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Fabrizio De André in cinque brani

L'11 gennaio di 18 anni fa ci lasciava uno dei più grandi poeti e cantautori del Novecento. Lo ricordiamo in cinque pezzi chiave

Foto Via Facebook

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Oggi, 11 gennaio, ricorre il diciottesimo anniversario dalla morte di Fabrizio De André. È un giorno di per sé molto triste, ma come tutte le ricorrenze serve a rinfrescare la memoria per qualcosa o qualcuno che è bene tenere sempre a mente. In questo caso, un avvocato mancato ma uno dei più grandi chansonnier del Novecento. Cerchiamo di ricordarlo in cinque suoi brani chiave.

1. “Canzone di Marinella” (1964)


“Se una voce miracolosa non avesse interpretato nel 1967 La canzone di Marinella, con tutta probabilità avrei terminato gli studi in legge per dedicarmi all’avvocatura” recita una nota firmata sulla copertina di Mi Innamoravo di Tutto, una raccolta di brani di De André pubblicata nel 1997 da Ricordi. “Ringrazio Mina per aver truccato le carte a mio favore e soprattutto a vantaggio dei miei virtuali assistiti.” Con la scelta di Mina di cantare e inserire La canzone di Marinella nel proprio album Dedicato a mio padre, il cantautore genovese trova la scusa perfetta per mollare gli studi in Legge e dedicarsi a tempo pieno alla musica. Anche perché nessun genitore avrebbe qualcosa da ridire se, al posto di laurearsi, il proprio figlio racimolasse con i diritti d’autore la cifra astronomica di 600 mila lire in un solo semestre (si parla del 1967, con quella somma ci compravi una casa). Dal sapore vagamente medievaleggiante e folk, La canzone di Marinella si pone in netta controtendenza rispetto all’esterofilia rock di Little Tony e tutti gli altri artisti impomatati in classifica nello stesso anno.

2. “Preghiera In Gennaio” (1967)


Se per noi ogni gennaio non è divertente ricordare la morte di De André, pensate quanto lo fosse per lui ricordare quella dell’amico Luigi Tenco, morto improvvisamente a 29 anni in quello che tutt’oggi rimane uno dei suicidi più inspiegabili nella musica italiana. Dopo l’eliminazione del brano con cui Tenco era in gara a Sanremo, Ciao Amore, ciao, il cantante genovese fu ritrovato esanime nella propria stanza d’albergo, con un foro di proiettile alla tempia. Nonostante gli abbia dedicato una marcia funebre fra le più struggenti, Preghiera In Gennaio, De André si è sempre ricordato dell’amico scherzando. I due si sarebbero conosciuti in un locale di Genova (si dice il Bar Igea di Via Cecchi, vicino al giardino che nell’ambiente veniva chiamato “la piazzetta”) con Tenco che si avvicina a De André per chiedergli: «Sei tu che vai in giro a dire che Quando l’hai scritta tu?» «Sì, l’ho detto in giro per prendere figa» risponde De André, provocando la risata dell’altro e dando così inizio a una storica amicizia.

3. “Via Del Campo” (1967)


“Via del Campo c’è una graziosa / gli occhi grandi color di foglia / tutta notte sta sulla soglia / vende a tutti la stessa rosa.” È impossibile parlare di Faber senza parlare di Genova e dei suoi vicoli (almeno un tempo) sudici e mal frequentati. Uno di questi era via Del Campo, una via trasversale della città vecchia a due passi dal Porto Antico. Era la sede di vari bordelli, luoghi che hanno sempre esercitato un certo fascino sul cantautore, che ha dedicato più di una ballata al tema della prostituzione fra i vicoli della sua città (Bocca di Rosa, una su tutte). La voce baritonale di De André che narra di Via Del Campo e delle sue graziose mentre in sottofondo una chitarra arpeggiata creano un’atmosfera in qualche modo ancestrale, che qua e là consegna perle pure di saggezza popolare a chi ascolta (“Dai diamanti non nasce niente / dal letame nascono i fior”).

4. “Bombarolo” (1973)


Alle 11 del mattino del 17 maggio 1973, davanti alla Questura milanese di via Fatebenefratelli, il militante anarchico Gianfranco Bertoli lancia una bomba a mano nel bel mezzo di una cerimonia di commemorazione del Commissario Luigi Calabresi, rimasto vittima di un attentato un anno prima. Nella strage muoiono 4 persone e altre 52 vengono ferite. Storia di Un Impiegato arriva nel momento più caldo degli Anni Di Piombo, una specie di presa di posizione di De André che sulle prime viene condannata da critici, colleghi (fra cui Giorgio Gaber) e dallo stesso De André («Era la prima volta che mi dichiaravo politicamente e so di aver usato un linguaggio troppo oscuro, difficile, so di non essere riuscito a spiegarmi» aveva detto nel ’74 a La Domenica Del Corriere), ma che con gli anni è stata poi rivalutata in positivo—giustamente. Bombarolo è forse uno dei brani più evocativi dell’album, la storia di un impiegato oppresso che decide di fare un attentato, riuscendo soltanto a mettere in mostra il suo essere impacciato.

5. “Amore che vieni, amore che vai” (1966)


De André è stato prima di tutto un ispiratore, che ha avuto in parti uguali fan comuni e illustri. “Se non avessi mai conosciuto le canzoni di Fabrizio, non avrei mai cominciato a scrivere le mie”, ha detto Francesco De Gregori senza fare mistero di essere un grande fan di Faber. Fra questi c’è anche Franco Battiato, che in Fleurs del 1999, qualche mese dopo la scomparsa del cantautore dopo una lunga lotta contro il cancro, ha voluto omaggiare De André cimentandosi nella cover di Amore Che Vieni, amore che vai, storico lato B del più blasonato Geordie (1966). Più che il sublime arrangiamento di archi, a conquistare il cantautore siciliano è stato il testo, che mette in scena l’eterna contraddittorietà dell’amore con una facilità disarmante: “Io t’ho amato sempre, non t’ho amato mai / amore che vieni, amore che vai.”

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