Macerata e i folli a cui qualcuno suggerisce una missione | Rolling Stone Italia
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Macerata e i folli a cui qualcuno suggerisce una missione

Se un uzbeko avesse sparato a caso a dei passanti italiani avvolto nella bandiera dell’Isis, avremmo parlato di terrorismo. Quindi sì, chiamiamolo terrorismo.

Macerata e i folli a cui qualcuno suggerisce una missione

Qualche mia considerazione sparsa sui fatti di Macerata (e sul perchè “è uno squilibrato” detto a mo’ di alibi dai vari Salvini e Meloni, sia un’aggravante).

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Un evento del genere, in piena campagna elettorale, ha dato il via a dichiarazioni strumentali, a tratti mestamente esilaranti, per stabilire chi abbia caricato la calibro 9 a Luca Traini. Se la sinistra boldriniana, con la sua politica buonista dell’accoglienza, o la destra salviniana, coi suoi “Ruspa”, “prima gli italiani” e “c’è bisogno di una pulizia di massa!”.

L’espressione “mandante morale” utilizzata da Saviano per Salvini non mi piace. Non mi piace perché “le parole”, in questo clima d’odio selvaggio alimentato dal dibattito politico, da certi titoli di giornali e da hater un tempo isolati e oggi aggregati dai social, sono importanti. E però, se vale per Saviano, vale anche e soprattutto per Salvini, le cui parole sono un’istigazione continua alla sollevazione popolare contro l’invasore. E qui sta il punto. Questa martellante campagna d’odio contro lo straniero, si traduce, nel migliore dei casi, in un voto alla Lega il 4 marzo. Nel peggiore, in un Luca Traini che prende la pistola e spara ai neri che incrocia per strada. “Vabbè ma Traini è un matto”, sta diventando la tesi ufficiale della destra. Bene, parliamone.

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Questione “Luca Traini è un pazzo”. Giorgia Meloni ha definito “gesto folle da criminali squilibrati” il gesto di Traini. Berlusconi ha detto “È il gesto di un pazzo”. Per Salvini “È un criminale”. Manca qualche aggettivo d’accompagnamento, tipo “fascistoide” o “filo-nazista”, ma sorvoliamo. Quello che bisogna avere ben stampato in testa è che l’istigazione all’odio attecchisce proprio con più facilità sulle persone disturbate. Io non so se Traini lo fosse, un disturbato, ma i suoi eventuali problemi psichiatrici non sono un’attenuante per i fomentatori d’odio. Anzi. Quello che ho sempre risposto quando negli anni mi è stato chiesto “Ma tu non hai paura di tutto quest’odio che c’è sul web nei tuoi confronti?” è “Io quest’odio lo ritengo socialmente pericoloso perché quando un gruppo da due milioni di follower mi scatena contro la guerra, penso sempre che statisticamente parlando, un pazzo su due milioni di persone potrebbe esserc”. Ecco, sono cose che i vari Salvini dovrebbero tenere a mente.

Quando dici a milioni di persone che i problemi del paese sono colpa dei clandestini e la tua sopravvivenza politica affonda le radici nei pregiudizi e nel razzismo, quando alimenti le paure becere e primitive nei confronti dell’altro, quando nutri le guerre tra poveri, devi tenere conto del fatto che potresti caricare le armi ai Traini di turno. Dire “Vabbè, era un matto”, non è un alibi. E’ un’aggravante. Sai che parli anche agli squilibrati, più alzi i toni e più rischi che queste persone sentano di avere una missione. Non sono lupi così solitari. Sono lupi che agiscono da soli, ma che sono stati allevati in branco. Il vostro branco, caro Salvini.

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Trovo incomprensibile il perché uno che ha tatuato in fronte un simbolo nazista (la zanna del lupo, simbolo che anticipò la più nota svastica) e fosse definito da tutti una persona instabile e borderline (pare anche da uno psichiatra ), avesse un porto d’armi e una calibro 9. Sì, era autorizzato a utilizzarla solo al poligono, ma è come dare un coltello a serramanico a un bambino e dirgli: lo puoi utilizzare solo quando ci sono mamma e papà.

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I “Però” e i “Ma” sono il male assoluto. I “Sì è un delinquente però pure la Boldrini e la politica dell’accoglienza senza criterio hanno le loro colpe perché la gente è esasperata..” sono l’ipocrisia di chi concede attenuanti politiche e sociali a un assassino. Tempo fa ho pubblicato le intercettazioni ambientali in carcere di un ragazzo che aveva ammazzato la ex per gelosia. Sua mamma gli diceva: “Tu hai sbagliato perché quella era una puttana, ora così l’hai santificata”. Non “hai sbagliato” e basta, ma “quella però era una puttana”. A quella madre non è neppure passato per l’anticamera del cervello che quel linguaggio, quel concetto, avessero armato il figlio, nel tempo, così come ai Salvini &co non viene il sospetto che la bambola gonfiabile sul palco da paragonare alla Boldrini, gli slogan violenti e le bufale sugli stranieri, siano la radici politiche e culturali del problema.

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Traini, anche a volergli trovare un alibi di quelli facili, non viveva in un contesto sociale complesso o esasperante. La sua casa non confinava, che so, con un campo rom, di quelli in cui la polizia non entra. Non viveva neppure in una città con una presenza massiccia di stranieri. A Macerata si parla del 9% sulla popolazione totale. Ci sono 3800 stranieri su 42 000 abitanti. Lodi, che ha più o meno lo stesso numero di abitanti di Macerata, ha 6200 stranieri, quasi il doppio. Il caso della povera Pamela, uccisa a Macerata da un pusher nigeriano, è orribile, ma non è che Macerata e provincia, prima di questo fatto di cronaca, fossero un’isola vergine, in cui non accadevano fatti efferati. Una settimana fa c’era stato un accoltellamento tra italiani fuori da una discoteca, un anno fa un caso di omicidio-suicidio di una madre col figlio, anni fa un ragazzo uccise i due genitori a martellate e nascose il corpo del padre nel bagagliaio, nel 2014 una madre uccise il figlio tredicenne a coltellate la sera della vigilia di Natale, nel 2017 ci sono stati due tentativi di femminicidio, nel 2016 un ubriaco alla guida ha ucciso un uomo. E stiamo parlando solo di ITALIANI. In questi casi, nessuno salì in auto e giustiziò madri di famiglia bianche, frequentatori di discoteche o autisti locali.

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Infine, sappiamo tutti benissimo, che se un uzbeko avesse sparato a caso a dei passanti italiani avvolto nella bandiera dell’Isis, avremmo parlato di terrorismo. Quindi sì, chiamiamolo terrorismo. E magari, già che ci siamo, facciamo quei collage con le foto dei feriti che piacciono tanto a siti e giornali, quando i feriti sono europei, perché ci interessa sapere chi sono. Da dove vengono. Ecco, raccontateci da cosa scappavano. E il paradosso, è che probabilmente, scappavano da paesi in cui agli innocenti sparavano dietro.

P.s.
Alla fine, insomma, la penso come Saviano.

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