Il viaggio in progress di No Man’s Sky | Rolling Stone Italia
Recensioni

Il viaggio in progress di No Man’s Sky

Un gioco di esplorazione e avventura dentro un universo infinito.

https://youtu.be/Dw_pU6RNxCoLa parola chiave di No Man’s Sky è “viaggio”: non c’è troppo da stupirsi, trattandosi di un videogame di esplorazione e sopravvivenza a tema fantascientifico che si estende su un’area che – in pratica – è infinita. Un po’ come è successo per la lingua russa, che avendo a che fare con gli spazi sconfinati di un paese che si estende dall’Europa fino all’estremo oriente, ha sviluppato molteplici e precisi modi di descrivere i movimenti nello spazio, ma non prevede due termini per distinguere, per esempio, la mano dal braccio. I corpi, dentro uno spazio che sembra non avere fine, perdono un po’ della loro definizione. Nell'immensità di No Man's Sky, le azioni disponibili (sopravvivere, commerciare, combattere, scoprire) danno l'impressione di essere strumenti limitati per vivere appieno questa avventura. In parte è vero, ma è anche questione di quanto una persona è pratica. Stiamo parlando di un videogame creato per i sognatori, i contemplatori, per chi ama perdersi lungo la strada. Quelli insomma che la gretta, ridicola formula "Astenersi perditempo" degli annunci personali cerca di tenere alla larga.Pietre miliari del viaggio (“Journey Milestones”) sono chiamati i vari traguardi che il giocatore conquista in No Man’s Sky: come percorrere a piedi una certa distanza, affrontare il primo combattimento o decollare per la prima volta da un pianeta con la propria astronave. E guarda caso, Journey è anche il titolo di un videogame del 2012 che ha molto in comune con No Man’s Sky, in cui lo scopo principale non è finire, arrivare in fondo, ma piuttosto godere della meraviglia continua che riesce a ispirare – una gioia estetica prima di tutto, e una sensazione di libertà che permette al giocatore di raccontare a se stesso una propria narrativa. (Di recente l’art director di Journey, Matt Nava, ha firmato un altro titolo tanto sublime quanto originale: Abzû.)Dopo una decina di giorni passati a viaggiare tra le sue galassie, l'unica certezza che abbiamo è che è No Man’s Sky stesso a essere in viaggio, verso una perfezione e completezza che probabilmente non saranno mai raggiunte. Spesso oggi i videogame richiedono una certa dose di pazienza (e, certo, un esborso iniziale da parte dei giocatori), e al momento della pubblicazione sono ancora una sorta di canovaccio, pronto a essere aggiornato e migliorato anche grazie al feedback degli utenti. È anche il caso di No Man’s Sky, per il quale i suoi sviluppatori hanno promesso in futuro update costanti e (probabilmente, ma non è sicuro) gratuiti. Nel frattempo non sono mancati alcuni problemi, alcuni dei quali forse non previsti dai suoi stessi creatori (l'universo di No Man's Sky si genera da sé grazie a un algoritmo, quindi è ovvio e quasi rassicurante che ci sia qualcosa che sfugge a ogni controllo).Quanta della propria fiducia e pazienza destinare a No Man’s Sky è soprattutto una questione di gusti: non è un gioco per tutti, ed è stato probabilmente danneggiato da una campagna di marketing in fase di sviluppo un po’ troppo intensa, amplificata anche dall’interesse (giustificato, viste le potenzialità) dei media. Intanto, però, la sola possibilità entrare dentro un mondo (anzi, innumerevoli mondi) che resterà sempre per larghissima parte sconosciuto è già un buon motivo per amare No Man’s Sky, e apprezzare la passione che Hello Games, un piccolo team di nerd inglesi, ha riversato dentro questo strano simulatore di narrazioni personali. E anche se non è stato ancora confermato, è facile immaginare un’esperienza ancora più completa una volta che No Man’s Sky supporterà gli hardware per la realtà virtuale. A quel punto, se gli aggiornamenti avranno reso il gioco ancora più ricco, sarà bellissimo perdersi dentro questo generatore infinito di copertine di Urania. Qualcuno forse continuerà ad annoiarsi. Ma per altri sarà forse l’avverarsi di un sogno. Non è ancora così, ma abbiamo fiducia.

Un gioco di esplorazione e avventura dentro un universo infinito.

La parola chiave di No Man’s Sky è “viaggio”: non c’è troppo da stupirsi, trattandosi di un videogame di esplorazione e sopravvivenza a tema fantascientifico che si estende su un’area che – in pratica – è infinita. Un po’ come è successo per la lingua russa, che avendo a che fare con gli spazi sconfinati di un paese che si estende dall’Europa fino all’estremo oriente, ha sviluppato molteplici e precisi modi di descrivere i movimenti nello spazio, ma non prevede due termini per distinguere, per esempio, la mano dal braccio. I corpi, dentro uno spazio che sembra non avere fine, perdono un po’ della loro definizione. Nell’immensità di No Man’s Sky, le azioni disponibili (sopravvivere, commerciare, combattere, scoprire) danno l’impressione di essere strumenti limitati per vivere appieno questa avventura. In parte è vero, ma è anche questione di quanto una persona è pratica. Stiamo parlando di un videogame creato per i sognatori, i contemplatori, per chi ama perdersi lungo la strada. Quelli insomma che la gretta, ridicola formula “Astenersi perditempo” degli annunci personali cerca di tenere alla larga.

Pietre miliari del viaggio (“Journey Milestones”) sono chiamati i vari traguardi che il giocatore conquista in No Man’s Sky: come percorrere a piedi una certa distanza, affrontare il primo combattimento o decollare per la prima volta da un pianeta con la propria astronave. E guarda caso, Journey è anche il titolo di un videogame del 2012 che ha molto in comune con No Man’s Sky, in cui lo scopo principale non è finire, arrivare in fondo, ma piuttosto godere della meraviglia continua che riesce a ispirare – una gioia estetica prima di tutto, e una sensazione di libertà che permette al giocatore di raccontare a se stesso una propria narrativa. (Di recente l’art director di Journey, Matt Nava, ha firmato un altro titolo tanto sublime quanto originale: Abzû.)

Dopo una decina di giorni passati a viaggiare tra le sue galassie, l’unica certezza che abbiamo è che è No Man’s Sky stesso a essere in viaggio, verso una perfezione e completezza che probabilmente non saranno mai raggiunte. Spesso oggi i videogame richiedono una certa dose di pazienza (e, certo, un esborso iniziale da parte dei giocatori), e al momento della pubblicazione sono ancora una sorta di canovaccio, pronto a essere aggiornato e migliorato anche grazie al feedback degli utenti. È anche il caso di No Man’s Sky, per il quale i suoi sviluppatori hanno promesso in futuro update costanti e (probabilmente, ma non è sicuro) gratuiti. Nel frattempo non sono mancati alcuni problemi, alcuni dei quali forse non previsti dai suoi stessi creatori (l’universo di No Man’s Sky si genera da sé grazie a un algoritmo, quindi è ovvio e quasi rassicurante che ci sia qualcosa che sfugge a ogni controllo).

Quanta della propria fiducia e pazienza destinare a No Man’s Sky è soprattutto una questione di gusti: non è un gioco per tutti, ed è stato probabilmente danneggiato da una campagna di marketing in fase di sviluppo un po’ troppo intensa, amplificata anche dall’interesse (giustificato, viste le potenzialità) dei media. Intanto, però, la sola possibilità entrare dentro un mondo (anzi, innumerevoli mondi) che resterà sempre per larghissima parte sconosciuto è già un buon motivo per amare No Man’s Sky, e apprezzare la passione che Hello Games, un piccolo team di nerd inglesi, ha riversato dentro questo strano simulatore di narrazioni personali. E anche se non è stato ancora confermato, è facile immaginare un’esperienza ancora più completa una volta che No Man’s Sky supporterà gli hardware per la realtà virtuale. A quel punto, se gli aggiornamenti avranno reso il gioco ancora più ricco, sarà bellissimo perdersi dentro questo generatore infinito di copertine di Urania. Qualcuno forse continuerà ad annoiarsi. Ma per altri sarà forse l’avverarsi di un sogno. Non è ancora così, ma abbiamo fiducia.