Le 100 migliori canzoni Hip-Hop di tutti i tempi (79-60) | Rolling Stone Italia
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Le 100 migliori canzoni Hip-Hop di tutti i tempi (79-60)

Da Grandmaster Flash a Tupac, passando per Eminem e Missy Elliott, una giuria d'eccezione ha scelto i brani che hanno fatto la storia del genere

Le 100 migliori canzoni Hip-Hop di tutti i tempi (79-60)

Nacque tutto 40 anni fa con un blackout che annerì Manhattan. I primi dj radunavano la gente nei parchi per ballare, spesso attaccando la spina dei loro giradischi ai pali della luce. Nel giro di pochi anni quella musica è diventata una rivoluzione che, partendo dagli eroi della old school, è diventata una delle forme d’arte più espressive della Storia americana. Rolling Stone si è occupato di hip hop fin da quando era un fenomeno underground di New York, anni prima di MTV e del dominio delle playlist radiofoniche. Questa classifica, inserita nello speciale sull’hip hop in edicola, è stata redatta da una giuria d’eccezione, che ha selezionato i 100 migliori brani della storia dell’hip hop.

79. “Beat Bop” di Rammellzee and K-Rob (1983)

Versione in studio di una jam dei party di Manhattan nei primi anni ’80, prodotta dall’artista Jean-Michel Basquiat, in cui il 15enne K-Rob e Rammellzee fanno una battaglia ipnotica su un beat dub e un campione di violino. Un viaggio old-school che ha fatto la storia.

78. “Ego Trippin’” di Ultramagnetic MCs (Critical Beatdown, 1988)

Questa crew di radicali del Bronx crea una jam utilizzando un campione della voce di James Brown – ma la stravolge tanto da far sembrare il Padrino del Soul una specie di marziano – e le rime bizzare di Kool Keith. «Erano gli astronauti dell’hip hop», ha detto di loro DJ Premier.

77. “Can I Kick It” di A Tribe Called Quest (People’s Instinctive Travels
and the Paths of Rhythm
, 1990)

La linea di basso di Walk on the Wild Side di Lou Reed e l’organo di Lonnie Smith, per uno dei pezzi più eclettici dell’hip hop afrocentrico. Q-Tip spiega che la Tribe ha «un flow a strati», ed è vero. Infatti alza il livello.

76. “Children’s Story” di Slick Rick (The Great Adventures of Slick Rick, 1988)

Slick Rick è stato il primo storyteller dell’hip hop: “Saggio come un gufo, dolce come una colomba”. Questa favola della buonanotte su due ragazzini che si dedicano a “rapinare anziani” è uno dei pezzi più realistici e dettagliati nella storia dell’hip hop.

75. “Ante Up (Robbing Hoodz Theory)” di M.O.P. (Warriorz, 2000)

Una crew che ti fa sobbalzare come le buche nelle strade del loro quartiere, Brownsville. Quando lanciano le loro minacce, ti viene voglia di scappare, anche se sei tranquillo a casa tua. L’inno di strada definitivo di New York.

74. “Mass Appeal” di Gang Starr (Hard to Earn, 1994)

DJ Premier prende il ritornello da Pass Da Mic dei Da Youngsta’s e il loop della melodia dal jazzista Vic Juris per creare l’atto di accusa definitivo ai rapper che vogliono fare pop. E Guru mette in mostra il flow che lo ha reso una delle voci più celebrate dell’hip hop internazionale.

73. “Ms. Jackson” di OutKast (Stankonia, 2000)

Una vera rarità nel mondo dell’hip hop: un pezzo in cui André 3000 chiede sinceramente scusa per la fine della storia con Erykah Badu. «La musica ti dà la possibilità di dire quello che vuoi», ha detto. «A sua mamma è piaciuta. Mi ha chiesto: “Dove sono i miei diritti d’autore?”».

72. “Protect Ya Neck” di Wu-Tang Clan (Enter the Wu-Tang (36 Chambers), 1993)

Nel 1992, nel loro primo singolo i nove MC del Wu-Tang Clan scatenano una tempesta di stili e punch line, sostenuti da un beat di RZA, che viene pagato 100 dollari da ognuno di loro. «È l’inizio della nostra carriera», ha detto Raekwon, «la nostra dichiarazione più importante».

71. “Ni**as in Paris” di Jay-Z and Kanye West (Watch the Throne, 2011)

Registrato all’hotel Le Meurice di Parigi, è il pezzo in cui Kanye dice che la sua musica è «il punto di incontro tra arte e affari». Ma non è un inno alla bella vita: West vuole fare casino in Francia, Jay immagina il suo triste destino se non fosse diventato Jay-Z.

70. “Brooklyn Zoo” di Ol’Dirty Bastard (Return to the 36 Chambers, 1995)

«In studio Dirt parlava e scherzava sempre e voleva che registrassimo tutto», racconta Buddha Monk. Il suo genio folle è tutto in questo pezzo e nel suo ritornello ripetuto all’infinito: «Sembra Screamin’ Jay Hawkins che fa il miglior pezzo hip hop di sempre», dice Questlove.

69. “Monster” di Kanye West (My Beautiful Dark Twisted Fantasy, 2010)

Kanye è in una fase di ostentazione creativa quando crea questo tornado di suoni con Rick Ross, Jay-Z e Bon Iver, ma la vera star è Nicki Minaj che promette di mangiarci il cervello con le sue zanne ricoperte d’oro e ruba la scena a tutti nel video psycho-horror.

68. “Hip-Hop” di Dead Prez (Let’s Get Free, 2000)

La dichiarazione di intenti di afrocentrismo rivoluzionario più secca dopo i Public Enemy. Fatta da una band radicale di Brooklyn che chiedono “una Lexus o giustizia”, invade le playlist con quello che il rapper M-1 ha definito: «Un tentativo di arrivare al livello di disagio della nostra gente».

67. “What You Know” di T.I. (King, 2006)

T.I. entra nella Top 10 con il momento pop del Trap di Atlanta. DJ Toomp e Wonder Arillo creano una colossale base di synth in omaggio alla cover del 1970 di Roberta Flack di Gone Away degli Impressions. Dice Toomp: «Quando T.I. l’ha sentita, ha scritto il ritornello in dieci minuti».

66. “6’n the Mornin’” di Ice T (Rhyme Pays, 1987)

Ice T si ispira alla sua stessa vita per comporre il pezzo gangsta originale, in cui descrive le avventure di “un mostro delle strade metropolitane che si è fatto da solo”. «È come se avessi sempre cucinato uova e a un certo punto mi avessero detto: “Hey, perché non le vendi?”. È stato facile».

65. “A Milli” di Lil Wayne (The Carter III, 2008)

La più grande hit di quello che veniva considerato “il miglior rapper vivente”, in cui il rapper di New Orleans si paragona a B.I.G., 2Pac e Jay-Z. Il produttore Bangladesh conferma che Lil Wayne non ha scritto nemmeno una rima: «È tutto freestyle puro».

64. “Baby Got Back” di Sir Mix-A-Lot (Mack Daddy, 1992)

«Al tempo andavano di moda le ragazze magre come pali della luce», ricorda il rapper e produttore di Seattle Sir Mix-A-Lot: «Questo pezzo è la mia risposta istintiva a quel tipo di immagine femminile». L’electro beat del rapper e il videoclip esilarante aiutano a diffondere il messaggio positivo.

63. “The Choice Is Yours (Revisited)” di Black Sheep (A Wolf in Sheep’s Clothing, 1991)

Su un sample jazz di Ron Carter, i due MC della Native Tongues Dres e Mista Lawnge creano la filastrocca rap “Engine engine No.9 on the New York transit line” in un pezzo che ti risucchia dentro con la sua forza elettromagnetica.

62. “How I Could Just Kill a Man” di Cypress Hill (Cypress Hill, 1991)

Cypress Hill - How I Could Just Kill a Man (Official HD Video)

Alcune strofe vengono dal demo di Trigger Happy Nigga, il pezzo con cui i Cypress Hill ottengono il primo contratto discografico. B-Real spara le sue rime da duro su un beat di DJ Muggs (basato su un sample della band garage rock Metal Machine) e, boom!, nasce un capolavoro.

61. “Deep Cover” di Dr. Dre feat. Snoop Doggy Dogg (Colonna sonora del film Deep Cover, 1992)

Esordio di Snoop Doggy Dogg (prima del “gin e succo” e prima dei “papponi e puttane”) e prima produzione solista di Dr. Dre. Dopo i N.W.A Dr. Dre prende un pezzo scritto originariamente per il suo album The Chronic e lo trasforma nel modello di riferimento del suo stile (decisamente più memorabile del film a cui è legato). Su un accordo dissonante di pianoforte e una base di basso e batteria esplosiva, Snoop interpreta invece il giovane nero in guerra con la LAPD e, con un sorriso beffardo, trasforma in ritornello una strofa che parla di fare fuori un agente in borghese (usando anche il codice della polizia che indica un omicidio: 1-8-7): «Se i giornali avessero fatto qualche ricerca», ha detto Snoop, «sarebbe venuto fuori un bel casino».

60. “Hold It, Now Hit It” di Beastie Boys (Licensed to Ill, 1986)

Prima di dominare MTV i Beastie Boys si lanciano all’attacco delle radio di musica nera: «Il fatto che fossero bianchi ha contribuito a farli emergere», ha detto Russell Simmons della Def Jam, «ma sono stati accettati anche dagli afroamericani perché erano bravi».