Linea 77, oltre le generazioni, lasciando parlare la musica. Sabato sera a Milano | Rolling Stone Italia
Interviste Musica

Linea 77, oltre le generazioni, lasciando parlare la musica. Sabato sera in concerto a Milano

«I nostri fan adesso potrebbero essere nostri figli, l'atmosfera è la stessa di venti anni fa». Parola di Dade "Anti Anti" Pavanello, fondatore della band ospite dell'Estathé Market Sound

La formazione al completo dei Linea 77

La formazione al completo dei Linea 77

Da ventidue anni scrivono inni per le generazioni rock italiane.
I Linea 77 sono una delle band più pure e coerenti del mondo dell’hard rock, sono restati nell’underground, nonostante abbiano raggiunto un pubblico vastissimo, oltre le differenze generazionali. La stessa che avranno sabato 23 maggio all’Estathé Market Sound, in uno spettacolo gratuito assieme ai concittadini LNRipley. Dade Pavanello, frontman dei Linea, racconta le sensazioni di quella che si preannuncia una festa per tutti. Mettendo in primo piano la musica.

La trasferta per l’Estathé Market Sound è una linea che collega Torino-Milano, che vede voi e LNRipley sul palco insieme, tutto gratuito. Si prospetta una bella festa.
Venendo dalla stessa città a volte capita di viaggiare insieme. Anche se in effetti con gli LNRipley era da un po’ che non giravamo, per questioni di tour che non combaciavano mai. In più, è la prima volta che veniamo a Milano tutti quanti, quindi sì, l’atmosfera sarà esattamente quella di una trasferta di gruppo. E di ritorno di corsa a Torino: la stessa sera abbiamo un altro live a casa, quindi sarà un po’ tutto di corsa. Ci toccherà fare i bravi, sperando di riuscirci.

Quest’anno sono 22 anni di carriera. Vuol dire che chi vi segue dagli inizi, oggi ha quarant’anni. Come siete riusciti a parlare a praticamente due generazioni con la vostra musica?
Ti dico la verità, non ho notato tanto cambiamento. Fino al momento dell’esplosione dei cellulari che ha cambiato il modo di comunicare, ovviamente non solo nella musica, la sensazione era la stessa. Certo, prima c’era un confronto diretto, parlavamo esattamente la stessa lingua del nostro pubblico. Combattevamo per le stesse cose, usavamo entrambi i nostri live come uno sfogo quotidiano. Anche se adesso i nostri fan potrebbero essere nostri figli, l’atmosfera resta la stessa dell’inizio, a parte le foto scattate con i telefonini. Alla fine, per noi, è importante lasciare parlare la musica, non facciamo troppi discorsi dal palco. Anche adesso le scalette dei nostri live sono belle piene di musica. L’energia non cambia.

Oggi nel mondo pop si cerca di comunicare più per gli occhi che per le orecchie, o per il cuore.

A proposito di contenuti, c’è la sensazione, confermata anche da un articolo pubblicato nei giorni scorsi e dalle parole di Paul Weller, che il livello dei testi nel mondo pop si sia parecchio abbassato. Una cosa che, invece, a voi non sembra toccare…
Se parliamo di mondo pop è impossibile dire il contrario. C’è sempre più attenzione esclusivamente all’immagine. Se pensi agli anni Ottanta, c’erano i Duran Duran che erano pop, ma le canzoni avevano dei messaggi, c’era del contenuto attorno al quale costruire i personaggi. Oggi nel mondo pop si cerca di comunicare più per gli occhi che per le orecchie, o per il cuore. Anche nel mondo dell’hip hop, che forse è il pop di oggi, dobbiamo fare delle differenze. Basta scavare per cercare quello di cui si ha bisogno. C’è una fetta che parla a forza di luoghi comuni e frasi fatte, ma tanti altri non lo fanno. Vedi, ad esempio, En?gma, che ha lavorato con noi nell’ultimo album, ha dei contenuti importanti, ha da dire delle cose, sempre.

Di recente su Rolling Stone abbiamo avuto l’esclusiva del video che hai diretto per Bianco che affronta il tema dell’omofobia. Pensi sia qualcosa su cui la musica debba esprimersi?
Beh, quel video parlava di amore. Senza interesse per i generi. È stato un ragionamento interessante da fare, mettendo in risalto il momento della gravidanza che è il punto più alto della vita di una coppia. Siamo nel 2015, penso sia stupido parlare oggi di omofobia, come di razzismo. Non sei bianco, nero, eterosessuale, gay, cattivo, buono, bello o brutto: siamo tutti delle persone.

Altre notizie su:  Linea 77