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Voci dal futuro della musica italiana

Abbiamo incontrato alcuni dei nuovi talenti della scena indipendente su cui scommettere, da Frah Quintale a Germanò

È un gran momento per la musica italiana: tanti giovani artisti con una visione e coraggio, come i nomi che vi presentiamo qui. Scattati insieme a Woolrich, crediamo che il 2018 sarà il loro anno: poi non dite che non vi aveva avvertito.

Yombe

Yombe - Nothing New to Me

Si sono conosciuti (e innamorati) a Napoli, collaborando con un’altra band, i Fitness Forever, ma è stata la convivenza a Milano a spingerli a scrivere le prime canzoni insieme: gli Yombe, ovvero il musicista e producer Alfredo Maddaluno e la cantante e songwriter Ceyn, sono una coppia sul palco e nella vita. «Essere legati artisticamente e sentimentalmente dà i suoi frutti, perché per noi l’ispirazione non conosce orari», dice lei. «Però non viviamo in simbiosi: per evitare di impazzire ci siamo imposti di ritagliarci i nostri spazi, in questo siamo bravissimi!», ride lui. La loro musica, cantata in inglese, è un raffinato mix tra influenze etniche, elettronica, pop sofisticato e contemporary R&B: a un primo ascolto, il loro omonimo EP d’esordio sembra sfornato a Williamsburg da qualche assiduo frequentatore dell’Afropunk. «Dal punto di vista delle sonorità, la matrice è sicuramente quella della black music», conferma Alfredo. «Però a livello di scrittura mi ispiro più ai gruppi del Nord Europa: abbiamo preso il lato positivo della globalizzazione», aggiunge Ceyn. Il loro primo album ufficiale è previsto per novembre e rispecchierà le due anime del gruppo, da sempre contrapposte tra due visioni del mondo: lui si dichiara modernista e
antinostalgia, lei invece fatica a
integrarsi in una generazione emotivamente in crisi. «Discutiamo spesso», confessano, «ma forse è proprio questo a darci una marcia in più». L’eterna lotta tra lo ying e lo yang.

Frah Quintale

Frah Quintale - Nei treni la notte (Video Ufficiale)

Nei suoi brani Frah Quintale mette tutto se stesso, senza tacere nulla – vedi il caso di Nei treni la notte, che ha rapidamente scalato la Top Viral 50 Italy di Spotify e in cui amore e nostalgia si mescolano a writer che bombardano i treni, bicchieri spaccati e eroina sopra le stagnole (N.B.: l’eroina è di qualcun altro, non sua). Nelle interviste invece è molto più posato, anche nel definirsi: «L’unica cosa che posso dire è che le mie canzoni non assomigliano a quelle di nessun altro». Classe 1989, di Brescia, ha cominciato con il gruppo hip hop Fratelli Quintale ed è stato tra i primi rapper a mischiare rap e cantautorato. «Un processo molto naturale: ho sempre amato cantare, e a un certo punto ho capito che il rap cominciava a starmi un po’ stretto», racconta. «Mescolare le due cose è possibile, sono contento che oggi lo facciamo in tanti». L’originalità di Frah e del suo collettivo Undamento, lo stesso di Coez, non sta solo nel contenuto e nella forma, ma anche nella presentazione: il suo album, per esempio, uscirà a novembre ma è anticipato da (e costruito attraverso) la playlist Spotify Lungolinea, in cui carica tracce vere e proprie, provini, strumentali e messaggi vocali. «È una specie di diario del lavoro in studio», spiega. Anche perché in studio, di fatto, ci vive: «Dormo lì da due mesi, è più comodo per lavorare. Peccato che a un certo punto siano esplose le tubature dell’acqua: si può dire che questo disco l’abbiamo registrato in un cantiere!».

Iosonoaria

iosonoAria - 100 Sorrisi

Ilaria, in arte Iosonoaria («Un nome nato come nickname su Instagram, in realtà») è arrivata sul palco passando dalle retrovie: «Ho studiato sound engineering e vissuto per tanti anni a New York, lavorando dietro le quinte. Le mie prime canzoni le ho vendute alla ABC, il network tv, per alcuni loro programmi». Poi il ritorno in Italia, per amore, e la voglia di cimentarsi con un progetto tutto suo: «Con il mio ragazzo alla fine ci siamo lasciati, ma nel frattempo avevo ricominciato a lavorare nell’industria musicale anche qui, stavolta per Ferdinando Arnò, il primo produttore di Malika Ayane», racconta, «dopo aver sentito alcune mie canzoni ha deciso di produrre anche me». Il suo primo singolo, 100 Sorrisi, è uscito quest’estate e si è classificato terzo al concorso Deejay On Stage: seguirà un album agli inizi del 2018. «Forse giusto in tempo per Sanremo, chissà!», scherza. In effetti in tv è quasi di casa: è figlia di Sabina Ciuffini, valletta storica di Mike Bongiorno, e la sua prima apparizione sul piccolo schermo risale ai Telegatti del 1997. Ma il suo futuro non necessariamente è nella nostra ridente penisola: «Ho abitato in tutto il mondo e amo molto il Sud America, mi piacerebbe che la mia musica arrivasse anche lì. In ogni caso, anche se come sound mi sento più vicina al pop internazionale, credo che continuerò a cantare in italiano: i testi nella nostra lingua sono inarrivabili».

Germanò

Germanò - San Cosimato

A dar retta al tono sommesso e quasi incredulo con cui Germanò si racconta, sembrerebbe che si sia trovato davanti a un microfono (e su queste pagine) quasi per caso. In realtà la sua storia affonda le radici in profondità nella scena indie romana: «Ho cominciato a suonare con i Jacqueries, la band di un mio compagno di classe, a diciott’anni. Poi ho fatto un EP solista sotto lo pseudonimo Alpinismo: un progetto abbastanza vellieitario», spiega, «cercavo in tutti i modi di sfuggire alla musica, però, perché a livello pratico non mi sembrava possibile vivere di questo». Ma al cuore non si comanda, per fortuna: «A un certo punto ho deciso di provarci davvero, a prescindere dal fatto che a qualcuno potesse fregare qualcosa di ciò che facevo. Per fare il cantautore devi essere un po’ mitomane: pretendi di avere qualcosa da dire al mondo, e il mondo deve stare ad ascoltarti». Così ricomincia a frequentare i palchi della capitale, finché le sue canzoni non arrivano alle orecchie di Davide Caucci di Bomba Dischi – l’etichetta di Calcutta, Carl Brave x Franco126 e tanti altri. Entro fine 2017 dovrebbe vedere la luce il suo album della rinascita, anticipato da brani delicati e intimi come San Cosimato, L’automobile che corre e Grace. «Volevo solo togliermi la soddisfazione di tornare in studio per registrare un nuovo disco, senza strategie», confida, «e senza aspettative, che non bisogna confondere con le ambizioni. La mia unica ambizione è di scrivere la migliore canzone possibile».

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