La tropical house che viene dalla Norvegia: Kygo racconta la sua storia | Rolling Stone Italia
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La tropical house che viene dalla Norvegia: Kygo racconta la sua storia

Come un pianista del Nord finisce a suonare musica tropicale? L'abbiamo chiesto direttamente al producer di "Stay"

Kyrre Gørvell-Dahll, meglio noto con lo pseudonimo di Kygo è nato a Bergen l'11 settembre 1991

Kyrre Gørvell-Dahll, meglio noto con lo pseudonimo di Kygo è nato a Bergen l'11 settembre 1991

Dove sta andando il mondo dell’EDM del 2016 se uno dei suoi nomi più caldi, Kyrre Gørvell-Dahll, meglio conosciuto come Kygo, si ispira a Billy Joel e dice di aver iniziato a fare musica per “festival con gente rilassata, seduta al sole a bere birra”? Forse verso lande di giovane edonismo e bromance?

Nell’ultimo periodo in molti si sono avvicinati al suono di Kygo, una tropical house zeppa di melodie di pianoforte, senza che il 24enne produttore norvegese abbia fatto nulla per adattare il suo approccio al pubblico. Si è fatto conoscere grazie a una manciata di remix: le sue versioni di Sexual Healing di Marvin Gaye e di I See Fire di Ed Sheeran hanno aiutato a diffondere il verbo della tropical ancora prima del successo in classifica del remix di OMI di Cheerleader. Al momento, i suoi singoli hanno dominato Spotify, con Firestone prima e Stole the Show, entrambe a quasi 400 milioni di riproduzioni. Adesso che è arrivato il suo album di debutto, le 14 tracce di Cloud Nine suggeriscono che Kygo si potrebbe anche trasformare in un grande produttore pop. Nascoste tra i 4/4 downtempo dell’album ci sono grandi canzoni in collaborazione con crooner superstar (John Legend), esperti di songwriting (Julia Michel) e un mondo di giovani leve con grande sensibilità musicale (Angus & Julia Stone, James Vincent McMorrow tra gli altri).



Hai iniziato suonando il piano ed è una cosa che si sente in tutto Cloud Nine. È ancora il tuo strumento preferito o sei passato con il tempo al computer?
Il piano si sente molto nelle tracce perché è ancora il mio strumento primario. Quando torno a casa ho un pianoforte verticale e lo suono sempre. È dove nascono le melodie e gli accordi. Solo in un secondo momento mi sposto al computer per metterle giù. A volte posso anche sedermi di fronte allo schermo e trovare un suono figo, o un nuovo set per un synth, essere ispiratissimo da quello e scrivere una traccia soltanto su quel suono. Ma il piano è lo strumento che mi serve per trovare ispirazione e scrivere le melodie.

Fai performance sempre molto asciutte. Credi che la tua musica possa avere uno sviluppo acustico? Oppure la tecnologia è sempre più importante?
Entrambi. Avrà una residency a Ibiza quest’estate all’Ushuaia e porterò molti altri artisti con me. Farò un live show dove suonerò tastiere e drum machine e sono molto eccitato all’idea. Ma sto suonando anche molte volte in acustico e sì, mi piace molto. Penso che quasi tutte le tracce possano funzionare anche in questo modo.

Quali pianisti ammiri?
Elton John e Billy Joel, sono due grandi ispirazioni, sono molto talentuosi. C’è anche questo personaggio, Dr. Bekken, è un pianista norvegese mattissimo. Anche mio padre è un pianista, mi ha fatto conoscere molti grandi nomi del blues. Sono molto fighi da ascoltare.

Quindi come arriva un pianista nordico a fare “tropical house”?
Sì è abbastanza ironico. Ho iniziato a comporre molto al piano da quando ho sentito le cose di Avicii nel 2009 e mi sono incuriosito al suo stile. Le sue melodie sono semplici ma anche molto orecchiabili, e mi ricordavano quelle che scrivevo io. Ma mi sono stancato presto della progressive house perché molti pezzi suonano troppo simili. Ho iniziato ad ascoltare altri produttori, tra cui questo ragazzo norvegese che si chiama Finnebassen che fa suoni più deep house con delle linee di basso funky. Quindi, quando ho sentito questi suoni, ho rallentato anche il mio stile. I BPM scendevano sempre di più e sono finito attorno ai 100, una velocità a cui mi sono sentito a mio agio. È stato molto naturale, sembrava fatto apposta per me. Non so perché sia finito a fare “tropical”. Forse semplicemente perché a casa mia fa molto freddo, piove sempre, e dalla mia camera sognavo l’estate e la spiaggia. La pioggia potrebbe essere stato un motivo in effetti: guardando fuori dalla finestra capita di sognare ad occhi aperti, sperando di essere da un’altra parte.

Pensi che sia un’etichetta adatta per te?
Per alcuni pezzi va bene, ma non voglio passare per un produttore di tropical house e basta. Voglio essere conosciuto semplicemente come un produttore di musica.

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