Leggi su RollingStone.it la recensione di ‘Is This The Life We Really Want?’, il nuovo album di Roger Waters | Rolling Stone Italia
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Torna Roger Waters, l’impegnato

Fra pochi giorni uscirà il suo nuovo album realizzato con il producer dei Radiohead, ma le lugubri ballate rock forse tradiscono il fantasma dei Pink Floyd

A 25 anni dal precedente Amused to Death, tornano i testi impegnati (e un tantino lugubri) di quello che viene considerato uno dei migliori parolieri del rock. Uhm. “Io se fossi dio / avrei aggiustato le vene del viso per farle più resistenti all’alcool e meno inclini all’invecchiamento (…) io se fossi un drone (…) avrei paura di trovare qualcuno a casa”. Con la voce normalmente arrochita dai 71 anni compiuti, meno stronza e tagliente del solito.

Il solo fatto che esistano pezzi come questo Déjà Vu, o The Last Refugee (l’ultimo rifugiato), tanta l’aria di razzismo “normale” che tira, è pur sempre una benedizione del rock&roll e della sua capacità di parlare di cose molto serie a un pubblico largamente intergenerazionale. Si tiene stretto anche un certo ruolo da guida politica della pop music internazionale.

La sua agenda assomiglia a quella di una Ong. Da un po’ sta tartassando i Radiohead perché non vadano a suonare in Israele. Ed è curioso, perché la scelta di lavorare con Nigel Godrich come produttore ci ricorda innanzitutto quanto la scrittura e i cromatismi dei Radiohead (quelli classici di OK Computer, disco che compie nel frattempo 20 anni) debbano ai Pink Floyd di Roger Waters.

Cose del tutto impolitiche, ma non meno importanti. Ancora più curioso il fatto che l’eredità dei Pink Floyd (il suono prima delle parole, la forma contro il contenuto) si venga dissolvendo in queste ballatone dal testo ben scandito, che potrebbero essere cantate da Massimo Ranieri come da Thom Yorke. È questa la vita che volevamo? Io non so che vita faccia Roger Waters.

Utilizzare nelle canzoni il vecchio trucco di inzeppare le intro con voci di radio e televisione per far risaltare contro la chiacchiera dozzinale dei media la voce umana è un po’ facile e forse anche patetico. Politicamente parlando è una sottovalutazione del silenzio gelido e crudele, davvero, della Rete. “Non possiamo mandare il tempo all’indietro / possiamo dire vaffanculo, non ascoltare piu stronzate e bugie”. Almeno su questo siamo d’accordo.

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