Soviet Soviet, il cuore dentro un disco "pop" | Rolling Stone Italia
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Soviet Soviet, il cuore dentro un disco “pop”

"Endless", in uscita domani, è uno degli album da ascoltare del 2016. E dire che tutto è nato molto incosapevolmente...

I Soviet Soviet sono al loro secondo LP. Il primo "Fate" è del 2013

I Soviet Soviet sono al loro secondo LP. Il primo "Fate" è del 2013

I Soviet Soviet hanno fatto uno dei dischi “da ascoltare” di quest’annata. Si intitola Endless, esce domani, ed è il secondo album del trio di Pesaro. Ad ascoltarlo è evidente che sia un disco con del cuore in più. Ed è la prima domanda che era giusto fare ai giovani, appena scesi dal loro furgoncino.

Sul numero di Rolling in edicola da oggi, abbiamo definito il vostro disco “un’evoluzione fisiologica” per voi.
Diremmo che è un album più pop! Un po’ è una mossa, è stata la nostra maturazione. Endless è più caldo, si nota subito che c’è una parte melodica più evoluta. Forse è dovuto anche al fatto che abbiamo ragionato molto sul disco, da gennaio dell’anno scorso ci siamo dedicati solo a questo, ci siamo fermati. Niente tour, quasi nessun concerto. E ora, mettendo di fila i pezzi vecchi con quelli nuovi si sente che questo è più completo e più gonfio.

Avete detto “pop”. Come vedete questo momento del pop italiano?
È positivo! È tutta gente che ha fatto gavetta, che ha dormito in posti assurdi e che ha girato mesi in furgone. Avere successo così è più bello. Noi comunque restiamo una nicchia e ci piace esserlo. Anzi, quando qualcuno si accorge che esisti, che ci sono dei prodotti che in Italia propongono cose diverse da quello che va per la maggiore, è una soddisfazione enorme.

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Ma è una nicchia che avete cercata o è venuta naturale?
È tutto molto spontaneo, è il nostro modo di fare! Tante tracce sono nate durante il soundcheck, ognuno di noi porta un’idea, poi cerchiamo di metterle tutte insieme. La cosa importante per noi è passare del tempo insieme. Seguiamo quello che succede in modo istintivo. Forzare qualcosa è sempre sbagliato, spesso non viene fuori niente di interessante.

Quanto ha contato Pesaro per voi?
Per tutti è la base del nostro percorso. C’è da dire che attualmente c’è una scena. Conta che non ci sono locali per suonare e che spesso ci sono più gruppi che gente ai concerti. Ma stiamo producendo tanto in città, forse è dagli anni Novanta che non la musica non era così attiva.

E voi siete tra quelli che “esportano”, anche all’estero…
Sì, ma di nuovo è stato molto spontaneo. Conta che la prima data l’abbiamo organizzata grazie a un messaggio su MySpace, a Nizza. C’erano 400 persone, tutte impazzite per noi. Pensavamo ci stessero prendendo in giro. Non potevamo renderci conto di quello che facevamo. È nato un bel passaparola da allora: noi non puntavamo a niente. Ogni cosa che arrivava era una festa! Abbiamo iniziato tutto così, inconsapevolmente.

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