Mavi Phoenix: «Diventerò una star, e voglio la mia band» | Rolling Stone Italia
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Mavi Phoenix: «Diventerò una star, e voglio la mia band»

La sua 'Aventura' si è trasformata in una piccola hit grazie a uno spot. Ecco chi è la giovane popstar austriaca che stasera suonerà per la prima volta in Italia

Mavi Phoenix: «Diventerò una star, e voglio la mia band»

Mavi Phoenix ha suonato il suo primo half-time show a 15 anni, nell’intervallo di una partita di Basket nella sua Linz, in Austria. Ha organizzato tutto da sola, ed è lì che ha capito che ne avrebbe fatto la sua vita. Sarebbe facile scrivere di lei come se fosse la nuova popstar simbolo dell’Europa che ci piace, multiculturale e accogliente: austriaca ma di origini siriane, fa musica pop con influenze world – come il sample africano su cui si basa Aventura, il singolo diventato una piccola hit grazie alla campagna pubblicitaria di Desigual -, è autoprodotta, bellissima ma mai volgare, con quei video cool ma mai eccessivi e tutto il resto. Dopo averci parlato faccia a faccia, però, la cosa che rimane più impressa è un’altra; lei la chiama musical hunger, ed è una sicurezza mista a necessità, un’assenza di timidezza che ti costringe a crederle quando ti dice: «Volevo diventare una star già a 12 anni, non ho mai avuto dubbi».

Per ora ha pubblicato due EP, l’esordio My Fault e l’ultimo Young Prophet, che verrà ristampato con l’aggiunta di due tracce: la sua musica è un pop sfacciato ed eterogeneo, un misto di innocenza e faccia tosta che può avere solo una ragazza che a 22 anni si è ritrovata a suonare al Pitchfork Festival di Parigi. Nei suoi momenti migliori riesce a far convivere ritornelli ultrapop con sample nostalgici – Love Longtime, il suo pezzo più riuscito, sembra scritto su una base di Nujabes -, in altri risulta un po’ più impacciata, soprattutto quando si fa sovrastare da una produzione più “alla moda”, come il detune sui cori di Fly. Questa sera suonerà per la prima volta in Italia, al Rocket di Milano. Ecco cosa ci ha detto:

Mavi, online si parla di te come della nuova “swag queen”, ti ci vedi?
Si, mi piace, è una buona descrizione, molto positiva.

E tu come ti descriveresti?
Non lo so, io cerco solo di fare belle canzoni. Cerco di mettere in ogni brano tutto il mio universo, di metterci dentro tutto quello che ho. Ho sentito un sacco di gente dire che la mia musica è “particolare” o “speciale”; sono giudizi che mi fanno sorridere, per me non c’è niente di strano in quello che faccio.

La tua musica, invece?
Io faccio pop, è la musica che ho sempre ascoltato e mi sembra di provenire da quel mondo. Non penso che ci sia niente di male, anche David Bowie faceva musica pop! Ma non è facile per me scegliere un genere, con Internet hai accesso a tutta la musica del mondo e scopro sempre cose nuove.

Hai cominciato a produrre a 11 anni, dopo che tuo padre ti ha regalato un computer. Quando hai capito che sarebbe stata la tua carriera?
L’ho sempre saputo: da bambina ero innamorata del mondo delle star Disney, mi sembrava fichissimo e volevo farne parte a tutti i costi. Certo, ci sono anche motivi personali: pensavo che diventando una star avrei avuto una vita migliore, un modo per essere davvero me stessa e accettarmi per quello che sono. Sì, è questa la spinta più grande: quando ero più piccola lo tenevo per me, non volevo dire a nessuno “Sai, diventerò una star!”. Ma l’ho sempre saputo.

Ci racconti come nascono i tuoi brani? Ci sono un sacco di influenze diverse: canti in inglese e spagnolo, in Aventura ci sono sample di world music.
Tutti i brani nascono con Alex the Flipper, il producer con cui collaboro. Lui ha un sound molto internazionale, ci ispiriamo a vicenda. Non saprei spiegarti come succede, è tutto molto spontaneo. Di solito ci becchiamo in studio, ma ci capita spesso di lavorare a distanza. Con Aventura è andata così. Non abbiamo deadline, perché siamo autoprodotti, ma di solito dedichiamo almeno un mese a ogni pezzo.

Ho letto che ascolti anche i Queens of the Stone Age. Farai mai un disco rock?
Si! Mi ci vedo… anzi, un giorno vorrei una band tutta mia. Le band sono fiche, c’è qualcosa di speciale nel suonare insieme ad altri musicisti. Mi dico sempre che quando potrò permettermi di pagare i musicisti ne avrò una tutta mia. Per ora è bello suonare da sola con un dj, una cosa molto hip hop.

E David Bowie? Lo citi spesso, cosa ti piace di lui?
Non voglio certo paragonarmi a David Bowie, nessuno è come lui. Penso che ogni suo album sia un mondo a parte, e cerco di fare la stessa cosa con i miei. Ho deciso di inserire altri due brani in Young Prophet perché fanno parte dello stesso mondo musicale. Per me ogni disco è un’era, e poterlo “aumentare” dopo l’uscita è qualcosa di futuristico, che si può fare solo oggi.

Cosa dobbiamo aspettarci in futuro? Continuerai con la tua etichetta indipendente?
Non lo so! L’importante è mantenere il controllo sul progetto, non voglio che nessuno mi dica cosa fare. Per ora sono concentrata sui concerti, la cosa più importante.

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