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Hillary Clinton for President

Il fondatore di Rolling Stone si è schierato con Hillary Clinton per le prossime elezioni: «Questo non è il momento storico adatto per fare un "voto di protesta"»

Hillary Clinton in New Hampshire, foto di Natasha Moustache/WireImage

Hillary Clinton in New Hampshire, foto di Natasha Moustache/WireImage

È difficile non amare Bernie Sanders. Ci ha dato prova di essere un politico dotato ed eloquente. Ha dato voce alla rabbia cruda e profonda nata dai danni che le grandi banche hanno fatto all’economia e alla vita di molte persone. Parla a quelli che credono che il sistema sia contro di loro; ha spiegato chiaramente quanto l’ineguaglianza economica in questo Paese sia pesante, e si è rifiutato di nasconderci che i colpevoli sono rimasti impuniti.

Ho seguito i dibattiti degli ultimi due mesi, e la rettitudine di Sanders mi ha fortemente colpito. Il mio cuore sta con lui. Ha portato le manifestazioni di Occupy Wall Street nei seggi elettorali.

Ma non basta essere un candidato della rabbia. La rabbia non è un piano, non è un motivo per prendere il potere, non è una ragione per sperare. La rabbia è troppo labile per motivare la maggior parte degli elettori, e non è un segnale di quanto si sia abili ed esperti sul governare. Credo che l’iniquità economica, la redistribuzione della ricchezza tra l’un percento della popolazione – anzi, tra l’un percento di quell’un percento – sia un tema importante per la nostra epoca. Tra tutti i temi, quelli legati alle ingiustizie sociale, esattamente come il cambiamento climatico, si riducono ai diritti dell’umanità contro l’oligarchia che controlla il petrolio, il carbone, le holding che gestiscono le energie inquinanti e quelli che le usano per fare profitto.

Hillary Clinton ha un’incredibile autorevolezza riguardo le politiche, i dettagli, i compromessi e come si fa a fare le cose. È facile dare la colpa di tutto ai miliardari, ma una volta stabilito bisogna decidere cosa fare. Durante i suoi 25 anni al Congresso, Sanders è stato fermo sui suoi ideali, ma il suo atteggiamento non ha attirato molti sostenitori tra i democratici. Paul Krugman ha scritto che il movimento di Sanders è «contrario ai compromessi».

Ho già vissuto la rivoluzione. Non sta arrivando.


Tutte le volte che viene chiesto a Sanders come farà passare la sua agenda al Congresso superando tutti gli interessi individuali, risponde che la «rivoluzione politica» che lo ha portato alla carica sarà lo strumento magico per l’enorme cambiamento che descrive. È un’idea vaga e molto ingenua che ignora la realtà dell’America contemporanea. Con una base così ristretta e le poche alleanze politiche che Sanders si è costruito negli anni in cui è stato senatore socialista-democratico del Vermont, come può riuscire a combattere un potere così trincerato?

Ho già vissuto la rivoluzione. Non sta arrivando.

Dall’altra parte, Hillary Clinton è uno dei candidati più qualificati per la presidenza dell’epoca moderna, come era Al Gore. Non possiamo dimenticarci cosa è successo quando Gore perse e George W. Bush è stato eletto diventando probabilmente il peggior presidente della storia degli Stati Uniti. I voti andati nelle fantasie di Ralph Nader sono costati la presidenza a Gore. Immaginate cosa succederebbe se i «voti di protesta» mettessero la presidenza, il Congresso e la Corte Suprema nelle mani dell’estrema destra, che oggi controlla il Partito Repubblicano.

Clinton non solo ha l’esperienza e i risultati ottenuti come first lady, senatrice e segretario di stato, ma fin da giovane si è occupata di giustizia sociale e diritti umani. È stata una di quelle studentesse universitarie che negli anni ’60 si impegnavano in cause importanti per i tempi, e continua a farlo anche oggi.

I dibattiti tra Clinton e Sanders sono stati ispiranti; vedere una tale intelligenza, dignità e sostanza è un tributo per entrambi. Il contrasto con la stupidità e la banalità dei candidati repubblicani è lampante. È come se ci fossero due universi separati, uno dove la terra è piatta e uno dove è rotonda; uno dove siamo un paese debole, sull’orlo del fallimento; un’altro dove l’America è ancora la tella delle speranze e dei sogni.

Continuo a sentire domande riguardo la sua onestà e affidabilità, ma dove sono le basi nella realtà o nei fatti? Questo è il continuo bullismo della campagna infangante del GOP contro i Clinton – e contro il Presidente Obama – che non ha alcuna base, compreso il vortice delle mail/Bengazi. che dopo sette investigazioni al Congresso guidate dai repubblicani non hanno portato a nulla.

L’esperienza sul campo si fa con molta fatica, e può portare errori ma anche saggezza. Il voto della Clinton per autorizzare Bush a invadere l’Iraq 14 anni fa è stato un errore enorme, un errore che hanno fatto molti, ma che non rappresenta una squalifica a un ideale test della purezza.

La rabbia è ingiustamente più attraente della ragione. Vale per Trump, ma anche per Sanders.


Rolling Stone ha sostenuto il «voto dei giovani» dal 1972, quando è stato dato il diritto di voto ai 18enni. La guerra in Vietnam era sui giornali ogni giorno, e il Senatore George McGovern, l’attivista liberale contrario alla guerra del Dakota del Sud, è diventato il primo vessillo dei giovani americani, e Hunter S. Thompson scrisse il suo primo reportage di una campagna presidenziale. Lavorò tantissimo per McGovern. Fallì, e Nixon fu rieletto. Ma quelli di noi che c’erano hanno imparato una lezione: l’America sceglie il suo presidente dal centro, non dalle frange ideologiche. Siamo di nuovo a quel punto.

Nel 2016, cosa cerca il «voto dei giovani»? Come sempre, credo sia qualcosa che ha a che fare con l’idealismo, l’integrità e l’autenticità, un candidato che dica le cose come stanno. È intossicante sentirsi parte di grandi speranze e sogni – nel 2016, questo sentimento di chiama «feeling the Bern» (il motto della campagna di Sanders, ndr).

Senti questa «autenticità» quando ascolti Sanders parlare del potere, ma c’è un altro tipo di autenticità, che forse non suona altrettanto bene ma che è di vitale importanza, quando la Clinton parla onestamente di quello che il cambiamento richiede, di un incremento dei progressi, di continuare a costruire quello che Obama ha fatto con la sanità, l’energia pulita, l’economia, i diritti civili. La rabbia è ingiustamente più attraente della ragione, le soluzioni facili più di quelle che funzionano davvero. Questo vale per Donald Trump, e purtroppo anche per Sanders.

Sanders critica la visione di Hillary Clinton secondo la quale la causa della perdita di lavoro a Detroit sia dovuta alle politiche di libero mercato, ma è fuorviante. Il declino è iniziato quando le case automobilistiche straniere hanno iniziato a produrre ed esportare macchine di qualità nettamente superiore. Le “Big Three” (le aziende automobilistiche General Motors, Ford e Chrysler, ndr) hanno visto la loro quota di mercato diminuire sempre più e hanno iniziato a fare pressioni sulla Casa Bianca affinché si tassassero maggiormente i prodotti di importazione, al posto di migliorare i loro. Questo progetto è fallito quando le aziende straniere hanno iniziato a creare i loro stabilimenti negli USA, e principalmente a Detroit.

La politica è sempre stata un gioco per duri in America. Ideali e onestà sono sempre state qualità fondamentali per me, ma voglio anche una persona che sa quando e come tirar fuori gli artigli. È una questione di giustizia sociale ed economica e chi si prende i benefit, e quelli che li hanno ora e dovrebbero cederli non lo faranno solo perché sarebbe la cosa giusta da fare. E la Clinton è una combattente forte e preparata.

Questo non è il momento storico adatto per fare un “voto di protesta”


Le elezioni hanno delle conseguenze. Bush ci ha trascinati in una guerra che ancora ci assilla. Ha autorizzato tagli fiscali enormi per i ricchi e per le imprese. Ha abbandonato il processo di pace in Medio Oriente. Ha inaugurato la peggiore crisi finanziaria dai tempi della Depressione. E ha totalmente trascurato l’emergenza climatica.

Queste elezioni saranno fondamentali, un vero punto di svolta dai tempi della Guerra Civile. Siamo al culmine dello sforzo decennale della destra nel provare ad arrivare al potere. Camera,Senato e, fino a un mese fa, la Corte Suprema sono succubi di interessi particolari di persone estremamente ricche che cercano di portare indietro di decenni e decenni i progressi legislativi che hanno favorito «vita, libertà e ricerca della felicità». E la cosa più terribile di tutte è che vogliono fermare gli sforzi dell’ultimo minuto per combattere il cambiamento climatico, dove la posta in gioco è il destino della civiltà come la conosciamo oggi.

Quando considero ciò che è nel loro cuore, penso che sia Clinton che Sanders appartengano ai buoni; ma se devo confrontare i risultati raggiunti negli ultimi decenni, la scelta è chiara. Questo non è il momento storico adatto per fare un “voto di protesta”.

Clinton ha molte più probabilità di vincere le elezioni generali rispetto a Sanders. Gli elettori che si sono mobilitati per Sanders durante le primarie non sono sufficienti a generare una maggioranza democratica nel mese di novembre. La Clinton invece riuscirà a portarli dalla sua parte per aggiungerli alla vasta coalizione che i democratici hanno messo insieme in passato per prendere la presidenza, come hanno fatto Bill Clinton e Barack Obama in passato.

Se parliamo di esperienza, di capacità di mettere in atto un cambiamento progressista, e della questione cogente di vincere le elezioni generali e successivamente la presidenza, la scelta chiara e urgente è Hillary Clinton.