‘Morto Stalin, se ne fa un altro’, la recensione di Rolling Stone | Rolling Stone Italia
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‘Morto Stalin, se ne fa un altro’, quando lo humor è nell’orrore storico

Immaginate di mettere in scena Veep in Unione Sovietica, dove il leader è un bullo che ama i western mentre il Chruscёv di Steve Buscemi sfoggia un perfetto accento inglese

Armando Iannucci è il profeta della satira politica: The Thick of It, In the Loop e Veep vi dicono qualcosa? Con Morto Stalin, se ne fa un altro, tratto dalla graphic novel di Fabien Nury e Thierry Robin, mette basi storiche pesanti al suo feroce talento e lo usa per rappresentare le disfunzioni governative e le leadership squilibrate dell’élite bolscevica, impegnata in una lotta di successione in seguito alla dipartita del tiranno.

Siamo nella Mosca del ’53 che vive di paranoia e purghe, dove Stalin (Adrian McLoughlin) è un bullo che ama i western. Quando viene colpito da emorragia cerebrale, è impossibile trovare medici competenti, perché li ha fatti deportare quasi tutti nei gulag. E mentre il dittatore tira le cuoia, i suoi potenziali successori danno vita a una farsa sfrenata sperando di conquistare il potere o, almeno, di rimanere in vita.

Lo spirito brit di Iannucci punge, grazie anche a un super cast di lingua inglese che non si sogna nemmeno per un momento di smorzare l’accento. Steve Buscemi è Chruscёv, Jeffrey Tambor il vicepresidente Malenkov, Simon Russell Beale il capo della polizia segreta Berija, mentre l’ex Monty Python Michael Palin interpreta Molotov.

Pensate di mettere in scena Veep in Unione Sovietica. Il risultato è una surreale black comedy che disgusta trovando lo humor nell’orrore storico. E conquista.

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