Slayer - Repentless | Rolling Stone Italia
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Slayer – Repentless

Dopo che da decenni i Metallica e i Megadeth hanno iniziato a scrivere pezzi radio-friendly, quelle teste calde degli Slayer non mollano e vanno avanti con il loro trash-metal e un certo gusto per la provocazione. Sulla copertina del loro nuovo LP, Repentless, ci schiaffano Gesù Cristo, che però è raffigurato all’inferno e non si […]

Dopo che da decenni i Metallica e i Megadeth hanno iniziato a scrivere pezzi radio-friendly, quelle teste calde degli Slayer non mollano e vanno avanti con il loro trash-metal e un certo gusto per la provocazione. Sulla copertina del loro nuovo LP, Repentless, ci schiaffano Gesù Cristo, che però è raffigurato all’inferno e non si fanno nessun problema a gridare: «Un po’ di violenza è la droga definitiva! Forza, sballiamoci!» nel loro eccezionale pezzo dal titolo Vices. Il frontman cileno-americano, Tom Araya, invoca persino una guerra razziale in Pride in Prejudice. È il primo album degli Slayer senza il loro ultimo chitarrista e compositore Jeff Hanneman, ma è il loro lavoro più vitale, passionale e assetato di sangue dai tempi di God Hates Us All del 2001, con i furiosi assoli di chitarra di Kerry King e Gary Holt.Forse è così, gli Slayer non cambieranno mai. Ma se fanno un album come questo, la vera domanda è: perché mai dovrebbero cambiare?

Dopo che da decenni i Metallica e i Megadeth hanno iniziato a scrivere pezzi radio-friendly, quelle teste calde degli Slayer non mollano e vanno avanti con il loro trash-metal e un certo gusto per la provocazione.
Sulla copertina del loro nuovo LP, Repentless, ci schiaffano Gesù Cristo, che però è raffigurato all’inferno e non si fanno nessun problema a gridare: «Un po’ di violenza è la droga definitiva! Forza, sballiamoci!» nel loro eccezionale pezzo dal titolo Vices. Il frontman cileno-americano, Tom Araya, invoca persino una guerra razziale in Pride in Prejudice. È il primo album degli Slayer senza il loro ultimo chitarrista e compositore Jeff Hanneman, ma è il loro lavoro più vitale, passionale e assetato di sangue dai tempi di God Hates Us All del 2001, con i furiosi assoli di chitarra di Kerry King e Gary Holt.

Forse è così, gli Slayer non cambieranno mai. Ma se fanno un album come questo, la vera domanda è: perché mai dovrebbero cambiare?

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