Il debutto di Harry Styles è da vera rock star | Rolling Stone Italia
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Il debutto di Harry Styles è da vera rock star

Il ragazzo degli One Direction, per il suo primo album solista, ha scritto una serie di emozionanti ballate soft-rock in pieno stile seventies

Harry Styles fotografato da Dimitrios Kambouris, Getty Images

Harry Styles non vuole essere una semplice rockstar – vuole diventare la rockstar. E nel suo debutto solista il ragazzo degli One Direction si prende il ruolo di vero e proprio principe del rock & roll, un ballerino cosmico profondamente in contatto tanto con la sua anima introspettiva quanto con quella più glamour. Styles ha evitato di trasformare il suo esordio in un trionfo di collaborazioni celebri, scegliendo piuttosto di percorrere una strada più vicina al soft-rock degli anni ’70.

Non ci sono pezzi per scatenarsi in pista, questo è un disco di ballate scritte da una star 23enne che continua a domandarsi il senso di tutto il tempo passato da solo a guardare il telefono in qualche stanza d’albergo. Harry affonda a piene mani nella tradizione romantica della California: i suoi tatuaggi, “Jackson” e “Arlo”, sono probabilmente omaggi a Browne e Guthrie.

You can’t bribe the door on your way to the sky”, canta in Sign of the Times, ed è proprio al cielo che punta questo disco che trasmette una consapevolezza impressionante – non sembra mai che il ragazzo cerchi di risultare credibile con troppa insistenza, un atteggiamento che ha affondato moltissimi debutti solisti di giovani ex-membri di boy band di successo. Il disco, nel complesso, ha lo stesso spirito della foto di copertina, dove Harry appare inquieto e solo nella vasca da bagno.

La sua passione per il soft-rock non sorprenderà i fan più consumati degli One Direction: pezzi come Olivia o Stockholm Syndrome erano figli di questa stessa passione, questa volta elevata a forza trainante dell’intero disco. I singoli che hanno anticipato l’uscita dell’album presentano al meglio questa sua scrittura old-school: il ritornello di Ever Since New York, la chitarra di Sweet Creature, i riferimenti ai Queen e a Bowie di Sign of the Times, tutti questi brani mostrano le influenze di Styles ma suonano sempre unici, giocosi e teneri allo stesso tempo.

Nella maggior parte delle canzoni il ragazzo racconta di una relazione finita male e l’approccio è quello dei confessionali di Harry Nilsson o di canzoni come Red di Taylor Swift. Meet Me In The Hallway ne è un esempio perfetto – un po’ di echo alla Lennon sulla voce, un po’ di Jimmy Page nella chitarra acustica -, un brano dove Styles tratta l’amore come un tossico cerca la dose. Carolina ha un ritmo estivo e tropicale, mentre Two Ghost sembra presa di peso dal repertorio dei Bread.

Con Kiwi e Only Angel Styles si avvicina a sonorità più hard rock, ma è nei brani più vulnerabili che risulta davvero a suo agio. L’ultimo pezzo del disco, From the Dining Table, è uno sfogo acustico ambientato in una solitaria camera d’albergo (“Played with himself, where were you? / I fell back asleep and was drunk by noon / I’ve never felt less cool”). Styles riesce a schivare tutte le trappole che di solito sabotano gli esordi degli artisti che vengono dalle boy-band. Questo disco dimostra che non c’è davvero niente di ordinario nella testa di questo ragazzo.

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