Il Tomorrowland non è un festival di musica elettronica | Rolling Stone Italia
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Il Tomorrowland non è un festival di musica elettronica

Un giorno dentro al maxi evento belga, che in tre date raccoglie oltre 160mila persone in un mondo parallelo, senza eguali. Una macchina da soldi non solo per gli organizzatori, ma per l'economia del Paese. Che va oltre la dimensione per cui è nato

Qual è il punto di vista giusto da cui guardare il Tomorrowland?

Qual è il punto di vista giusto da cui guardare il Tomorrowland?

Fa un po’ ridere che il Tomorrowland prenda forma ogni anno alle porte di un paesone di 17mila abitanti tra Bruxelles e Anversa che si chiama Boom. Come il botto dei fuochi d’artificio. Come l’unica parola che si ha in testa quando si esce dai cancelli a fine serata. Boom.

Chi guarda al Tomorrowland giudicando le performance in line-up, per dire «Oh, adesso vado a vedermi questo o quell’altro dj», non ha colto lo spirito del luogo. E non si è neanche avvicinato. Il festival belga è un concentrato di fantasia, è un mondo parallelo in cui entrare varcando delle porte magiche.

C’è da farsi una domanda, quando si va a vedere un festival di questo tipo. Cosa conta davvero? Le scuole di pensiero sono infinite: chi dice che basta la musica, poi il resto chissenefrega. Chi invece vuole la giusta combinazione tra ambiente e scelte artistiche. Altri, addirittura, che deve prevalere l’atmosfera.

Il Tomorrowland è un evento di massa, sì. È un evento “commerciale”, sì. Ovvero che cerca di produrre più economie possibili con la musica elettronica. Cosa puoi recriminare a un’organizzazione che vende tutti i biglietti in meno di un’ora, che ha tolto tutti i soldi cash dal festival (c’è un bracciale da quest’anno da ricaricare, ma solo con carte, niente monete o banconote) e che punta a rinnovarsi di anno in anno? Gli alberghi tra Bruxelles e Anversa sono quasi tutti sold-out, come i voli. Tanto che alcune compagnie aeree hanno integrato alcuni servizi speciali, come il trasporto gratuito delle tende oltre al bagaglio a mano. Gli sponsor e le partnership si moltiplicano, anche da altri mondi non necessariamente legati al clubbing, come ad esempio Mazda che ha unito quest’anno le forze con l’evento, gestendo anche un palco indipendente, la Mazda Journey Island. I dati del 2013 parlano di 70 milioni di euro portati all’economia del Belgio, compreso 19 milioni di euro spesi dai visitatori stranieri in trasporti e alloggi (sicuramente aumentati nel 2014, visto che per i dieci anni la tre giorni si è trasformato in una sei giorni). Una cifra che farebbe bene a qualsiasi Paese, che ovviamente attira interessi, che ovviamente attira investitori.

Tomorrowland

A questo punto, è evidente quanto sia sbagliato giudicare un evento così dai video ritagliati su Youtube, o dalle scelte artistiche dei singoli set. Poi sì, se vogliamo parlare di musica, possiamo dire che Dimitri Vegas e Like Mike hanno purtroppo svelato il lato piacione della Edm buttando nel set Nothing Else Matter dei Metallica e rovinando l’atmosfera. Possiamo dire che il palco Cocoon è stata una delle cose migliori che abbiamo visto, con una giornata esclusivamente in vinile (e siamo corsi da Sven Väth per salvarci nel momento-Metallica di cui sopra). Si può dire che un’apertura convinta a mondi underground mette a tacere le critiche di chi alza la mano per gongolarsi nel suo “essere alternativo” a tutti i costi, visto che oltre ai nomi sul main stage, abbiamo visto alternarsi Dave Clark, Green Velvet, Solomun, Derrick Carter, Eats Everything, Seth Troxler, The Martinez Brothers rappresentati di un mondo parecchio lontano da quello solitamente associato al Tomorrowland.

Quindi, qual è il punto di vista giusto da cui guardare il Tomorrowland? Certamente quello che fa alzare un po’ lo sguardo oltre la console. Allo stesso modo in cui si guarda un parco divertimenti, allo stesso in cui si guarda l’Expo. Una possibilità per attirare migliaia di persone in un unico luogo per un motivo specifico. Un’esperienza trasversale. «Sì, l’edizione scorsa è stata la decima, ma ora hanno alzato l’asticella. Non ho mai visto un palco come quello di quest’anno, hanno messo un castello, hai visto?», racconta Hardwell, prima del suo show di sabato. «Ogni volta che arrivi non sai cosa aspettarti, è un mondo fatato. La gente lo sa ed è proprio quello che vuole».

La forza del Tomorrowland è questa: la scelta di rilanciarsi tutte le edizioni, un punto gigantesco a favore di un format che potrebbe sedersi sugli allori e diventare uno dei tanti appuntamenti musicali in Europa. Invece no, punta più in alto. Ed è obbligato a farlo perché quella è la sua forza, cioè offrire un’esperienza pop unica ogni anno. Irripetibile.