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Pink Floyd: 5 perle da solisti

Dai capolavori di Syd Barrett alla solitudine dell'ultimo Gilmour, ecco gli album più belli delle carriere parallele dei musicisti inglesi

Pink Floyd: 5 perle da solisti

C’è vita fuori dai Pink Floyd, e neanche poca. Tutti i membri della band, anche il “fan infilitrato” Nick Mason, che ha firmato un disco con Carla Bley, hanno avuto le loro scappatelle soliste: Roger Waters sfogava le sue fantasie più surreali (schiaffi sulle cosce e scorregge accompagnate da un pianoforte jazz), Gilmour si abbandonava al reverb e alla solitudine, Syd Barrett dimostrava che se la sua mente non fosse implosa sarebbe stato il più grande di tutti. Qui sotto trovate cinque album, cinque perle soliste da ascoltare e riascoltare.

“The Madcap Laughs” di Syd Barrett (1970)

L’esordio solista di Barrett lascia intuire che A Saucerful of Secrets avrebbe potuto essere un capolavoro ai livelli di Sgt. Pepper se la sua mente avesse retto. Il vertiginoso folk rock dell’album, realizzato con l’aiuto di Gilmour e Waters, offre l’ormeggio al fluire delle libere associazioni, mentre i ritmi ondeggiano e le melodie si dilatano come palloni a forma di animali.

“Music from the Body” di Ron Geesin e Roger Waters (1970)

L’album, che si apre con un assalto percussivo e polifonico di peti, rutti, schiaffi sulle cosce, guance che si sgonfiano accompagnati da un pianoforte jazz, è la colonna sonora di un documentario inglese sul corpo umano, ed è un’affascinante e ingenua mescolanza di canzoni e musica sperimentale da camera. Comprende le più amabili registrazioni soliste di Waters (tra cui Breathe, che preannuncia l’omonimo brano di The Dark Side of the Moon).

“Barrett” di Syd Barrett (1970)

Più costruito e strumentale rispetto a The Madcap Laughs, Barrett è una cavalcata nel paesaggio di una psiche instabile, tra terreni accidentati e visioni superbe. Dominoes, lenta e ritmata, parla di appartarsi e giocare giochi da salotto, mentre Gigolo Aunt, dall’incedere più risoluto, avrebbe potuto essere un successo pop, con quelle linee di chitarra. Rats, un blues elettrico allucinato che procede a ruota libera, e la più lenta e sinuosa Maisie mettono i brividi.

“The Pros and Cons of Hitch Hiking” di Roger Waters (1984)

Scritto nello stesso periodo di The Wall, nelle intenzioni di Waters avrebbe dovuto essere un album dei Pink Floyd. Ma è diventato un disco solista costellato di effetti sonori, che si avvale della collaborazione di Eric Clapton e della chitarra di Gilmour, con risultati eccellenti. I cori dal sapore gospel e R&B e gli svolazzi jazz del sassofono di David Sanborn intensificano la coloritura blues dell’album, e se le affinità con The Wall sono evidenti, è pur vero che Pros and Con è invecchiato magnificamente bene.

“On an Island” di David Gilmour (2006)

Quest’album rigoglioso è il più coeso tra i lavori solisti di Gilmour, con la chitarra che veleggia in ogni brano, echeggiata da Phil Manzanera dei Roxy Music. Si capta una venatura folk in Smile, arricchita dall’effetto slide, e nella canzone che dà il titolo all’album, impreziosita dalle armonizzazioni di David Crosby e Graham Nash, mentre altrove si sentono lievi tocchi prog-rock.

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