La recensione della quinta stagione di Prison Break | Rolling Stone Italia
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Il ritorno di ‘Prison Break’ e dei suoi avanzi di galera

Ritorni a sorpresa e vecchie conoscenze, ecco cosa aspettarsi dalla quinta stagione dopo otto anni dall'ultimo episodio

© 2017 FOX Broadcasting Co.

Michael Scofield non ce la fa a star lontano dal carcere. Non perché sia un criminale incallito. Ma perché delle sue vicende da privato cittadino non frega niente a nessuno. Allora, otto anni dopo lo show originale (2005-2009), Prison Break riparte come se nulla fosse.

Per chi avesse dimenticato, all’inizio di tutto il patatrac Michael (Wentworth Miller) si era fatto sbattere in prigione per far evadere il fratello Lincoln (Dominic Purcell), condannato a morte ingiustamente. Michael si era fatto disegnare sul corpo la mappa del penitenziario, e il suo piano geniale era uno degli elementi di maggior fascino di Prison Break. Almeno all’inizio. Ma la serie ci invita a scordarci del passato, e arriviamo così a questo sequel (non è una quinta stagione).

Anni dopo, Lincoln riceve una lettera misteriosa. Michael, morto da tempo, forse è ancora vivo. Dove si trova? Ma in prigione, che domande! Nello Yemen, dove infuria la guerra civile. Lincoln non ci pensa due volte: peccato che, una volta di fronte al fratello, questi non lo riconosca nemmeno. Che gli è successo? Se non altro, Prison Break è l’occasione per rivedere un po’ di gente simpatica: il carismatico T-Bag (Robert Knepper); Sucre (Amaury Nolasco), di gran cuore, ma un po’ fesso; e la dott.ssa Sara (Sarah Wayne Callies), che serba ancora nel cuore un posticino per il tenebroso Michael. Tutti un po’ più vecchi, ok. Ma ci credono ancora. E noi?