1994, quando l'alternative-rock è diventato mainstream | Rolling Stone Italia
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1994, quando l’alternative-rock è diventato mainstream

Ecco 20 dischi incredibili usciti nell'anno in cui i losers e gli emarginati hanno conquistato le classifiche di tutto il mondo

1994, quando l’alternative-rock è diventato mainstream

Ma che diavolo è successo nel 1994? Otto dischi alternative erano nella top 10 di Billboard, gli Offspring vendevano molto di più dei Pink Floyd e i Green Day rubavano il palco a Bob Dylan. Quando si ragiona sull’annata più importante della storia della musica leggera tutti pensano al 1967, e non hanno tutti i torti. Ma mai come nel 1994 la musica alternativa si è imposta in tutte le radio, e stilare questa classifica non ha fatto altro che confermare la nostra ipotesi: negli anni ’90 gli sfigati hanno conquistato il mondo, e l’hanno fatto con dei dischi incredibili. Eccone 20.

20. “Betty” Helmet

Gli Helmet suonavano un alternative metal dai ritmi complessi, una specie di lezione di educazione fisica astrusa. Qualcuno li aveva presentati come i “nuovi Nirvana” e il loro album di debutto del 1992 era stato un grande successo di critica. Betty non era così sconvolgente come il predecessore, con le sue influenze jazz e le jam improvvisate. L’album, comunque, rimane uno dei successi dell’anno.

19. “Definitely Maybe” Oasis

Come una specie di Dr. Dre del Britpop, Noel Gallagher ha trasformato la musica dei suoi idoli in una macchina spacca-classifiche. Con Definitely Maybe, il debutto degli Oasis, i fratelli Gallagher si sono presentati come l’antidoto ottimista ai Nirvana. La produzione dell’album è un perfetto equilibrio tra indie e mainstream che la band non è mai riuscita a riprodurre.

18. “Whip-Smart” di Liz Phair

Poco dopo l’uscita del suo secondo album, Liz Phar è apparsa sulla copertina di Rolling Stone. Il titolo era Liz Phar: A Rock & Roll Star Is Born, e nell’intervista la cantautrice raccontava il suo concept album a tinte rosa. Phair sapeva che il suo secondo album avrebbe lasciato tutti di stucco: Whip-Smart ha una hit radiofonica (Supernova) messa di fianco a un brano sperimentale sui preliminari (Chopsticks). È un disco onesto e con le palle, molto più coraggioso di quanto tutti si aspettassero.

17. “Smash” Offspring

Grazie a un paio di singoli azzeccati, gli Offspring hanno convinto i ragazzini di tutto il mondo che il punk era la musica giusta al momento giusto. E Smash rimane l’album indie più venduto di tutti i tempi. Quella degli Offspring era la musica perfetta per le sbronze di una generazione di sfigati, e non solo.

16. “Parklife” Blur

Gli anni ’90 sono stati, tra le altre cose, l’epoca della faida tra Blur e Oasis. Il Team Blur aveva dalla sua parte un disco incredibile come Parklife: un trionfo neo-mod in piena tradizione Kinks, un disco tanto borghese quanto affascinante. È uno dei dischi più londinesi di tutta la scena londinese.

15. “Monster” R.E.M.

Il chitarrista Peter Buck ha definito Monster come «un disco rock dove la parola “rock” è tra virgolette». Era la prima volta che i R.E.M. alzavano così tanto il gain degli amplificatori, dimostrandosi come la band perfetta per l’alternative-moment che è stato il 1994. Il disco è una critica della star culture intelligente e senza moralismi.

14. “Experimental Jet Set, Trash and No Star” Sonic Youth

L’ottavo album dei Sonic Youth non aveva niente a che vedere con i singoli come Kool Thing e 100%, due pezzi che hanno portato la band al successo. Il disco, comunque, ha avuto il suo momento di gloria grazie al singolo-bomba Bull in the Header e a un suono alt-rock perfetto per l’epoca. «Eravamo stanchi di quel suono rock così omogeneizzato, senza spontaneità», diceva Lee Ranaldo, e aveva ragione.

13. “Too High to Die” Meat Puppets

La performance dei Nirvana a MTV Unplugged era stata un catalizzatore di popolarità incredibile per i Meat Puppets, dato che Kurt Cobain aveva portato sul palco ben tre cover della band. Too High to Die è il disco definitivo della loro carriera, un trionfo roots-rock che vale sempre la pena ascoltare.

12. “Jar of Flies EP” Alice in Chains

La band più oscura della scena di Seattle erano sicuramente gli Alice in Chains. Il mini-seguito di Dirt, scritto e registrato in una settimana, è stranamente arioso e delicato, dimostrazione delle capacità della band di scrivere musica senza spaccare gli amplificatori. È così breve che è impossibile scegliere un brano migliore, ascoltatelo tutto.

11. “Mellow Gold” Beck

Certo, il vero disco-rivelazione di Beck è stato Loser, con la sua title-track perfetta. «Io non ho mai avuto nessun talento particolare», ha detto nel 1994. «Guadagnavo $4 all’ora e cercavo di sopravvivere, non avevo tempo di essere depresso per lo stato del mondo». Registrato su un modesto 8 piste, Mellow Gold era un pastiche ambizioso tra i Melvins, il rap e le ballad romantiche. Un disco perfetto per una generazione cresciuta trattando l’hip hop come la sua musica folk.

10. “Ill Communication” Beastie Boys

Il centro morale di Ill Communication era Adam Yauch: il suo rap raccontava le difficoltà dell’età adulta, una presa di responsabilità rispetto alle sparate misogine del passato. Il trio ha esplorato praticamente ogni genere musicale, dall’hardcore newyorkese (Tough Guy) fino ai canti buddisti (Bodhisatta Vow). «Stiamo solo facendo la musica che ci piace», hanno detto a Rolling Stone nel 1994.

9. “Vitalogy” Pearl Jam

Nel 1993 non c’era nessuna band più grossa dei Pearl Jam – erano sulla cover del Time – e, l’anno successivo, hanno scritto un album furioso contro lo star system. Vitalogy è stato scritto cercando il suicidio commerciale, ma è rimasto alla storia come il ritratto di una band in crisi.

8. “Live Through This” Hole

Courtney Love è diventata vedova qualche giorno prima dell’uscita del disco-rivelazione delle Hole. Scritto durante la crisi di Kurt Cobain, il disco è una fuga dal noise del debutto, una corsa verso una scrittura urgente e cristallina. Il dibattito sul contributo di Cobain è ancora aperto, ma questo era lo show di Courtney e ormai è il momento di riconoscerne i meriti.

7. “American Recordings” di Johnny Cash

23 anni dopo il suo ultimo singolo in Top 100, Johnny Cash è tornato con un disco che tutti hanno definito come “alternativo”. American Recordings, prodotto da Rick Rubin, è il primo esempio di una tecnica di registrazione che il produttore si porterà dietro per tutta la sua carriera: prendeva un artista e lo riduceva all’essenziale. Il risultato? American Recordings è l’album più rozzo della discografia di Cash, un capolavoro lontano dal pop mediocre di inizio decennio.

6. “Superunknown” Soundgarden

Con Superunknown i Soundgarden hanno espanso il loro suono, trasformando il grudge delle origini in qualcosa di diverso da tutto il resto. «Questo è un lavoro maturo», diceva il chitarrista Kim Thayll. Brani come Black Hole Sun hanno aperto nuovi orizzonti per Chris Cornell, che con questo disco è diventato il vero druido esistenzialista del metal anni ’90.

5. “MTV Unplugged in New York” Nirvana

Abbiamo tutti chiara in testa l’immagine di Kurt Cobain seduto con la sua chitarra acustica, la sua fragilità e la bellezza della sua voce. Quello che ha portato sul palco, però, non sono solo sofferenze, ma anche la grande maestria di scrittura, proponendo cover dei suoi artisti preferiti e versioni speciali dei classici della band. Interpretatelo come un grido di dolore, se volete, ma non dimenticate quanto la musica riuscisse ad aiutarlo. A fargli credere che niente era inevitabile.

4. “Grace” di Jeff Buckley

All’inizio Jeff Buckley era sommerso dai paragoni con il padre Tim, un cantautore geniale e all’avanguardia. Poi si è liberato del peso del suo cognome, e la critica l’ha subito etichettato come una specie di nuovo Michael Bolton. La sua vendetta è arrivata nel trionfo schizofrenico e jazz-rock che è Grace, l’unico LP pubblicato mentre era ancora in vita. Questo è un disco di incomprensioni, il racconto di un uomo ispirato tanto dai Led Zeppelin quanto da Miles Davis ed Edith Piaf. La sua forza è l’onestà emotiva: questo è l’album di uno spirito libero che non deve niente a nessuno.

3. “Weezer” Weezer

Con il loro debutto i Weezer si sono alzati e hanno detto: «Noi vogliamo solo sparire, farci crescere la barba, non parlare con nessuno e non avere amici. Vogliamo sparire e studiare». Ecco Rivers Cuomo, il mostro della chitarra fissato con i Kiss e autore del trionfo power-pop che è questo album, uno dei migliori debutti di sempre.

2. “The Downward Spiral” Nine Inch Nails

Ogni generazione ha bisogno della sua icona e quella della Generazione X era senza ombra di dubbio Trent Reznor. «I Nine Inch Nails sono teatro», diceva a Rolling Stone all’epoca. «Quello che facciamo è più vicino ad Alice Cooper che ai Pearl Jam». Come fai a spiegare versi come “I want to fuck you like an animal” e “God is dead and no one cares”? Per non parlare della location delle registrazioni, la villa dove la Manson Family ha assassinato Sharon Tate. Questo è un disco sul nichilismo e sulla mancanza di speranza. «Voglio andare ben oltre il peggior film horror che abbiate mai visto. Voglio essere ancora più disturbante e so che ci riuscirò».

1. “Dookie” Green Day

Se i Pearl Jam erano troppo epici, i Nirvana troppo strani, se la vostra adolescenza era più noiosa che traumatica, beh i Green Day sono il gruppo che fa per voi. I ritmi sincopati e gli accordi semplici e suonati a velocità supersonica di Billie Joe Armstrong hanno trasformato queste 15 canzonette in qualcosa di speciale. Da Basketcase a Longview, passando per When I Come Around, con questo album i Green Day sono entrati negli stereo di tutti gli adolescenti del mondo. E non se ne sono più andati.