The Dark Side of the Moon: 10 cose che non sapevate sul classico dei Pink Floyd | Rolling Stone Italia
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The Dark Side of the Moon: 10 cose che non sapevate sul classico dei Pink Floyd

Il cameo di Paul McCartney, una copertina con Silver Surfer e tutto quello che ha contribuito all'album capolavoro del 1973.

The Dark Side of the Moon: 10 cose che non sapevate sul classico dei Pink Floyd

Ci sono grandi album, e c’è Dark Side of the Moon. L’eternamente popolare disco dei Pink Floyd ha venduto più di 15 milioni di copie negli Stati Uniti e altri 45 milioni nel resto del mondo. Un vero colosso del classic rock, che ha reso i suoi compositori – Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright – incredibilmente ricchi. Ma oltre al successo commerciale, Dark Side of the Moon rappresenta il picco artistico della carriera del quartetto inglese, la trasformazione da band sperimentale in colosso da storia della musica, con una scrittura incredibilmente ricca e testi influenzati dalla visione del mondo di Roger Waters.

Registrato negli Abbey Road Studios in diverse session – distribuite tra maggio 1972 e gennaio 1973 -, l’album racconta, attraverso suoni spaziali e testi tanto lucidi quanto affascinanti, la condizione umana. Lo abbiamo ascoltato tutti: alcuni in cuffia, infinite session di bong a luce spente, altri in radio, qualcuno addirittura sulle frequenze AM.

Questo è un disco che ha davvero un messaggio, un significato. Inizialmente doveva raccontare le pressioni e le difficoltà della vita da musicista: poi, con il tempo, Dark Side of the Moon è arrivato a parlare di ricchezza (Money), guerra (Us and Them), follia (Brain Damage), esistenzialismo (Time) e morte (The Great Gig in the Sky). «Dark Side è stato il nostro primo album con un tema vero e proprio», ha detto Roger Waters.

Quindi, ecco le 10 cose che (forse) non sapevate su The Dark Side of the Moon.

È il primo album con testi interamente firmati da Roger Waters

Waters scriveva testi per i Pink Floyd già dai tempi di A Saucerful of Secrets, ma è con Dark Side che ha preso le redini dell’universo concettuale della band. Ha individuato il concept e l’ha sviluppato cercando di scrivere i testi più lucidi e diretti della sua carriera. «È stata la mia prima vera battaglia con la band», ha detto a Mark Blake, autore di The Inside story of Pink Floyd. «Volevo lasciar perdere lo spazio, tutte le cose che piacevano a Syd, per parlare delle mie preoccupazioni sul mondo, pensieri più politici e filosofici». Il “dominio” di Waters in Dark Side ha piantato il seme per la spaccatura che distruggerà la band negli anni a venire, ma all’epoca fu una scelta più che condivisa dal resto della band. «Non mi sono mai considerato un grande autore di testi», ha detto Gilmour a Rolling Stone. «Ero sollevato, e comunque scrivere i testi non significava certo prendere il controllo di tutto».

Il disco poteva cambiare titolo in Eclipse

La band ha sempre voluto chiamare il suo album The Dark Side of the Moon – un riferimento più “umano” rispetto al solito spazio profondo -, ma quando i Medicine Head pubblicarono (nel 1972) un disco dallo stesso nome, si erano convinti a cambiare tutto in Eclipse. «Non eravamo arrabbiati», ha detto Gilmour. «Ma infastiditi, avevamo già pensato al titolo prima di sapere del loro album». Quando i Medicine Head, però, sono scomparsi nel nulla, i Floyd hanno deciso di tornare al titolo originale.

I fan dell’epoca ascoltarono il disco dal vivo più di un anno prima dell’uscita

Nonostante gli arrangiamenti facciano pensare a Dark Side come a un disco “da studio di registrazione”, la band lo suonò per intero più di un anno prima dell’uscita ufficiale. Il debutto fu al Brighton Dome il 20 gennaio 1972: un disastro, rovinato da “orrori meccanici ed elettrici”, come ha detto Waters. I concerti servirono per perfezionare le transizioni tra un brano e l’altro, un aspetto fondamentale. «Era davvero importante per restituire le giuste sensazioni», ha spiegato Alan Parsons. «Le transizioni facevano parte del processo di registrazione, e non solo una questione di missaggio».

La versione live di On The Run era completamente diversa dal caos elettronico che è finito sull’album

Inizialmente conosciuta con il titolo The Travel Sequence, la strumentale nasce come una jam di chitarra. In studio, però, si è trasformata radicalmente grazie al sintetizzatore modulare EMS Synthi AKS, che la band ha usato anche in Any Colour You Like. «Quello scatolotto conteneva possibilità infinite», ha detto Gilmour. «Ci siamo sempre considerati una band elettronica, e io sono sempre stato ossessionato dai suoni tridimensionali».

Money è ispirata a Booker T

La prima hit dei Floyd, con quel ritmo in 7/4, il giro di basso perfetto, il solo di chitarra e di sassofono, è un brano così potente e iconico che pochi ricordano le sue origini r&b. «Non è facile spiegare come Booker T ci ha ispirato», ha detto Gilmour. «Ma ero un grande fan, e da ragazzino suonavo Green Onions con un’altra band. Pensavo che sarebbe stato bello incorporare alcuni elementi di quel sound nel nostro album. È divertente pensare a un gruppo di studenti inglesi di architettura che suonano il funky… ma è andata così».

Il cameo di Paul McCartney è stato cancellato dal disco

Roger Waters voleva inserire delle interviste – registrate con tutti i presenti negli studi di Abbey Road – per arricchire l’album. L’idea era di fare sia domande banali (qual è il tuo colore preferito? E il cibo?) che più impegnative (la follia e la morte), così da utilizzare le risposte nel mix. Paul era tra gli intervistati, ma le sue risposte non andarono a genio a Waters. «Si era convinto che fosse necessario recitare, il contrario di quello di cui avevamo bisogno», ha detto. «Cercava di essere divertente». Nonostante tutto, però, i Beatles hanno partecipato all’album. Nel finale di Eclipse è possibile ascoltare un estratto di Ticket to Ride: la band ascoltava il pezzo mentre registrava l’intervista a Gerry O’Driscoll – lo potete ascoltare mentre dice “There is no dark side of the moon, really. Matter of fact, it’s all dark. The only thing that makes it look light is the sun”.

Us and Them è uno scarto della colonna sonora di Zabriskie Point

Il secondo singolo estratto dall’album prese vita nel 1969, uno strumentale per pianoforte e basso scritto per la colonna sonora di Zabriskie Point, il film di Michelangelo Antonioni. Nel montato finale si possono ascoltare tre brani dei Floyd – Heart Beat, Pig Meat, Crumbling Land e Come in Number 51, Your Time is Up -, ma non The Violent Sequence, antenato di Us and Them. Waters ha ricordato le parole di Antonioni in un’intervista per Classic Albums. «Davvero, è bellissima, ma così triste!», disse il regista. «Mi fa pensare alla chiesa».

Silver Surfer doveva apparire sulla copertina

L’immagine del prisma – creata da George Hardie su input di Storm Thorgerson e Aubrey Powell della Hipgnosis – è uno dei design più iconici della storia della musica. «Quando Storm ci ha mostrato alcune proposte abbiamo subito capito che quella sarebbe stata la copertina, nessun dubbio», ha detto Gilmour. «Basta guardarla: è un’idea molto vendibile, semplice e d’impatto. Fa una gran figura nelle vetrine dei negozi. Non era la solita foto di quattro tizi su qualche collina di campagna». Non tutti sanno, però, che Hipgnosis avrebbe preferito un’immagine con Silver Surfer. «Eravamo tutti fissati con i fumetti Marvel, e ci sembrava un’ìdea fantastica, singolare», ha raccontato Powell. «Non ci avrebbero mai dato il permesso per usarla, ma ci piaceva l’idea di quest’uomo d’argento che vola per l’universo. Molto cosmica!».

Dark Side of the Moon è stato il primo album dei Floyd a entrare nella Top 40 americana

Sembra assurdo, soprattutto considerando i numeri da capogiro collezionati nel corso degli anni, ma il primo disco dei Floyd a ottenere un discreto risultato commerciale negli Stati Uniti è proprio Dark Side. È il risultato di un’immensa campagna stampa di Capitol Records che, insieme al successo del singolo Money, ha catapultato l’album in cima alle classifiche.

I guadagni dell’album contribuirono a finanziare Monty Python and the Holy Grail

Se non ci fosse stato Dark Side of the Moon probabilmente i Monty Python non avrebbero mai trovato i soldi per il loro capolavoro surreale del 1975, Monty Python and the Holy Grail. I Pink Floyd, durante le registrazioni dell’album, guardavano spesso Monty Python’s Flying Circus, e quando hanno saputo delle difficoltà economiche della troupe, hanno deciso di contribuire con il 10% del budget iniziale (200mila sterline). «All’epoca nessuno studio ci avrebbe mai prodotto, quindi abbiamo provato con le rockstar,», ha raccontato Terry Gilliam al Guardian. «Elton John, Led Zeppelin e Pink Floyd ci conoscevano, e ci hanno aiutato. Sembrava una scena di The Producers».

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