L'era dell'hip hop di protesta | Rolling Stone Italia
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L’era dell’hip hop di protesta

Da quando il movimento "Black Lives Matter" ha raggiunto il suo punto più critico, gli artisti si trovano davanti a una questione spinosa: cosa dovrebbero fare?

Un'immagine delle proteste di "Black Lives Matter". Foto: Annette Bernhardt

Un'immagine delle proteste di "Black Lives Matter". Foto: Annette Bernhardt

Il 7 luglio Jay-Z ha fatto qualcosa di lontano dal suo personaggio: ha pubblicato una canzone di protesta. A quanto riferito, il rapper avrebbe versato decine di migliaia di dollari per pagare la cauzione dei manifestanti arrestati a Baltimora nel 2015, mentre tramite Tidal ha donato un milione e mezzo di dollari a favore di cause relazionate a Black Lives Matter. Tuttavia è stato soltanto dopo le uccisioni di Alton Sterling e Philando Castile, avvenute per mano di poliziotti in Louisiana e Minnesota – così come l’uccisione di cinque agenti di Dallas durante le proteste dei giorni seguenti – che Jay ha, finalmente, parlato: “Solo un altro ragazzo dal ghetto/ Tengo le mani alzate nella disperazione/ Non sparare” ha rappato in Spiritual. In seguito ha dichiarato: “Sono rattristato e deluso da quest’America; dobbiamo superare questo momento”.

Non è stato il solo. Dopo che i video delle sparatorie sono diventati virali, Beyoncè ha pubblicato una lettera che, in parte, recitava: “La guerra della gente di colore e di tutte le minoranze deve finire”. Snoop Dogg e The Game hanno guidato una manifestazione a Los Angeles, e T.I. ha protestato ad Atlanta. Dozzine di altri artisti, da Miguel a Swizz Beatz, hanno fatto uscire canzoni sull’onda delle sparatorie.

«Si sta assistendo a una nuova generazione di attivisti che si sono accesi», ha detto Talib Kweli. Iniziato nel 2012 con l’uccisione di Travyon Martin, il movimento Black Lives Matter ha scatenato un’ondata di hip hop e R&B politicizzato, partendo da artisti come J. Cole, Kendrick Lamar e Beyoncé. Ma le recenti uccisioni hanno provocato una risposta massiccia, tanto da spingere a parlare anche artisti che fino a ora erano stati lontani dalla politica. «Abbiamo assistito all’omicidio di Alton Sterling», ha detto Kweli, attivista da lungo tempo, «Philando Castile, l’hai visto morire! Nessuno aveva mai assistito a immagini così dirette». La star di Love & Hip Hop, Joe Budden, che racconta di Sterling e Castile in un freestyle di quattro minuti in Freedom di Beyoncé, ha dichiarato di aver deciso di agire «quando ho sentito quella ragazzina – la figlia della compagna di Castile – consolare sua madre dopo che l’avevano ucciso». Kweli ha contribuito alla canzone I Can’t Breathe – ispirato alle ultime parole di Eric Garner, strangolato a morte dalla polizia nel 2014 – ed è apparso in un video assieme a celebrità come Lenny Kravitz e Alicia Keys mentre discutono della violenza da parte della polizia. “Stiamo vivendo nel nostro momento We Are The World” ha detto.

Kweli ammonisce i rapper che vogliono avvicinarsi a questo movimento riguardo al fatto che sia necessario istruirsi. «Se non stai parlando la stessa lingua o non conosci dove sta andando il movimento», ha detto Kweli, «dovresti smetterla di sembrare un folle». Snoop e The Game sono stati criticati da membri del Black Lives Matter dopo che, a Los Angeles, i rapper erano apparsi con il sindaco e il capo della polizia. «Le celebrità hanno cancellato il lavoro che noi stiamo facendo», ha detto l’attivista Jasmine Abdullah. «Il sindaco li sta usando per dividere e conquistare la nostra comunità». Il rapper della G-Unit Young Buck ha pubblicato due tracce che sembrano sostenere la risposta alla violenza con altra violenza, attirando le critiche dai conservatori. Una di queste, Riot, implora l’ascoltatore di “prendere le sue fottute pistole” e “iniziare una fottuta rivolta”. «Non sto incoraggiando le persone a prendersi la vita di un poliziotto innocente», ha detto Buck, «ma mi schiero con chi crede nel proteggere la propria vita ad ogni costo».

DeRay Mckesson, una delle voci di spicco nella lotta contro la brutalità delle forze dell’ordine, sottolinea come Beyoncé sia un esempio di come un’artista possa fare la differenza. «La sua fama lavora in funzione della giustizia sociale e non oscura il lavoro fatto», ha riferito. «Quando Beyoncé elenca i nomi delle vittime ai propri concerti, o mette link riferiti a legislatori sul suo sito web, invita ancora più persone al dibattito». Vic Mensa, protetto di Kanye West, che a giugno ha pubblicato 16 Shots, a proposito dell’omicidio di Laquan McDonald per mano della polizia di Chicago, ha aggiunto: «Ciò che possiamo fare come artisti è portare la gente a interessarsi».

Chuck D dei Public Enemy ha detto che la partecipazione non sono mai stati così alta. «É come The Message di Grandmaster Flash», ha detto.«”Non spingermi, perché sono vicino al limite/ Sto cercando di non perdere la testa”. Melle Mel scrisse questa roba più di 30 anni fa. Come si può pensare che queste frasi non possano applicarsi a quanto sta succedendo ora? Così tante persone sono vicino al limite».