Xena a.k.a. Fatima de Juan è la vincitrice della creative competition Just Cavalli | Rolling Stone Italia
Interviste Culture

Fatima de Juan è la vincitrice della creative competition Just Cavalli

La visione di Xena, questo il suo nome d'arte, del marchio si trasformerà in una sneaker della collezione primavera/estate della maison di moda

Xena, Fatima de Juan, just cavalli, Fabio Persico

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Xena aka Fatima de Juan, la vincitrice del contest di Just Cavalli - Foto di Fabio Persico

Siete stati chiamati a scegliere il vincitore di un concorso che ha coinvolto sei street artist e lo avete fatto alla grande: avete scelto l’opera di Xena | Fatima de Juan e adesso la sua visione del marchio Just Cavalli si trasformerà in una sneaker della collezione primavera/estate della maison di moda. In migliaia avete votato su Instagram (via Just Cavalli) le opere di Mina, La Fille Bertha, Judy Rhum, Alessio Errante e Geometric Bang, ma quella di Xena alla fine ha prevalso, forse per quell’aria un po’ mistica che si porta dietro: «Questo lavoro è un incantesimo, un rituale magico in cui la donna e il serpente dispiegano tutto il loro potere creativo – ci spiega l’artista – Abbiamo bisogno che il serpente ci morda per svegliarci».

L’arte di Xena combina gli elementi più classici dell’arte urbana con il suo personalissimo immaginario, fatto di magia e stile di vita di strada, di colori forti e riferimenti profondi, di scene cittadine ed esseri immaginari. La figura femminile è sempre presente nella sua produzione ed è usualmente rappresentata da donne muscolose, con lineamenti esuberanti e unghie lunghe, come riflesso di libertà e determinazione.

Non è la prima volta che Fátima lavora con la moda, infatti ha usato i suoi graffiti per creare la propria linea di prodotti come felpe, cinture, spille e chi più ne ha più ne metta. Quando l’abbiamo incontrata ci ha subito parlato del mix tra le due discipline

«La moda e la street art si nutrono e ispirano a vicenda. Si innamorano, combattono e si riconciliano»

Si riconciliano sempre? Una bella storia d’amore allora.
«In realtà è un ciclo infinito. Come finisce, riparte. Amo la versatilità dell’arte in tutte le sue forme, la flessibilità di adattarsi ai più diversi media, formati e contesti sociali. Adoro l’idea che ciò che è nato come un graffito possa diventare un oggetto del desiderio, come in questo caso».

Il serpente ricorre spesso nella storia o nella mitologia umana e nell’arte.
«Ed è molto presente anche nella storia del brand Just Cavalli. Io non ho fatto altro che reinterpretarlo attraverso il mio linguaggio e la mia immaginazione personale».

Un linguaggio naif? È quello il tuo riferimento?
«Sì, ma non solo. Trovo ispirazione nella scena newyorkese della fine degli anni ’70, ma anche nei fumetti e nell’attualità stretta e l’opera che ho realizzato per Just Cavalli ne è la dimostrazione. Ho sempre lavorato così, fin da quando ho iniziato a 15 anni».

Il mondo della street art è cambiato da allora?
«Sì, moltissimo… Prima il concetto di street art nemmeno esisteva. Chi dipingeva per strada era semplicemente un “outsider”, mentre ora l’arte urbana è sulla cresta dell’onda».

E tu sei cambiata?
«Sì. Direi che sono sempre più me stessa».

Le foto della serata firmata Just Cavalli a Lambretto Studios, il quartiere più street di Milano:

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