I migliori album degli anni Novanta, dal 60 al 41 | Rolling Stone Italia
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I migliori album degli anni Novanta, dal 60 al 41

Fugees, Sleater Kinney, Depeche Mode e Guns n' Roses, la terza parte della classifica dei migliori album del decennio secondo Rolling Stone America

Un dettaglio della copertina di "The Score", il disco dei Fugees del 1996

Un dettaglio della copertina di "The Score", il disco dei Fugees del 1996

60. EN VOGUE
Funky Divas
EastWest, 1992

Le En Vogue indossano il loro abito migliore per Funky Divas, sono eleganti e in cerca di amore lungo il confine tra R&B e hip hop e sfoggiano tutta la loro esuberanza vocale, da Free Your Mind al soul succulento di Give It Up, Turn It Loose. Le ragazze hanno anche il coraggio di prendere una canzone che Curtis Mayfield ha scritto per Aretha Franklin e il talento per rendere Giving Him Something He Can Feel leggera e sognante, un puro piacere estivo che conquista le playlist delle radio per tutto il decennio.

59. CYPRESS HILL
Cypress Hill
Ruffhouse/Columbia, 1991

La formula dei Cypress Hill è stata imitata così tanto che è facile dimenticare l’impatto che ha avuto: le voci più folli di L.A., spaventosi testi in Spanglish e polverosi beat funky anni ’70. B-Real e Sen Dog cantano le lodi della dolce foglia verde con una devozione raramente vista oltre il parcheggio di un concerto dei Phish. E mentre i due rapper rimano di spinelli, pistole e bottiglie di alcol, Dj Muggs pompa carichi di basso in collage di suoni paranoici come quello di Hand on the Pump.

58. JANET JACKSON
Janet
Virgin, 1993

In quanto membro della famiglia reale della musica nera, Janet Jackson ha registrato ogni momento della sua vita: Control era il ballo delle debuttanti, Rhythm Nation 1814 l’annuncio del suo risveglio sessuale e politico, con Janet celebra il suo essere un oggetto del desiderio. Usando soul, rock e dance, Janet crea il suo disco più ambizioso guidata dai produttori Jimmy Jam e Terry Lewis. Due album prima cantava innocentemente: “Aspettiamo”, adesso dice: “Se fossi la tua ragazza, oh cosa ti farei / Ti farei gridare il mio nome” e mostra a tutte le donne un modo per mettere insieme dignità e libertà sessuale.

57. DEPECHE MODE
Violator
Sire/Reprise, 1990

Per i fan è il momento di gloria del loro periodo in giacca di pelle nera, l’album con cui trasformano la rabbia giovanile in un grandioso melodramma synth-pop. E il tentativo di fare un pezzo direttamente rock con Personal Jesus si conclude con una hit.

56. LL COOL J
Mama Said Knock You Out
Def Jam, 1990

Ripresosi dal flop di Walking With a Panther, LL Cool J si toglie la polvere di dosso e dà una nuova impronta al suo stile, mentre diventa un adulto e un veterano hip hop. Con punchlines grandiose, spavalderia e la sua voce cool, Mama parla dei lati meno pericolosi della vita di strada, di autoradio con volume a palla e tipe in gamba con borse di Fendi (come canta in Around the Way Girl). Un album bomba con un funk superballabile fornito dal leggendario Marley Marl, che rilancia così la sua carriera.

55. JANES ADDICTION
Ritual de lo Habitual
Warner Bros., 1990

È dura riuscire a godersi un album dei Jane’s Addiction: improvvisazioni infinite, iperboli e un’insistenza hippy sul potere pagano della musica. Ma questa volta dategli una chance: vi ritroverete immersi nelle onde poderose create dalla chitarra di Dave Navarro e dalla batteria di Stephen Perkins e sentirete, nelle grida di Perry Farrell, la chiamata del dio Pan. Ritual è l’album per convincere gli scettici, perché non solo ha due ottimi singoli, Stop e il manifesto anarchico Been Caught Stealing, ma anche un groove frenetico e potente come la Santa Monica Freeway che ti porta dritto in mezzo al ricciolo dell’onda.

54. BRUCE SPRINGSTEEN
The Ghost of Tom Joad
Columbia, 1995

Le ballad oscure che Bruce Springsteen mette dentro The Ghost of Tom Joad, così pericolosamente orientate verso la disperazione pura, fanno sembrare un album come Nebraska allegro come Rosalita. Attraversando il panorama di un’America riaperta dai rifiuti delle speranze fallite di tutti, Springsteen fissa l’oscurità e la combatte, ma il combattimento finisce con un pari. Che un rocker della sua magnitudine faccia un album folk così disperato è un vero pugno nello stomaco all’America del capitalismo e della finanza.

53. TOM WAITS
Bone Machine
Island, September 1992

Dopo aver passato gli anni ’70 e ’80 a raccontare le storie del mondo sotterraneo di una mitologica America primitiva e senza troppe pretese intellettuali, Tom Waits diventa un’icona alternativa degli anni ’90 con il suo album migliore di sempre.
In Bone Machine i viaggiatori solitari e gli stranieri inquieti combattono contro la bottiglia, la religione e la voglia di cercare un posto migliore: “Vale la pena andare anche se c’è da superare qualche problema / Un po’ di pioggia non ha mai fatto male a nessuno (…) / Devi rischiare qualcosa che sia importante”, canta in Little Rain accompagnato dalla chitarra pedal steel di David Phillips. Non c’è bisogno di convincere nessuno, questa è una canzone più antica di Tom Waits, più antica di Hank Williams e di Robert Johnson. Waits sta inseguendo il mistero dei misteri: dove ci porterà la vita? Un album così ricco di desiderio e ricerca spirituale è all’altezza di quello sforzo, non importa quanto strano possa essere.

52. PEARL JAM
Vitalogy
Epic, 1994

Dopo Vitalogy, Mr.Nice Guy Eddie Vedder e la sua band di campioni del grunge da stadio se la devono vedere con il ruolo per loro insolito di più grande gruppo rock del mondo. Partendo da questa posizione inaspettatamente alta (come dimenticare Sharon Stone in Sliver: “Che mi frega di Pavarotti! Voglio vedere i Pearl Jam”), i Pearl Jam trasformano la loro confusione nell’inno rock Not for You e non chiedono scusa a nessuno. Intanto Vedder risparmia il fiato per regalarci due ballad spettacolari, Better Man e Nothingman, in cui rimugina sul destino degli uomini codardi che si lasciano sfuggire le donne giuste, mentre lotta per non diventare lui stesso uno di loro.

51. MASSIVE ATTACK
Protection
Virgin, 1995

Negli anni ’90 c’erano molti nuovi nomi di generi stupidi e trip-hop potrebbe essere il più stupido di tutti, ma i Massive Attack hanno inventato davvero un genere nuovo, manipolando l’hip hop e il reggae in un funk oscuro in slow motion e ispirando gente di Bristol come Tricky e Portishead a esplorare groove cinematografici carichi di atmosfera. Protection è la dichiarazione più potente di Daddy G, Mushroom e 3-D, con beat colossali e ospiti musicali di primo piano: Tricky fa un ottimo cameo, ma Tracey Thorn ruba la scena con gli 8 minuti di title-track, una donna che con la sua ballad d’amore soul decolla verso lo spazio profondo e poi torna a casa in tempo per lavare i piatti.

50. 2PAC
All Eyez on Me
Death Row/Interscope, 1996

Aveva già tutti gli occhi addosso: gli arresti lo hanno fatto diventare un’icona e, dopo un incontro ravvicinato con la morte seguito da qualche mese in galera, è diventato un vero martire del sistema. L’MC più incendiario di tutti i tempi brucia l’America con 27 tracce piene di spacconate, Cali funk e ego, spara rime con un’arroganza rara persino nel mondo dell’hip hop e poi vi guarda, mentre rimanete ipnotizzati dal fuorilegge più sexy del mondo.

49. SLEATER KINNEY
Call the Doctor
Chainsaw, 1996

Le Sleater-Kinney sono delle ragazze del college che cantano I Wanna Be Your Joey Ramone, puntano all’essenza del rock e mantengono la promessa del movimento riot grrrl dei primi anni ’90 mettendo insieme anarchismo punk e radicalismo femminista. In Call the Doctor Corin Tucker, Carrie Brownstein e Lora MacFarlane si muovono tra dolcezza e terrore, tra osservazione pensierosa delle cose a rabbia senza senso in canzoni come Hubcap e I’m Not Waiting. Non sono certo la prima band a mettere a fuoco il desiderio e la furia femminile e a farle andare dietro al ritmo della batteria, ma sono sicuramente una delle band che riesce a fare una musica che si fa notare almeno quanto le loro idee. E nessun rocker maschio ha una voce come quella di Corin Tucker, un lamento morbido che punta dritto al centro, una voce che alla fine sembra un corpo che ti schiaccia

48. WEEZER
Pinkerton
Geffen, 1996

Rivers Cuomo riversa la sua autocommiserazione e la sua solitudine in 10 canzoni e racconta nel dettaglio la sua imbarazzante vita sentimentale cominciando con Tired of Sex, un pezzo in cui le groupie non sono mai sembrate così poco attraenti. Molte sono ragazze di cui Rivers era innamorato, ma con cui non è mai uscito: una lesbica, una compagna di classe che ha rifiutato l’invito ad andare a vedere i Green Day e una 18enne giapponese da cui è ossessionato al punto di chiedersi se lei lo pensa mentre si masturba. Non è un caso che oggi sia un po’ imbarazzato da Pinkerton, e che questo disco sia diventato un punto di riferimento del movimento emo.

47. PORTISHEAD
Dummy
London, 1994

I Portishead non fanno musica dance, anzi il loro beat oscuro sembra fatto per ritrovarti alle 4 del mattino a chiederti perché lei ti ha chiesto il portafoglio per andare in bagno. Geoff Barrow mixa in modo elegante beat spaziali e tastiere soul e Beth Gibbons fa risuonare il suo blues da Bond girl rovinata. I Portishead ispirano tutti con il loro torpore seducente e fanno centro subito con Dummy, storia di un bizzarro triangolo tra un uomo, una donna e un sampler.

46. JAY-Z
Vol. 2… Hard Knock Life
Roc-A-Fella/Def Jam/Mercury, 1998

Jay-Z si riduce lo stipendio passando da spacciatore a MC, ma sputa fuori tutto il suo genio componendo pezzi che parlano di vendere la roba, sfuggire agli agenti federali e andare in banca ricoperti di diamanti.
Non fa differenza se sta campionando il film Annie o i Talking Heads, Jigga fa sua ogni traccia con flow perfetti, spacconate e ritratti dal mondo sotterraneo tracciati con una manciata di parole. In un solo album regala più classici che molti MC nella loro intera carriera. La questione su chi sia il migliore dopo Biggie è chiusa.

45. ALANIS MORISSETTE
Jagged Little Pill
Maverick, 1995

Una ex stellina della televisione dal Grande Nord fa un disco di rock arrabbiato e non solo vende 15 milioni di copie, ma non fa neanche schifo. Anzi, fa un disco quasi perfetto, dalla telefonata incazzata di You Oughta Know alla solidarietà femminile di You Learn. Jagged Little Pill è la versione anni ’90 di Tapestry di Carole King: una donna che usa la sua voce soft-rock per passare al setaccio il disastro emotivo della sua gioventù, con onestà e talento compositivo sufficienti per far sentire la terra tremare sotto i piedi a innumerevoli ascoltatori nel mondo.

44. FUGEES
The Score
Ruffhouse/Columbia, 1996

I Fugees mettono insieme la strada e lo stile bohèmien e diventano superstar del rap. La voce soul di Lauryn Hill, metà Nina Simone metà Al Capone, dà sapore al flow caraibico di Wyclef Jean e Pras Michel. I Fugees diventano anche una gran band da matrimonio con le cover di Killing Me Softly e No Woman, No Cry, ma colpiscono forte in perle come Family Business scambiandosi rime su un loop di chitarra in stile Il Padrino. The Score supera i confini geografici e di genere e reinventa l’hip hop come musica da strada per fratelli e sorelle con l’“inner city blues” di Marvin Gaye. Dopo The Score Lauryn Hill e Wyclef Jean prenderanno strade diverse, ma questo disco è la loro visione del mondo come un enorme ghetto.

43. TLC
CrazySexyCool
LaFace, 1994

Left Eye, Chilli e T-Boz sembravano destinate a sparire dopo una sola hit quando sono arrivate dalla nuova scena di Atlanta nel 1992 con Ain’t 2 Proud to Beg. Invece CrazySexyCool è uno shock: grandi canzoni, beat voluttuosi e parole sfacciate. Waterfalls scava nel soul di Memphis, If I Was Your Girlfriend è Prince meglio di tutto il Prince del decennio, mentre il pezzo da applausi è Red Light Special, una ballad su un bacio con la lingua bollente a gradi insostenibili. Le TLC si affermano come professioniste del pop in grado di fare qualsiasi cosa, senza nemmeno scheggiarsi un’unghia.

42. PJ HARVEY
Rid of Me
Island, 1993

Come ha detto Butt-Head in modo eloquente: «Questa tipa è strana». Polly Jane Harvey arriva a grandi passi dalla campagna inglese per fare il disco air-guitar del decennio, esorcizzando i propri demoni in canzoni fiere e divertenti, che ogni tanto hanno anche delle melodie. In Rid of Me convoca il tuono del rock anni ’70 con l’aiuto del produttore Steve Albini. Pj Harvey si autoincorona “re del mondo” in 50 Ft. Queenie e scatena l’inferno in Man-Size, indossando i suoi stivali di pelle per sottomettere l’intero pianeta.

41. GUNS N’ ROSES
Use Your Illusion I and II
Geffen, 1991


Sono passati quattro anni da Appetite for Destruction e quando questi due album escono nello stesso momento esplodono letteralmente. Slash e Izzy Stradlin lanciano le loro chitarre in un brutale assalto, prendono “la spazzatura che entra dagli occhi e si ammassa nel cervello” e la sparano fuori come una mitragliatrice. La cover di Knockin’ On Heaven’s Door è un’implorazione ad andare tutti d’accordo, ma i Guns non sono capaci di farlo neanche tra di loro. Due album incendiari, che sono come i souvenir di una stagione passata all’inferno.