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I Måneskin amano vincere (facile)

Mentre è in arrivo il nuovo singolo ‘Morirò da Re’, il cantante Damiano si incorona in mezzo a un esercito di ragazzine accorse dopo la scuola: l'ondata di sold out post X-Factor continua, ma ancora per quanto?

Faceva freddo ieri, in questo burrascoso inizio di primavera. Eppure quelle ragazzine aspettavano da ore (mi confesseranno) e ordinate in fila indiana, i loro nuovi idoli da talent, accompagnate da mamme, più numerose del previsto, altrettanto trepidanti di palpare qualcos’altro, a parte l’attesa. Altro che Burian, i Måneskin ieri hanno alzato la temperatura di Viale Toscana e dintorni di parecchi gradi, con la loro presenza scenica e il loro frontman, il Re Sole che è mancato a queste ultime giornate di inverno.

Incontriamo i vincitori morali dell’ultima edizione di X Factor poco prima dell’inizio del concerto, per una breve conferenza stampa, perché stasera sarà anche l’occasione, per noi ma soprattutto per le ragazzine assiderate lì fuori, di ascoltare il nuovo singolo Morirò da re, in uscita domani su tutte le piattaforme radio e digitali.

I Måneskin durante la conferenza stampa prima del concerto. Foto Prandoni.

Il pezzo è orecchiabile, cosi tanto che sembra di averlo già sentito mille volte, sicuramente in bocca ai Red Hot Chili Peppers, o ai primi Negrita, e la stampa incalza, vuole sapere le fonti, le influenze a cui sembra abbiano attinto a piene mani.

Ma Damiano è il Re del titolo, anzi è il Re Sole (passerà buona parte del concerto a torso nudo con un immenso ciondolo a tema sul petto, roba che al confronto Nefertiti era una tipa minimalista quanto a bigiotteria), e per ribadirlo siede su un trono leopardato a difendere la genuinità della loro prima produzione in italiano rispetto a un repertorio, ad oggi, fatto di sole cover.

«In realtà abbiamo cercato di non farci influenzare da nessuno, anche se, se proprio dovessi scegliere (e lo dice con l’aria di uno che non ama essere contraddetto) direi che la chitarra è quella del primo John Frusciante e la voce quella dei Fleetwod Mac. Però davvero, il senso di tutto quello che facciamo è che bisogna sempre sentirsi liberi di portare avanti quello in cui si crede. C’è anche un senso di redenzione, in questo: dal male nasce il bene, in molti hanno considerato arrogante o sbagliata o avventata la nostra scelta di fare i musicisti a tempo pieno e invece qualcosa è nato, e siamo qui a parlarne».

Meglio passare ad altro, parliamo di quella che è la vera ‘notiziabilità’ del gruppo oggi (in attesa che la loro carriera di inediti decolli) ovvero il magnetismo di Damiano, il mistero di una fascinazione trasversale e universale su donne di tutte le età, soprattutto le mamme, anzi le Milf, quelle che stasera saranno in prima fila a giocarsi tutta la loro gamma di sguardi Magnum per incrociare quello del Re, lanciandogli manette in pelo e augurandosi allo stesso tempo che le loro figlie adolescenti trovino di meglio nella vita. «E che ne so io perché succede – ride Damiano – però prendo e porto a casa… da paura proprio». Strana questa idolatria per un uomo ambiguo, maleducato, sfuggente, la cui unica trasgressione è fatta di dettagli accessibili, kajal e calze a rete : «Io sono proprio così però, non è che fingo: mi trucco anche a casa, non così bene perché non sono bravo, ma regà, struccatevi eh, che se no fa male alla pelle».

Struccarsi prima di andare a dormire, ed essere sempre coerenti con se stessi: il Re ha parlato, e di vitale non c’è altro, di politica non si può parlare, perché 3 su 4 membri del gruppo sono minorenni e non hanno pesato sulle sorti politiche dell’Italia, e Damiano, l’unico abilitato alla cabina elettorale, il 4 marzo era in tour a Parma: ad occhio e croce, un punto perso per gli anarchici.

Tanto vale iniziare, è un attimo che il parterre si riempie, e mi ritrovo sotto palco in mezzo ad un gruppetto di ragazze a cui non saprei dare un’età, ma troppo giovani perché quel tatuaggio sulla mano sia permanente. “Ragazze, cosa sono quei numeri che avete scritti sulla mano?”, “Signora, è l’ordine della fila, c’erano queste ragazze del FanClub, erano di Roma, sa? Secondo me li conoscono!”. E lo dicono con un’entusiasmo ed un’invidia anagrafica che mi fa dubitare che i nati a Liverpool abbiano contribuito a fare la storia della musica. “Insomma, queste ragazze ci hanno assegnato un numero progressivo per entrare, per dire quella prima di me era lì alle 18.20 però so che le prime hanno iniziato ad arrivare alle 4 dopo la scuola”.

La tenerezza del doposcuola e la crudeltà della parola signora, rivolta a me, nella stessa frase. Non so come riprendermi, ma la perdono solo perché pensa che Roma sia la culla della musica grazie ad un secondo posto a X Factor e perché il suo numero sulla mano è lo stesso del mio anno di nascita, per il resto considero fallimentare il mio tentativo di vestirmi da giovane stasera, ovvero quello di indossare un chiodo in pelle su una maglietta bianca, che è poi sempre lo stesso dal 1992.

Il concerto comincia, i Måneskin salgono sul palco con un elegante: «Vi ricordate quando ce hanno fatto suonà in TV con tutti l’artri e j’amo fatto un culo così?», e mi fanno venire in mente (per un’associazione di idee inspiegabile) l’interpretazione di Marinelli in Jeeg Robot e tutti i meme sullo zingaro. Penso che, se il loro fenomeno avesse un seguito, e ne facessero un docu-film, Marinelli potrebbe tranquillamente interpretare Damiano così come ha magistralmente interpretato un ben più complesso De Andrè, rendendolo sicuramente molto libero e assai poco principe, e stavolta nessuno gli contesterebbe la dizione.

Perché Damiano è esattamente questo, uno zingaro sexy, resta a torso nudo, domina il palco, si dimena, inanella un’ infilata di cover, dai Kings of Leon (Pyro), da Stromae (Alors on danse) ai Rolling Stones (Gimme shelter), stonando Dirty Diana dall’inizio alla fine davanti a un pubblico in visibilio, tanto nessuno tra i presenti in sala (fatta esclusione per me e il mio chiodo) era nato quando Michael Jackson era ancora nero, che importa?

Dice poco tra una canzone e l’altra, parolacce a parte, ma riesce a raccontare che la gavetta è una faccenda da prendere sul serio, e che iniziare da sold-out in posti piccoli è un’idea geniale per gente che non ama fallire (è il concetto del vincere facile, anche se promettono un tour più impegnativo a breve), poi racconta che il suo nick name di Instagram è ispirato ad Icaro, solo che, dice, le sue ali sono vere e, vedendolo arrampicarsi e volteggiare sul palo della lap dance, quasi quasi gli si crede.

È sempre più sudato e sempre più nudo, ma la carica e la matita per occhi restano impeccabili, l’intonazione non importa, le milf sono in delirio, le ragazzine incollate ai telefoni (mi chiedo se non stiano segretamente chiamando i propri padri per chiedergli di venire a riprendere la mamma), e mentre la dispettosissima Vicky innaffia le prime file con bottiglie di plastica pur di non tenere le mani sul basso, Damiano sulle prime note di Chosen si arrampica su un’americana chiosando “tanto se cado sticazzi!”, hai capito Icaro?

Il concerto finisce, è un epopea di sudore, forse avremmo dovuto toglierci la maglia tutti quanti in quella che potrebbe venire ricordata come “La giornata mondiale del Torso Nudo” (sono di poche ore prima le foto di Fedez seminudo in sala parto), non ho più il chiodo e la numero 74 guarda il mio braccio e mi chiede “Signora, anche a lei hanno dato un numero?” “No, è un tatuaggio, sono le parole di una canzone di Springsteen!” “Ah, e chi è? Buona serata, signora, adesso lo andiamo ad aspettare sul retro, tanto uscirà prima o poi no?”

Lunga vita al re, del resto ha appena compiuto 19 anni.

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