Tagliate corto e andate all'essenziale: la filosofia spiccia dei nuovi Zu | Rolling Stone Italia
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Tagliate corto e andate all’essenziale: la filosofia spiccia dei nuovi Zu

Abbiamo fatto due chiacchiere con la band noise romana, che ritorna completamente rinnovata nella formazione, nelle produzioni e nello spirito.

Gli Zu sono nati nel '97 a Ostia.

Gli Zu sono nati nel '97 a Ostia.

Tornano al disco gli Zu, che dopo un quindicennio trascorso a sperimentare l’uso del suono nelle sue forme più estreme, si presentano con il loro album forse più diretto e violento. Cortar todo chiude la trilogia che a livello tematico tratta della guerra invisibile ma onnipresente nella nostra civiltà, iniziata con l’ep Goodnight Civilization uscito un anno fa per La Tempesta cui è seguito The left hand path, disco scritto in collaborazione con Eugene Robinson degli Oxbow.

Il nuovo album esce per Ipecac, l’etichetta di Mike Patton, come l’acclamato Carboniferous del 2009. Nel mezzo è successo di tutto: un tour estenuante che ha portato gli Zu a suonare ovunque tra Europa, Asia e Americhe; una lunga pausa durata tre anni, che ha quasi causato lo scioglimento della band; soprattutto, l’abbandono di Jacopo Battaglia, che ha scelto di esplorare altri territori musicali, andando a suonare la batteria nei Bloody Beetroots.

Danny De Vito mentre presenta il live degli Zu con Mike Patton a Roma nel 2008:

Luca Mai nel frattempo ha fondato i Mombu, mentre Massimo Pupillo ha deciso di lasciare Ostia per girare il mondo, decidendo di stabilirsi a Pucallpa, villaggio del Perù in piena Amazzonia. E la radicalità di queste scelte ha permesso di ritrovare le motivazioni dell’inizio.

Questo disco esprime tutta l’urgenza che vi spinge a suonare ancora oggi.
Quando Jacopo se n’è andato dagli Zu, ho venduto tutto quello che avevo, tranne due bassi e un amplificatore, che ho lasciato da un amico. Mi sono tenuto due valigie e sono partito. Ci sono casi in cui per non essere schiacciato hai bisogno di energia. Quando quest’energia non ti arriva da nessuna parte cerchi di creartela da solo. E noi avevamo bisogno di energia, un’energia feroce. La nostra non è mai stata un’operazione estetica. Stiamo cercando di esprimere qualcosa, che è profondamente connesso con quello che succede fuori di noi.

La copertina del nuovo album, Cortar Todo.

La copertina del nuovo album, Cortar Todo.

Cosa significa Cortar todo?
Tagliare tutto vuol dire tagliare con tutte le stronzate che ci portiamo dietro. Ridurre tutto al minimo, capendo cosa ci basta per vivere e ripartendo da quello. Ci si accorge che un sacco di cose non sono nostre, ma ci sono state ficcate dentro dalla società, dalla famiglia, dalla scuola. A livello musicale sentivamo il bisogno di essere più diretti, è una cosa che abbiamo imparato negli anni. All’inizio ti sembra di dover dire tantissime cose compresse in pochi minuti, poi ti accorgi che puoi dire una cosa sola in modo molto più efficace, senza perderti.

Tu hai sempre avuto un forte interesse verso la sfera ancestrale, verso una ritualità che si riconnette in modo profondo con dimensioni dell’umano che sembravano dimenticate.
Certamente, e la musica è lo strumento principe per fare questo. Per migliaia di anni la musica è stata usata come strumento rituale, perché dà accesso a dei territori cui normalmente non ci avviciniamo col pensiero verbale. Ci fa percepire le cose in modo totalmente diverso. Non è un caso che quando sono partito io sia andato prima in Himalaya, a trascorrere dei mesi con i monaci tibetani che utilizzano il canto come rituale in un modo potentissimo. Poi sono venuto qui nella regione Shipibo dell’Amazzonia, dove il canto è utilizzato come cura. Ho sempre sentito questo potere del suono, aldilà di come poi lo organizzi e dell’architettura che gli dai. Il suono in sé. Questo disco è tanto diretto perché è basato sul suono, un suono che abbiamo trovato negli anni». Alla batteria è arrivato Gabe Serbian dei californiani Locust. Come va con lui? «Benissimo. Fin dalla prima prova il meccanismo ha funzionato, a livello di suono, di intensità emotiva. Gabe suona sempre con un misto incredibile di rabbia e passione. Non si risparmia mai. Non c’è un’altra persona con cui potremmo pensare di continuare a suonare.

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