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Night Skinny: «Fatevi i Pezzi vostri»

Il produttore rap fa parlare la sua musica con un disco di super hit. E qui mette a tacere le polemiche.

Night Skinny: «Fatevi i Pezzi vostri»

Night Skinny, foto Jon Bronxl. Giacca ARCTERYX in GORE-TEX®, pantaloni STUSSY e sneakers PROPHERE adidas Originals

«Non mi drogo, non bevo, non faccio un cazzo», dice, un po’ stizzito, Night Skinny, sorseggiando un tè caldo nell’ufficio dell’editore, in quel momento fuori. «Per cui, se mi accusi di aver fatto un concept album sulla cocaina, permetti che mi gira il cazzo?». L’accusa viene da alcuni commenti, visti poche ore prima su Facebook. Il suo nuovo disco si chiama Pezzi e molti, anche persone che Luca conosce bene, l’hanno preso per un elogio alla droga. Sull’artwork del CD sono disegnati i nomi di varie sostanze, e il loro effetto sugli occhi di chi le usa. Mentre nel video della title track, tutto attorno a Gué Pequeno e Rkomi, voci e volti del brano, la gente stende righe di coca, scalda coltelli per fumare oppio o gira sontuose canne. Il beatmaker molisano, però, nega tutto. E poi, se anche fosse, i 16 pezzi in scaletta rappresentano forse lo slancio più coraggioso dell’hip hop italiano del 2017. Magari pure del 2018.

Night Skinny, foto Jon Bronxl. Cappello e pantaloni adidas Originals, giacca CARHARTT, sneakers PROPHERE adidas Originals.

Sei un po’ incazzato quindi?
Non sono proprio incazzato, è che queste cose mi fanno cadere le palle. Un conto è venirmelo a dire, un altro è sparlare su Facebook, solo per il gusto di farlo. Non so come dire, ho fatto un disco di soli campioni da YouTube. Sample che andavano forti negli anni ’90, che ho ritagliato e rielaborato, facendo un lavorone. Ne stanno parlando bene tutti e poi arrivano questi, che non hanno nemmeno la decenza di taggarmi nei post, e tentano di smontare tutto per un misero video.

Parecchia gente, però, ha frainteso questo doppio significato del termine Pezzi, sai?
Eh, bro, vuol dire che non hanno letto il comunicato. Non mi drogo, non bevo, però non sono nemmeno un purista. La scelta dei nomi delle droghe scritti sul disco è soltanto estetica. Mica ti sto dicendo di uscire e di tornare a casa con quegli occhi. Quanto al brano Pezzi, mi serviva una hit, per sostituirne un’altra, che alla fine non è andata in porto. Così ho chiesto a Gué di fare una roba bella cruda. La coca non c’entra proprio un cazzo col nome. Da piccolino facevo le compilation su cassetta e le chiamavo tipo “Pezzi hip hop 1996”. Il concept non è di certo la droga, ma gli artisti che partecipano al disco. Sono usciti altri video prima di Pezzi, tutti ambientati per la strada. Come quello con Noyz Narcos o i 67 (gruppo grime londinese che rappa nella traccia “On Tour“, ndr).

Ho sentito che ci sono stati dei casini con i 67.
Sì, ho avuto dei problemi a far pubblicare il video in Inghilterra. Alcuni di loro hanno dei processi ancora aperti – uno della crew deve girare sempre con la maschera –, quindi preferivano non pubblicare il video in UK, visto che sono tutti girati lì, sotto le case popolari di Brixton. Sono una vera gang, mica come quelle di qua. Sono stato con loro un paio di giorni, posso dirti che quelli fanno sul serio. Insomma, per aggirare il problema ho dato il video a quelli di Noisey USA. Conoscevano già bene la crew, e mi hanno fatto un bell’articolo.

Come mai nel disco c’è solo una donna che rappa, ed è inglese? In Italia è ancora troppo presto?
Semmai è tardi. Personalmente l’unica che mi piace è Leslie, una ragazza di Pescara davvero molto forte. Si sta affermando pian piano. Peccato che quando mi sono accorto di lei, il disco era già finito.

Ci tieni a “spingere” i nuovi nomi del rap nei tuoi dischi, si vede.
Be’, sì, se conti che sono stati loro che mi hanno ricaricato le batterie. Dopo l’ultimo disco, Zero Kills, ho vissuto un periodo di paranoia costante su cosa fare e come farlo. Un periodo buio. Non era nemmeno un bel momento discograficamente. Spotify pagava quanto un cornetto e un cappuccino, mentre ora è fondamentale che un disco si piazzi bene nelle sue classifiche. Quando Rkomi è uscito con Dasein Sollen è stato come vedere la luce, e a lui non sembrava vero che gli stessi scrivendo per proporgli di collaborare. Da lì in poi sono entrato in contatto anche con Ernia, Tedua, Izi. È un momento super fertile per la musica. Mentre parliamo, ci sono altre 3 o 4 nuove figure street che si stanno affermando. Non solo: anche i veterani come Gué, Mecna o Noyz sono entusiasti delle nuove leve. Gente famosa ormai da decenni, ma che tiene sempre un piede nel futuro.

Non mi drogo, non bevo, però non sono nemmeno un purista. La scelta dei nomi delle droghe scritti sul disco è soltanto estetica.

E come va con i tuoi dischi strumentali?
Dopo Zero Kills è uscita una raccolta strumentale, anche perché molti fan le preferiscono ai normali album. Il mercato italiano, però, non è ancora pronto per queste cose, e forse non lo sarà mai. Le mie basi sono eclettiche, non sono dei semplici loop, eppure la stragrande maggioranza del pubblico si aspetta di sentire la voce di un rapper. Io, nel mio piccolo, continuo sulla mia strada, cioè i dischi pieni di campioni presi da YouTube. Ho sentito che anche Kanye West sta facendo un disco zeppo di sample.

Alcune basi del nuovo disco mi ricordano gli arpeggi pazzi di Lorenzo Senni.
Non ti nascondo che sarebbe dovuto esserci un suo remix. Però Lorenzo è uno molto meticoloso, lento nel lavorare, quindi alla fine il progetto non è andato in porto. La sua musica è fatta di arpeggi molto tecnici, e in più sta facendo un altro disco con Warp. Era troppo preso dai suoi affari, giustamente. Volevo fargli remixare la traccia con Tedua, che, se ci fai caso, si apre con un arpeggione, e poi si spegne.

Come mai il pezzo si chiama Michael J. Fox?
Perché il flow di quel pezzo è come una DeLorean. Quando lo ascolti sembra di entrare in una macchina del tempo: super compulsivo, ma allo stesso tempo melodico. Ah, vorrei che scrivessi anche questa cosa: chi continua a dire che Tedua non va a tempo è perché non riesce a uscire dall’ottica dei quattro quarti. Tedua va a tempo, fatela finita. Solo che non chiude la quartina: la anticipa, oppure la posticipa. È uno dei rapper più originali in Italia in questo momento, insieme a Rkomi, Izi e amici. Persone che ormai frequento tutti i giorni.

Night Skinny, foto Jon Bronxl. Giacca PATAGONIA, pantaloni STONE ISLAND, sneakers PROPHERE adidas Originals.

Come si svolge una tua giornata?
Mi sveglio alle 9, faccio colazione e vado in studio. Alle 10 controllo le mail, un’ora dopo apro YouTube e ascolto quello che mi consiglia, sia nazionale sia internazionale.

Senza YouTube non ci sarebbe stato Pezzi, insomma.
Assolutamente, è stato fondamentale. Io compro e colleziono vinili – soprattutto World Music –, ma poi il campione vado a prenderlo su YouTube. Come ho fatto con il tamburello nella title track.

Ah, sì! Quello fa molto Pusha T.
Infatti è agli stessi BPM della sua Numbers On The Boards: 84. Io lavoro in questo modo: divido lo schermo in due, da una parte c’è la playlist del video e dall’altra il software che uso per produrre. Così faccio la batteria, ed entro l’ora di pranzo ho finito il loop. Dopo pranzo torno in studio e finisco la base.

Ci hai messo 16 giorni per fare 16 pezzi?
Ci ho messo anche meno, in realtà. L’ho iniziato a settembre e in pochi giorni ho finito le basi. Il resto del tempo l’ho passato coi rapper a registrare. Non ci ho messo un cazzo. È un momento in cui sono gasato, e vorrei dargli un seguito.

Con un disco ancora più internazionale?
Eh, ma i pezzi all’estero o c’hai un management forte, oppure è un casino. Ti faccio un esempio? A Pusha T avevo chiesto di rapparmi su un pezzo del disco. Per 16 barre mi ha chiesto qualcosa come 18 mila euro. Una roba senza senso. Poi ho provato con Cam’ron dei Dipset, che nemmeno mi ha cagato. Voglio farmi conoscere anche in Inghilterra, ma tanto fare i featuring con i nomi importanti in Italia è inutile. L’italiano vuole l’italiano.

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