La playlist di Carlo Lucarelli: «Ho sempre in testa il punk» | Rolling Stone Italia
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La playlist di Carlo Lucarelli: «Ho sempre in testa il punk»

Dopo Dario Argento un altro maestro del terrore ci racconta le sue paure e le sue canzoni: «Posso citare tutto il punk, dark o new wave degli anni '80»

Carlo Lucarelli, 54 anni. Il suo ultimo romanzo è "Albergo Italia" (Einaudi, 2014)

Carlo Lucarelli, 54 anni. Il suo ultimo romanzo è "Albergo Italia" (Einaudi, 2014)

Continua la nostra intervista ai maestri del terrore. Dopo l’intervista a Dario Argento tocca a Carlo Lucarelli.

Iniziamo: di cosa ha paura Carlo Lucarelli ?
Ho due fobie. La prima riguarda i pesci degli abissi, non riesco neanche a guardarli. C’era un articolo, l’altro giorno, su una nuova specie di pesci che hanno appena scoperto, con anche le foto, ecco, non ce l’ho fatta. Ero online e ho dovuto spegnere il computer. Ci manca solo che io veda una cosa del genere! Per fortuna non li incontrerò mai, dato che stanno nelle profondità, a duecento, trecento metri sotto il mare. L’altra fobia che ho è verso i grossi crostacei, le aragoste, i granchi molto grossi. Li trovo orribili.

Cosa chiederebbe a Dario Argento?
Non è mica facile fare una domanda a Dario Argento. Gli chiederei:”Avresti voglia di vedere il mio film, quello che non è mai uscito? Così mi dici qualche cosa?”. Era un film tratto da L’isola dell’angelo caduto, uno dei miei libri. È stato realizzato due anni fa, siamo andati al Festival di Roma, dove ha ricevuto delle critiche negative che hanno spaventato la distribuzione. Infine il produttore, un ragazzo giovane, è morto. Una vicenda molto triste e sfortunata.

Lei ha insegnato per molto tempo. Che tipo d’insegnante è?
La prima volta che ho insegnato, ho insegnato alla scuola Holden di Torino. Prima ero uno scrittore, poi mi sono dovuto mettere a tenere dei corsi per un anno intero sul thriller e sui romanzi noir. E questa è un’ottima cosa perché, di fronte ai ragazzi, devi dire non “come si fa”, ma “come TU lo stai facendo”. È un’opera di razionalizzazione che serve molto, perché come scrittore sei costretto anche a chiederti come lavori. Lo scambio continuo con gli allievi mi ha arricchito molto e ora ho una scuola mia, qui a Bologna.

Parliamone.
Si chiama “Bottega Finzioni”. È una scuola di varie narrazioni, dal fumetto al cinema, dalla letteratura al teatro. Prende come modello le vecchie botteghe degli antichi pittori: cioè dei progetti concreti su cui lavoriamo, sia gli allievi, sia noi che siamo i “maestri”. I progetti migliori, che funzionano, vengono sviluppati. È un modo d’insegnare molto “pratico”, funziona molto bene.

Lei ha scritto di cronaca nera, come giornalista. Secondo lei chi è il miglior giornalista di “nera” in Italia?
Ultimamente non ne leggo molta, proprio perché ne ho fatta tanta. Ho una crisi di rigetto e adesso mi sembra talmente inflazionata, mi fa impressione. Ce ne sono tanti di bravi di cronisti di nera, di giudiziaria. Ad esempio Colaprico, un mio collega scrittore il cui nome ho dato al protagonista del mio ultimo romanzo Albergo Italia (Einaudi, 2014) . L’ho fatto diventare un mio personaggio!

Come le è venuto in mente?
Ogni tanto lo faccio, “rubo” persone veramente esistenti e le metto nei miei libri. Un esempio è il personaggio di Grazia Negro, era una musicista che conoscevo, di cui ho rubato la faccia e la carta d’identità. Colaprico lo conosco bene, è un mio amico. Mentre stavo descrivendo, nella stesura del romanzo, come doveva essere fisicamente il personaggio, mi è venuto in mente. Forse l’avevo appena incontrato. Volevo farlo così, con quella faccia, con quel modo di parlare e quell’accento un po’ pugliese e un po’ milanese. L’ho proprio studiato, ho “rubato” il suo modo di muoversi e di parlare. Questa cosa è molto buffa, molto dadaista. Ci sono io, che sono una persona vera, che scrive di un personaggio finto, che è ispirato a una persona vera. Mi sembra molto delirante e molto divertente.

A proposito, che fine hanno fatto gli altri investigatori dei suoi romanzi: Grazia Negro e l’Ispettore Coliandro?
Grazia Negro è rimasta incinta di due gemelli. Nei prossimi libri che scriverò si vedrà se riesce ad averli, cosa succederà se riuscirà a partorirli. Anche perché lei, ogni volta che crede di essere tranquilla, finisce a capofitto in un ‘indagine. Lei è lì, ancora ferma in quel limbo che c’è tra un romanzo e l’altro. Invece Coliandro è diventato un personaggio puramente televisivo perché non riesco più a scrivere romanzi suoi. Siamo in attesa di resuscitarlo per altre puntate della sua serie tv.

Ci dà qualche anticipazione?
Per quanto riguarda Grazia Negro, mi piacerebbe che le venissero a dire che è successa una “cosa” e che quindi lei deve essere portata via e messa al sicuro. Quello che è successo, e lì si ritorna al suo primo romanzo, è che è scappato l’Iguana (il serial killer descritto da Lucarelli nei suoi libri, ndr) dal manicomio! Poi non so come va a finire, perché devo ancora scriverlo. Per Coliandro invece è ancora tutto da buttar giù, stiamo prendendo contatti con la Rai.

È vera la diceria per cui lei è parente di Antonio Meucci, l’inventore del telefono?
Sì, era il nonno di mia nonna. Quando qualcuno mi racconta le storie sui propri parenti , lo stoppo e comincio a raccontare io di Meucci, ne vado molto fiero. La sua è stata una sconfitta fisica (la cui paternità dell’invenzione andò a o Alexander Graham Bell, ndr), non morale perché lui è stato comunque il grande Antonio Meucci. È il miglior perdente della storia, un uomo eroico.

Ecco che cosa ascolta Carlo Lucarelli e perché:

1. “London Calling” The Clash
«Ero un punk quando ero giovane, vengo da quella musica. Anche adesso ce l ‘ho sempre in testa. Mi ricordo ancora quando andavo a ballarla nei locali. London Calling l’ho mantenuta come canzone di bandiera».

2. “Un giorno dopo l’altro” Luigi Tenco
«Lo ascoltava mia madre e quindi la sentivo quando ero piccolo. Tenco è un classico, lo “Scerbanenco musicale”, cioè uno di quegli autori che prima tutti si dimenticano e poi tutti a dire: “Ah, è vero, ma c’è anche lui, una grande fonte d’ispirazione!”».

3. “Bela Lugosi’s Dead” Bauhaus
«Imprescindibili, fanno parte del mio passato musicale. Sono in grado di citare tutta la musica punk, dark o new wave degli anni ’80».

4. “Hell’s Bells” AC/DC
«Ho dei gusti poliedrici e tutte le canzoni che mi colpiscono alla fine finiscono nei miei romanzi».
Il brano non è presente su Spotify. Potete ascoltarlo qui:

AC/DC - Hells Bells (Official Video)

5. “Israel” Siouxsie and the Banshee
«Se dovessi citare una loro canzone metterei questa. E’ difficilissimo fare una compilation che riesca a definirti. O vai per associazione d’idee o vai a caso e allora ne metteresti diecimila, di canzoni».

6. “New Gold Dream” Simple Minds
«A quei tempi lì, ai miei tempi, c’erano sempre i Simple Minds, li ascoltavano tutti. Non posso non scegliere i Simple Minds!».

7. “Canton” Japan
«Se dovessi fare una compilation, quelle che una volta si facevano per sentirle in macchina mentre si faceva un viaggio “on the road”, ce la metterei al volo».

8. “Casino Royale” Casino Royale
«Anche loro mi sono sempre piaciuti tantissimo, se devo mettere in una compilation qualcosa d’italiano, beh, loro ci devono essere».
Il brano non è presente su Spotify. Potete ascoltarlo qui:

CASINO ROYALE Casino Royale 1989

9. “Belzebù” Radiodervish
«Ascolto molto anche tanta musica etnica, da tutto il mondo. Così non inserisco altre canzoni postpunk/new wave!»

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