Coez, intervista | Rolling Stone Italia
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Non è facile essere Coez

Ha smesso di bere e di fumare, perché i tour lo sfiancano. Non frequenta gente fuori dal lavoro, non ha rapporti con i fan. Parla il cantautore più sorprendente dell'anno

Non è facile essere Coez

Coez, in arrivo il nuovo disco

Foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

La vita da Coez sta cominciando a pesare un po’ a Silvano. Proprio adesso che un suo singolo, La musica non c’è, viene passato nei supermercati, cantato perfino da Matteo Renzi, e chiunque dai 15 ai 40 anni conosce il suo soprannome – era la sua sua firma sui muri da ragazzino –, il fisico sta cominciando ad accusare anni intensi di tour e album. Di forze però ne ha ancora. Tanto che, dopo il successone di Faccio un casino, il rapper-cantautore salernitano di nascita ma romano di vocazione sta già pensando a un seguito. Ma prima è meglio prendersi un annetto sabbatico (non succederà mai).

Coez - Ciao (Video Ufficiale)

Quindi non punti tanto al 2018?
Non ce la posso fare. È meglio parlare di 2019 per Coez. Fai conto che devo ancora riposarmi dal disco precedente. Non mi sono mai fermato. Di quel disco ho fatto anche la versione From the Rooftop, che è stata pure raccolta in un album digitale. Finito quel tour sono entrato in studio con il chitarrista, poi è iniziato un altro tour e via così senza sosta. Pensa che il video di La musica non c’è, uscito a fine settembre, l’ho girato a febbraio perché sapevo che dopo non avrei avuto neanche cinque o sei giorni liberi.

Insomma, quando pensi di riposarti?
Appena finito questo tour, dopo febbraio. Ma non mi fermerò del tutto, nel senso che ci sarà poi tutto il tour estivo. Ho moltissima roba pronta che ho scritto negli ultimi anni – non sono uno di quegli artisti che riescono a non scrivere – però, ecco, aspetterei il 2019. In alcuni casi l’ho vissuta anche male.

Cosa hai vissuto male, il processo di scrittura oppure la vita in tour?
No, parlo proprio dello scrivere canzoni. Al secondo disco mi è capitato il classico caso del blocco creativo. Mi mancavano tre pezzi e faticavo come un maledetto a finirlo. Poi alla fine sono andato a scavare nelle cose vecchie e negli appunti che mi salvo sul telefono. Mi annoto tutto ciò che mi viene in mente, da un ritornello a una strofa. Quindi, problemi di scrittura superati. Ora dovrei solo fermarmi un po’, occuparmi di me stesso. Non solo mentalmente.

Nel contenitore indie mi ci ha messo Spotify. Adesso il genere che faccio è diventato di moda

Ho sentito dire che hai smesso di bere.
Già. Specialmente ora devo stare attento perché essendo stanco il fisico accusa di più. La stanchezza amplifica gli effetti, anche solo se mi capita di mangiare pesante. Sono sempre stato abbastanza punk nei live e adesso vedo che il fisico non regge: è troppo che sono in giro. Quando invece stai bene puoi permetterti più vizietti. Ora faccio crossfit, a volte corro. Però dipende tutto se ho tempo, e il tour me ne prende molto. È un gatto che si morde la coda.

E fumare invece?
Ho smesso anche con quello. Poi chiaramente se capita la serata dove bevo due cose, spuntano fuori anche le sigarette. Le due cose purtroppo vanno di pari passo. Io per smettere di fumare ho dovuto anche smettere di bere. Così ti pesa di meno. Comunque diciamo che mi devo anche un po’ staccare da tutto. Sono tre anni che penso solo al lavoro, quindi ora nei pochi momenti liberi mi rendo conto che non ho altro. Breve storia triste.

In che senso non hai altro?
Quando non ti prendi cura anche della vita privata, succede che ti ritrovi a frequentare solo le persone con cui lavori. Non sono stato appresso più a niente e nessuno, quindi…

Forse ora non è tanto facile conoscere nuovi amici, hai acquistato una certa popolarità. Sento il tuo singolo in ogni supermarket…
Un equilibrio, in qualche modo bisogna trovarlo. Fa parte del lavoro quotidiano, sennò è inutile che fai ’sto lavoro. Poi per carità, i risultati alla fine ci sono. Questo è il terzo disco che faccio sul genere, dopo il mio cambio dal rap a una dimensione più cantautorale. Unica cosa: nel contenitore indie, mi ci hanno infilato.

Un po’ a forza, dici?
No, non a forza, ma mi ci ha messo Spotify. È stata anche una fortuna che il disco del 2013, che stava un po’ nel rap e un po’ nell’indie, fosse uno dei primi di questo nuovo genere ora di moda. In più mi hanno sempre definito un artista pop, quindi alla fine trovavi il mio nome in mille playlist di generi diversi. In qualche modo c’è stato un passaparola e dopo anni ho cominciato a farmi conoscere.

Mi spieghi una cosa? Cosa ti ha turbato di quella famosa recensione di Rolling Stone (Coez aveva postato su Facebook una foto della review dell’ultimo album, sottolineando come secondo lui non fosse corretta, nonostante lo promuovesse con tre stelle, ndr)?
Era piena di riferimenti sbagliati, secondo me, come Neffa e Calcutta. Io invece tra i rapper avrei messo più un Tormento dei Sottotono, ecco. Chi l’ha scritto era una persona che non aveva ascoltato il disco, perlomeno non lo aveva fatto con attenzione.

Sei permaloso nella vita?
Ma no, è che semplicemente non puoi fare una recensione del genere se ascolti il disco. Diceva “Coez vuole aggiungere cemento fresco al ponte fra il rap e l’indie”. Tanto per cominciare, a me, questa cosa dell’indie che mi veniva messa in bocca da qualcun altro, non andava bene. Perché oggi mi date dell’indie e non cinque anni fa quando ho fatto un disco con Riccardo Sinigallia? Cosa è cambiato? Quel disco lì tra l’altro ebbe ottimi risultati rapportati all’epoca – tutti i suoi video sono sopra al milione di views. Dico solo che arrivare così tardi con una recensione così per una testata del genere è stato uno sbaglio. E tra l’altro non è stata la prima recensione negativa che mi facevate. Mi ricordo quando è uscito Non erano fiori, il disco con Sinigallia del 2013. C’era un pezzo, La strada è mia, che è stato stroncato da quella recensione. Se quel pezzo, uno dei miei meno ascoltati, fosse uscito in Inghilterra avrebbe spaccato. Non voglio essere indelicato, ma tanto i risultati parlano chiaro, indipendentemente dalle recensioni. Rolling Stone è un giornale figo, vedo pagine e pagine dedicate a Laioung e Izi. Se poi però vedo un trafiletto così dove si parla male del mio disco, permetti che mi gira il cazzo?

E invece con i Canova che è successo?
In questa cosa non c’entro nulla. Nemmeno li seguo, semplicemente qualcuno è venuto a dirmi che si sono incazzati perché il video di La musica non c’è era uguale a un video loro. Effettivamente è vero, ma è un video di genere. È come se uno fa un horror e poi nessuno può farne altri perché qualcuno l’ha già fatto. Se ne potranno fare altri, no? L’idea ci è venuta guardando il canale YouTube di Greta Menchi. A me piace ascoltare musica sopra video a caso col volume a zero. Volevamo il video di una ragazza senza che ci fossi io: sapevo che sarebbe diventato il pezzo di punta e, se ci fossi stato, avrebbe eccitato troppo. Comunque il loro era un attacco che non ci stava, e infatti si sono presi gli insulti dei loro stessi fan. Che poi ho conosciuto i Canova, sono davvero carini. Magari ora si sono pentiti, anche a me capita di pentirmi di uno strafalcione. Non con Rolling Stone però!

Fatto sta che c’è sempre un Coez VS. qualcuno.
Beh ma è perché vengo attaccato spesso. E se vengo attaccato, mi difendo. Poi mica porto rancore, eh.

E coi fan hai un rapporto?
Prima un minimo di rapporto c’era, ora è praticamente nullo. E soprattutto non faccio distinzione fra maschi e femmine. Sui social parlo con tutti allo stesso modo. Quanto alle groupie, più va avanti e più sei distante dal tuo pubblico. Quindi quella cosa dell’uscire e dello scriversi comincia a diventare infattibile. Una volta nei direct di Instagram mi scrivevano dieci persone, ora sono mille. E per me mille equivale a zero, perché alla fine non rispondo. Non li leggo più. Più vado avanti e più sento la distanza, anche se nella comunicazione rimango un cazzaro, uno a cui piace scherzare. Non avevo mai pensato a questa cosa del “Coez VS. qualcuno”, perché chi mi conosce alla fine mi vuole bene. Non sai quanti messaggi ricevo con scritto: “So’ troppo contento per te perché so’ dieci anni che ci provi e finalmente ci sei riuscito”. I giornali e le radio non mi hanno mai pompato. Persino Carosello è riuscita solo ora a farmi mandare in radio, dopo tre dischi radio friendly.

Che cos’avevi che non andava, secondo te?
Io questo non lo so, te lo giuro. Forse era troppo presto per il rappato/cantato? Oppure boh, sto sul cazzo alla gente.

A noi di Rolling non stai sul cazzo. Facciamo pace?
Pace fatta.

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