingua inglese e non la tocca piano con la critica alla società dell’immagine, dell’apparire, e dello spendere e spandere. I suoi affiliati, in poche parole, faranno una fine tragica. E comunque, tutto quello che avrebbero voluto fare loro era prendersi una vacanza e stare un po’ a bordo dell’oceano.








