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L’elettro-relax di Nils Frahm

Il compositore insieme al produttore Ólafur Arnalds hanno pubblicato “Collaborative Works”: un album che fa stare bene

L’elettro-relax di Nils Frahm

Ólafur Arnalds e Nils Frahm

Foto di Tonje Thilesen

Premessa: con l’intenzione di togliermi un sassolino dalle ammortizzatissime sneakers, ho teso un piccolo tranello ai due musicisti ambient (o almeno così li ghettizza iTunes). Dopo aver sentito, alla fine del concerto romano, molti fan del compositore Nils Frahm commentare in coro: “Fico questo, mica come Ludovico Einaudi che è commerciale”, ho chiesto a Nils e al suo amico di vecchia data Ólafur Arnalds – minimale produttore di elettronica islandese – se il loro ultimo disco Collaborative Works, realizzato in coppia tra Berlino e Reykjavík, avesse qualche influenza italiana. Il riferimento esplicito era alle sperimentazioni di Luciano Berio, quello implicito potete immaginarlo: «Della musica italiana ammiriamo moltissimo il lavoro di Ludovico Einaudi, è un nostro amico».

Ed einaudiane sono le improvvisazioni del secondo dei due dischi, quello più pianistico (il primo è più ambient elettronico), con i brani con l’orario di composizione nel titolo (23:17, 23:52, 03:06): «Di giorno», racconta Ólafur, «andavamo a fare delle passeggiate in montagna, o a nuotare in piscina e la sera ci chiudevamo in studio per improvvisare; Collaborative Works è musica che nasce dallo stare bene insieme, spontaneamente». Le tre parole d’ordine di questo progetto – registrato per i tipi di Erased Tapes – sembrano essere, nell’ordine: amicizia, improvvisazione, divertimento. «Se prendi la nostra carriera, si potrebbe pensare che ragioniamo un sacco sul nostro lavoro, perché siamo entrambi artisti super prolifici, ma non è così. Ci incontriamo perché siamo amici e registriamo qualsiasi cosa ci passi per la testa. Magari un momento suoniamo insieme il piano, e un attimo dopo ci troviamo a fare roba noise, piena di distorsioni». Già, la seconda parola d’ordine è improvvisazione, che Nils riassume così: «A me piace un’idea di musica non compiuta e chiusa in se stessa. La cosa buffa è che, nei suoi progetti da solista, Ólafur è uno tutto perfettino, e solo quando lavoriamo insieme si lascia andare».

Ultimo, ma non meno importante, il divertimento. Quello di ascoltare musica e di suonarla: «Nelle nostre sessioni abbiamo lo stesso spirito di quando eravamo adolescenti. È come una rottura dalla routine professionale. Tutti abbiamo bisogno di lavorare, e va bene, ma in questo caso abbiamo fatto un patto. Ogni volta che abbiamo la sensazione che stiamo lavorando, dobbiamo stoppare e fare qualcos’altro, tipo nuotare».

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