L’inizio e la fine (felice) della storia di Chelsea Manning | Rolling Stone Italia
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L’inizio e la fine (felice) della storia di Chelsea Manning

Era stata arrestata per aver condiviso centinaia di migliaia di documenti sulle attività militari in Medio Oriente dell'esercito americano. Doveva scontare 35 anni, ma ora Obama le ha concesso di uscire a maggio 2017

L’inizio e la fine (felice) della storia di Chelsea Manning

È notizia di ieri sera che il Presidente Barack Obama ha ridotto la pena di Chelsea Elizabeth Manning, l’ex militare specializzata in intelligence in carcere per aver leakato materiale dell’esercito a WikiLeaks, che invece di scontare 35 anni potrà uscire dal carcere a maggio 2017.

Il 27 maggio 2010, Manning (allora Bradley, nel 2013 durante la detenzione ha dichiarato di voler essere definita donna e ha adottato il nome Chelsea) è stata arrestata nella base militare americana nella zona est dell’Iraq, dove lavorava come analista. Durante le analisi fatte sul computer di Manning sono state trovate chat criptate con editor del sito WikiLeaks, che aveva ricevuto dal militare più di 700.000 documenti di intelligence, tra cui un video del luglio 2007 di un elicottero Apache americano che attacca dei civili iracheni lasciando 18 vittime (condiviso con il titolo “Collateral Murder”); 779 documenti legati alle attività nel carcere di Guantanamo; circa 500.000 report delle attività militari americane in Iraq e in Afghanistan; più di 250.000 comunicazioni tra le ambasciate americane nel mondo. Nessuno di questi documenti era classificato “top secret”, il video ad esempio non era classificato in nessun modo, ma il contenuto dei documenti mostrava diverse falle nella strategia militare americana in Medio Oriente, come raid notturni finiti male, missili che per errore hanno colpito zone con civili e molti bambini o torture praticate dall’esercito iracheno con il tacito accordo dell’esercito americano.

Manning aveva spiegato che era stato piuttosto facile passare quei documenti a WikiLeaks: in quella fase si era confidata con un hacker, Adrian Lamo, con cui aveva fatto amicizia, e aveva raccontato di aver avuto la possibilità di accedere a quei documenti, di averli scaricati e di averli mandati a WikiLeaks, il tutto mentre faceva il lyp-sync di Telephone di Lady Gaga – «molto facile e per niente glamour» aveva detto Manning a Lamo. La natura così delicata dei documenti aveva allarmato Lamo, che a maggio 2010 ha contattato l’esercito americano per denunciare il furto di centinaia di migliaia di documenti da parte di Manning. A Wired aveva dichiarato di averlo fatto perché «delle vite erano in pericolo», e ha raccontato che Manning gli aveva detto di aver visto «cose incredibili, cose terribili… che dovevano essere di pubblico dominio, e non dentro a un server in una stanza buia a Washington D.C.».

Manning è arrivata in tribunale con 22 capi d’accusa, tutte violazioni di leggi militari e in particolare 8 facevano capo all’Espionage Act del 1912 – una legge nata per tutelare le attività militari in periodo di guerra ed evitare lo spionaggio (la stessa legge federale è stata impugnata contro Edward Snowden). Il Maggiore Ashden Fein, avvocato per l’accusa, ha dichiarato che visto che Manning aveva letto dei documenti in cui era provato che Al Qaeda e altri gruppi terroristici usavano WikiLeaks, era consapevole di condividere (seppur indirettamente) informazioni con il nemico, quindi il suo reato rientrava nell’atto.

Appena Manning è stata arrestata, è stata da subito descritta come una traditrice della patria, mentre i suoi commilitoni dicevano che era “Piccolo come un bambino”, che “non era un soldato” e che aveva “manie di grandezza”. Subito dopo l’arresto, Manning è stata detenuta in Kuwait, e poi trasferita in una base in Virginia per otto mesi, dove è stata tenuta anche per 23 ore al giorno in isolamento. La condanna finale è stata di 35 anni di detenzione, la pena più lunga mai data a un whisleblower. Nel 2011 è stata trasferita a Fort Leavenworth, un carcere militare per soldati condannati a più di 10 anni di reclusione. Durante i 7 anni passati in detenzione, ha provato due volte a suicidarsi, ultimo tentativo a ottobre dell’anno scorso.

Negli anni Manning ha chiesto più volte supporto psicologico per problemi di identità di genere, e ad agosto 2013 aveva scritto una lettera in cui dichiarava di riconoscersi come donna. Raccontando la sua storia a un giornalista di Cosmopolitan nel 2015, Manning ha rivelato di ricevere il trattamento ormonale, che le era stato concesso di truccarsi e di indossare biancheria femminile. Ha raccontato anche che da ragazzino ha sempre rifiutato l’eventualità di essere gay o trans, e che se si fosse sentita a suo agio con il suo corpo la vita sarebbe stata più facile. A settembre 2016 è stato confermato che l’esercito avrebbe garantito la possibilità a Chelsea Manning di sottoporsi all’operazione per il cambio di sesso.

A novembre 2016, Manning ha chiesto al Presidente Barack Obama di cambiare la sua pena da 35 anni a 6 anni, ovvero quelli già scontati, e il mese dopo sono state raccolte più di 100.000 firme per la richiesta di riduzione della pena. A gennaio 2017, una fonte del dipartimento di giustizia americano ha detto che Chelsea Manning era nella shortlist delle persone a cui sarebbe stata ridotta la pena.

Martedì 17 gennaio 2017 il Presidente Obama ha concesso la grazia a 69 persone e una riduzione della pena a 209 persone, compresa Chelsea Manning, sfruttando per l’ultima volta il suo potere costituzionale, a tre giorni dalla fine del suo ultimo mandato. Questa decisione arriva alcuni giorni dopo un tweet di Julian Assange in cui aveva scritto che in caso di clemenza verso Manning avrebbe accettato l’estradizione. Obama ha concesso la riduzione di pena a 1.385 persone durante la sua presidenza, il numero più alto mai raggiunto da un presidente degli Stati Uniti. Per Chelsea Manning la tanto agognata libertà, richiesta anche da moltissime associazioni per i diritti civili e da celebrità, arriverà il 17 maggio 2017. L’avvocato di Julian Assange Melinda Taylor ha detto che il suo assistito non si rimangerà la parola data.

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