SPOON - They want my soul | Rolling Stone Italia
Recensioni

SPOON – They want my soul

Gli Spoon hanno trascorso gli ultimi vent’anni dimostrando che essere minimalisti non significa pensare in piccolo. La loro arma segreta, poi non così segreta, è sempre stata il cantante Britt Daniel, che ha trascinato la band verso un genere a cavallo tra il post punk scheletrico degli Wire, l’art pop dei Bee Gees anni ’60 […]

Gli Spoon hanno trascorso gli ultimi vent’anni dimostrando che essere minimalisti non significa pensare in piccolo. La loro arma segreta, poi non così segreta, è sempre stata il cantante Britt Daniel, che ha trascinato la band verso un genere a cavallo tra il post punk scheletrico degli Wire, l’art pop dei Bee Gees anni ’60 e il brio degli Stones anni ’70.Questo ottavo album è al pari dei loro lavori migliori. Si parte con il rullante scarno di Rent I Pay e si chiude con quella che è forse la canzone più accattivante degli Spoon in assoluto, New York Kiss, su un groove dance rock degno degli LCD Soundsystem, o dell’Ace Frehley di New York Groove.

Gli Spoon hanno trascorso gli ultimi vent’anni dimostrando che essere minimalisti non significa pensare in piccolo. La loro arma segreta, poi non così segreta, è sempre stata il cantante Britt Daniel, che ha trascinato la band verso un genere a cavallo tra il post punk scheletrico degli Wire, l’art pop dei Bee Gees anni ’60 e il brio degli Stones anni ’70.

Questo ottavo album è al pari dei loro lavori migliori. Si parte con il rullante scarno di Rent I Pay e si chiude con quella che è forse la canzone più accattivante degli Spoon in assoluto, New York Kiss, su un groove dance rock degno degli LCD Soundsystem, o dell’Ace Frehley di New York Groove.