The Void, la recensione | Rolling Stone Italia
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The Void, tre horror in uno

Questo indie cosmico-ospedaliero contiene così tante idee che, in mani più ciniche, avrebbe potuto dar vita a tre film diversi

Dovendo raccontare una storia, c’è chi preferisce fallire in grande stile, piuttosto che costringere la propria visione dentro un’opera prudente e controllata, però sterile dal punto di vista delle emozioni. Alla prima, nobile categoria – di cui fanno parte capolavori come Il signore del male di John Carpenter, I cancelli del cielo di Michael Cimino, Il salario della paura di William Friedkin, solo per restare in ambito cinematografico – appartiene The Void.

Questo indie horror cosmico-ospedaliero contiene così tante idee che, in mani più ciniche, avrebbe potuto dar vita a tre film diversi. C’è un ospedale in procinto di essere abbandonato, nei cui sotterranei un dottore folle ha creato la sua personale camera degli orrori per creare ibridi umani (giustamente assetati di sangue) e sconfiggere la morte. C’è una setta simil-Ku Klux Klan armata di coltelli, che venera un triangolo nero (il porno vintage non c’entra) e ha circondato l’ospedale per impedire al gruppo di superstiti protagonisti del film (un poliziotto, la sua ex moglie, una ragazza incinta ecc.) di fuggire. C’è un portale (sempre a forma di triangolo nero) che si apre su un’altra dimensione, un inferno che si trova da qualche parte nello spazio profondo – le rapide sequenze alla Malick che evocano questa dimensione post-morte sono molto potenti, e vorremmo saperne di più.

Tutto è collegato, certo. Ma il risultato di tanta generosità (o di mancanza di senso del limite) è un gran casino: almeno da metà film in poi. Eppure The Void butta sul tavolo abbastanza stile e cervello da meritarsi un posto tra nuovi classici del terrore come It Follows, The Witch, The Babadook. Però più matto.