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Mark Lanegan non deve dimostrare niente a nessuno

Ecco la recensione di 'Gargoyle', il nuovo disco della band del cantante degli Screaming Trees

Ogni volta che sento un album di Mark Lanegan mi viene in mente uno dei miei pezzi preferiti degli Offlaga Disco Pax, Tono Metallico Standard. La scenetta è questa: c’è un “giovanotto rigidamente alternativo” che lavora in un negozio di “roba cinematografica, riviste, colonne sonore” e se la tira tantissimo. Quando gli viene chiesto di chi è il pezzo che c’è allo stereo, il ragazzetto si ridesta dal suo olimpo meditativo per commentare: “È Mark Lanegan, non credo che tu lo conosca, era il cantante degli Screaming Trees”. Gli Offlaga si giocano la carta generazionale: “Alternativo dei miei coglioni, che quando io ascoltavo i Dead Kennedys, tu nemmeno ti facevi le pippe”.

Per me è sempre un bel momento, una di quelle frasi che mi sarebbe piaciuto pronunciare di fronte all’hipsterizzazione anemica di chi lavora nei negozi fighetti di tutto il mondo. Ma il punto è anche un altro. Passata la soglia dei 50 anni, e senza più niente da dover dimostrare né a chi già si faceva le pippe ai tempi dei Dead Kennedys e poi degli Screaming Trees, né a chi non se la faceva, Mark Lanegan rischia di diventare celebrativo di se stesso, facendo ruotare intorno alla sua voce incredibile e alla collaborazione con altri mostri sacri alla stregua di Josh Homme e Duke Garwood, pezzi non sempre esaltanti, dove la cupezza dolente perde spontaneità e la densità emotiva è innescata più da un senso di evocazione che da un’urgenza presente (Sister, Goodbye to Beauty).

Funziona invece un pezzo più energico e ossessivo come il bellissimo Nocturne, in cui basta la semplice ripetizione di “Do you miss me, miss me, darling?” – dolce e angosciante al tempo stesso – a restituire corpo ai sentimenti e al nostro bisogno di provarli, e dove la mancanza sa trasformarsi nella nostra più sublime forma di devozione; oppure sul versante più leggero conquista un pezzo come Emperor, che ricorda nell’apertura i The Good, the Bad & the Queen, per poi iggypoppeggiare in una ballata intensa e coinvolgente.

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